Cosa dice davvero la sentenza sugli scontrini di Renzi al Comune di Firenze

Una nuova polemica tra il Movimento 5 Stelle e il Partito Democratico non si placa. Ricordate la famosa querelle sulle spese pazze e gli scontrini "fantasma" del presidente del Consiglio Matteo Renzi, all'epoca sindaco di Firenze, scoppiata a metà novembre dello scorso anno, a ridosso delle dimissioni dell'allora sindaco di Roma, Ignazio Marino? Proprio stamane è stata depositata la decisione del Tar di Firenze in merito al ricorso presentato da due consigliere dell'opposizione, Silvia Noferi e Arianna Xekalos del Movimento 5 Stelle.
Non appena pubblicata la sentenza, sui social network sono apparsi due post: un tweet del deputato grillino Luigi Di Maio e un aggiornamento di stato sulla pagina Facebook del sindaco di Firenze Dario Nardella. "M5S ha portato in tribunale Comune Firenze e ieri ha vinto. Ora devono darci gli #scontrini di Renzi. Li pubblichi lui se ha il coraggio", scrive Di Maio. Un paio d'ore dopo, il post di Nardella: "Il ricorso del Movimento 5 Stelle sugli scontrini per le spese di rappresentanza del Comune di Firenze è stato respinto dal Tar. Il comportamento dell’amministrazione è stato giudicato corretto", corredato dalla fotografia della dispositivo che dichiara il ricorso irricevibile.
Ma com'è possibile che la stessa identica sentenza venga interpretata in maniera diametralmente opposta? Insomma, chi è che ha ragione tra il sindaco di Firenze e il vicepresidente della Camera? Leggendo l'intero dispositivo, non riportato dallo screenshot di Dario Nardella, emerge per esempio un ulteriore elemento: è vero che il ricorso è stato dichiarato improcedibile, ma allo stesso tempo il Tar ha anche condannato il Comune di Firenze "alla rifusione delle spese processuali, che liquida in complessivi euro 3.000, oltre agli accessori di legge".
"Con nota protocollata il 15 ottobre 2015, esse (le ricorrenti, ndr) hanno presentato al Comune – nell’esercizio delle prerogative sancite dall’art. 43 co. 2 D.Lgs. n. 267/2000 – formale istanza di trasmissione degli atti e/o documenti relativi alle spese sostenute dall’ex Sindaco di Firenze Matteo Renzi: segnatamente, la richiesta aveva ad oggetto un prospetto dettagliato di tutte le spese sostenute dall’ex Sindaco […]
La sentenza prosegue evidenziando che il Comune di Firenze, con nota del 12 novembre 2015, ha chiesto "di meglio precisare la propria richiesta" e di avvalersi della preventiva consultazione del sito web istituzionale del Comune, in cui sono pubblicate anno per anno le spese di rappresentanza sostenute dall’ente. In risposta alla nota del Comune è giunta un'ulteriore richiesta, che ribadiva la volontà delle due consigliere di "voler prendere visione di tutte le spese effettuate dall’ex Sindaco nel periodo 2009 – 2014 e della relativa documentazione".
Il ricorso, quindi, denuncia l'illegittimità dell'azione del Comune di Firenze che, attraverso l'allungamento dei tempi, di fatto non ha evaso la richiesta delle due consigliere, istanza che ha trovato risposta solo il 24 dicembre, a ricorso già avviato. I giudici, però, sottolineano anche il fatto che "se un elevato numero di richieste provenienti da consiglieri comunali di per sé non costituisce impedimento all’esercizio del diritto, nella specie le modalità dell’accesso individuate dal Comune resistente a fronte delle istanze in questione appaiono contemperare in modo ragionevole e adeguato l’interesse all’accesso e l’esigenza di non gravare eccessivamente, e in unica soluzione, sull’apparato amministrativo". Insomma, le richieste dei consiglieri comunali vanno evase e in tempi ragionevoli, ma non così stretti da rischiare di intasare la "macchina amministrativa" del Comune.
Proseguendo con la lettura dell'intera sentenza, appare infine evidente che i giudici del Tribunale amministrativo hanno rigettato il ricorso soprattutto per "sopravvenuto difetto di interesse", il che semplicemente significa che con il passare del tempo è venuta meno l'utilità di accogliere l'istanza presentata. Il motivo per cui questo "difetto di interesse" è sopraggiunto è semplice da spiegare: il Comune di Firenze ha provveduto a evadere l'istanza d'accesso delle due consigliere del Movimento 5 Stelle, ma l'ha fatto a causa già avviata e proprio per questo motivo è stato condannato al pagamento delle spese processuali.
Insomma, in conclusione né Di Maio, né Nardella hanno davvero compreso ciò che hanno deciso i giudice del Tar.