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Luca Casarini: “Vi spiego perché quella contro le ONG è una guerra che danneggia poveri e migranti”

Processi penali superficiali, dossier dei servizi segreti, spari della guardia costiera libica contro le navi che fanno i salvataggi, contro le Ong c’è una vera e propria guerra.
Intervista a Luca Casarini
Fondatore di Mediterranea Saving Humans
A cura di Antonio Musella
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Il caso della Iuventa è l'ultimo esempio di una sequela di attacchi giudiziari, e non solo, alle ong che salvano vite nel Mediterraneo. Ci sono voluti 7 anni per arrivare all'archiviazione da parte della Procura di Trapani delle accuse alla crew tedesca di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Ma non solo i processi, anche gli attacchi della guardia costiera libica, come capitato alla SOS Humanity 1 pochi giorni fa. Con Luca Casarini, tra i fondatori di Mediterranea Saving Humans, l'associazione italiana che fa parte della flotta civile che salva i migranti al largo delle coste libiche, abbiamo provato a capirne di più su quello che sta avvenendo contro le organizzazioni che si occupano di soccorso. La nave di Mediterranea Saving Humans, la "Mare Jonio", è l'unica battente bandiera italiana tra le 18 oggi attive in mare, e proprio il governo italiano è senza dubbio la punta più avanzata di una vera e propria guerra contro le Ong.

Il caso Iuventa ha messo in luce quanto spesso l'atteggiamento della giustizia italiana verso chi salva vite in mare possa essere quanto mai superficiale. Ci sono voluti 7 anni per archiviare le accuse alla crew tedesca, cosa ci insegna questa vicenda?

Potremo dire che il "caso Iuventa", un processo costruito con prove false e manipolazioni, è un po' il simbolo di questa stagione che dura da anni di criminalizzazione del soccorso civile in mare, e della solidarietà in generale. La durata di questo processo definisce il carattere persecutorio del processo, 7 anni non possono essere una semplice svista giudiziaria. L'obiettivo era quello di fermare una nave del soccorso civile che nella sua attività ha soccorso 26 mila persone, e bisognava farlo con la costruzione di un "teorema". E' un'operazione che nasce con Marco Minniti, Ministro dell'Interno, e con la Direzione Nazionale Antimafia del tempo, che da vita al famoso slogan del Movimento 5 Stelle ai tempi di Di Maio, dei "taxi del mare". Questo teorema dice che visto che il soccorso in mare dei migranti non è funzionale al loro respingimento, allora va criminalizzato. Allo stesso modo è la solidarietà intera del volontariato italiano ad essere messe sotto accusa. Gli esempi sono tanti, dalle multe a chi distribuisce i pasti in strada ai senza fissa dimora, fino alla criminalizzazione dell'accoglienza ai migranti che passano dalla rotta balcanica a Trieste. Quest'opera di criminalizzazione dei vari governi degli ultimi anni, va a concretizzarsi in richieste, ad una serie di Procure, che spesso sono sollecitate da agenti dei servizi segreti che girano le Procure con dossier con ipotesi di reato. Si tratta di finanzieri, carabinieri, poliziotti, che si muovono all'interno di questi corpi come polizia giudiziaria formalmente, ma in realtà suggeriscono ai pm ipotesi fantasiose di reato, come associazione per delinquere come capitato ad Open Arms o favoreggiamento dell'immigrazione clandestina come capitato a noi di Mediterranea. Questa è un'attività sostanzialmente illecita ma di Stato, che poi trova concretizzazione in alcune Procure e in alcuni magistrati, spesso schierati politicamente, una pratica che ha come obiettivo fermare chi compie i soccorsi in mare. Tutto questo è pericolosissimo in un paese come il nostro che vive di dossieraggi, trame, complotti, di sottoboschi legati all'attività segreta. Pensiamo cosa significa l'attività dei nostri servizi segreti in Libia in questi anni. Non voglio omettere che l'attuale capo della polizia italiana viene proprio da quella realtà dei servizi segreti e proprio dalle operazioni in Libia.

L'ultimo salvataggio della Humanity 1 ha fatto registrare un vero e proprio attacco della guardia costiera libica. La presidente di Sos Humanity ha parlato di una manovra che ha causato degli annegamenti durante le operazioni di salvataggio e di spari in acqua. Cosa è successo?

La cosiddetta Guardia Costiera libica è fatta di milizie che fanno riferimento a dei clan familiari che si spartiscono il potere in Libia. Ricordo che l'attuale Ministro degli Interni libico, Mohammed Trabelsi, è segnalato dalla segreteria di stato americana come uno dei più grandi trafficanti di esseri umani, di petrolio e di gas della Libia. Sotto Gheddafi, faceva il camionista, poi nella distruzione della Libia ha preso in mano i traffici attraverso una sua milizia, ora è al governo. Le mafie quando sono potenti si prendono il governo, soprattutto in paesi dove non esiste la democrazia, non esiste la possibilità di fare elezioni, un paese che è spaccato in due tra Tripolitania e Cirenaica, e dove intere città sono nelle mani di singole milizie. Tutto questo all'intero di una attività di protezione degli interessi italiani, come quelli dell'ENI, che viene garantita dai signorotti locali e dalle loro milizie. Questi qua sono la Guardia Costiera libica. Quindi non c'è da meravigliarsi se sparano, sono abituati a farlo. Loro provano a catturare i migranti e riportarli in Libia nei lager, nello stesso paese da cui tentano di fuggire, in aperta violazione della convenzione di Ginevra. I soldi per fare tutto questo glie li da l'Italia e l'Unione Europea, parliamo di 1 miliardo di euro fino ad oggi. Questi signori sono dei banditi, dei criminali, che però hanno costruito il "sistema Libia" come esternalizzazione delle frontiere italiane ed europee, proprio con i governi europei. Poco importa ai nostri governi se questi signori hanno inventato l'economia del ricatto, ovvero sequestrare i migranti, torturarli, mandare video alle famiglie fino a quando non pagano un riscatto. Per l'Europa, e l'Italia, l'importante è fermare i migranti con ogni mezzo. Ed i mezzi sono questi. Poi in mare succede sempre di più quello che abbiamo visto con Humanity 1.

Processi discutibili, spari contro le navi, dossier dei servizi segreti, sembra una guerra contro di voi. Come vi difendete da un attacco senza precedenti come questo?

Direi che più che contro di noi, che è anche vero, è una guerra contro poveri e migranti. Il nostro tempo è quello della guerra globale, basta guardare alla Palestina, allo Yemen, al Sudan, alla Siria, è quella che Papa Francesco definisce la terza guerra mondiale a pezzi. Ed in questo quadro c'è la guerra ai migranti, non dichiarata ufficialmente, come tante altre, non convenzionale, come tante altre. Noi siamo di ostacolo a questa guerra, siamo disertori civili di questa guerra, perché siamo occidentali, perché siamo Europei, il quadrante geografico che ha mosso questa guerra. Come in tutte le guerre noi stiamo dalla parte dei civili. Siamo dentro questa guerra qua, siamo disertori e per questo siamo un obiettivo. Ci vorrebbero a casa e in silenzio, invece andiamo in mare a riaffermare il principio per cui la vita delle persone è sacra e i diritti umani sono una conquista che va riaffermata tutti i giorni, con un conflitto se necessario, con una lotta. Questa guerra si porta con sé un processo di disumanizzazione incredibile. Per far affogare le persone in mare, metterle nei lager in Libia, sparargli contro, bisogna disumanizzarli, non sono più persone con dei nomi, storie, ma sono solo dei numeri. E' lo stesso principio della "soluzione finale" dei nazisti. Sono solo numeri, una contabilità, non bambini, persone. E' questo quello che si sta determinando. Noi stiamo capendo piano piano qual è la vera situazione del mondo. Noi dobbiamo continuare, perché questo è il passo necessario per costruire un altro mondo possibile. In questi anni ci hanno fatto la guerra, ci hanno messo in ginocchio, ma non c'hanno distrutto, anzi. Quando è nata Mediterranea Saving Humans nel 2018, al tempo dei decreti sicurezza di Salvini, c'erano solo 2 navi del soccorso civile in mare, ed erano anche bloccate. Oggi siamo 18 navi, questo significa che la società civile si organizza, che i disertori hanno una loro rete e i solidali sono dappertutto. Noi dobbiamo rafforzare questa rete, perché costruiamo un'altra idea di mondo.

Ghali accanto a "Bayna" l'imbarcazione di soccorso donata a Mediterranea Saving Humans
Ghali accanto a "Bayna" l'imbarcazione di soccorso donata a Mediterranea Saving Humans

Un pezzo di paese però va da tutt'altra parte, una icona pop come Ghali ha portato sul palco di Sanremo anche la vostra storia. In particolare per Mediterranea Saving Humans sta facendo molto. Ce ne parli?

E' così, un pezzo di paese va nella direzione ostinata e contraria rispetto alle decisioni dei governanti. Sono i governati che si organizzano per un altro mondo, dove il Mediterraneo non può essere una delle più grandi fosse comuni del pianeta. Abbiamo sempre detto che nessuno si salva da solo e Mediterranea Saving Humans ha questo elemento nel proprio DNA. Ghali è uno degli esempi più belli. Lui come persona è davvero pieno di sensibilità, una persona per bene, si vede dalle sue canzoni, io l'ho conosciuto a bordo della Mare Jonio, una persona straordinaria che vive il dolore della sua gente, di questa doppia appartenenza. Ci insegna a viverci come mediterranei, come un ponte di pace e civiltà tra le culture. Oggi questo mare è luogo di guerra, di disperazione, di omissione di soccorso, di rapporti di vicinato che è solo subordinazione. Ghali è quel ragazzo che spiega ad un alieno, a Richiolino, come possono avvenire queste cose, e glie lo spiega nel concreto. A bordo della Mare Jonio abbiamo una barca di soccorso che si chiama "Beyna", come la canzone di Ghali, ha salvato 270 persone nell'ultima missione. Potevano essere morti e invece sono vivi, e quella barca l'ha donata Ghali. Noi ci crediamo che questo non è l'unico mondo possibile, dobbiamo imparare come dice Calvino ad attraversare l'inferno e riconoscere quello che inferno non è. In questi anni abbiamo conosciuto tante persone come noi, che non si adattano a questo sistema disumano e con loro abbiamo costruito la possibilità di essere ancora in piedi, nonostante i processi, la criminalizzazione, i servizi segreti. Se tanti piccoli si organizzano anche i giganti del potere hanno difficoltà. Sono giganti del potere che si ergono sulla tragedia di Cutro, sui lager libici, sono appoggiati sul sangue e il gigante prima o poi scivola e noi dobbiamo essere quelli che lo fanno cadere.

La Mare Jonio quando tornerà in missione nel Mediterraneo? 

Molto presto. Molto, molto presto. Noi abbiamo lanciato una campagna di raccolta fondi straordinaria proprio per questo e la risposta è stata fortissima grazie a tante persone che ci stanno aiutando. Molto presto saremo in mare, dove dobbiamo stare e dove c'è bisogno di noi. Andare in missione non è solo salvare vite e cambiare le loro vite, ma anche cambiare le nostre di vite. Non è vero che la speranza è finita e non si può fare niente, si può fare molto e possiamo farlo tutti insieme. Tra qualche settimana saremo di nuovo in mare.

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