video suggerito
video suggerito

L’Italia perde i suoi giovani più qualificati: niente lavoro, poca meritocrazia e scarsa qualità della vita

Il Rapporto CNEL 2025 segnala l’esodo crescente di giovani laureati e professionisti italiani: il saldo migratorio negativo evidenzia la difficoltà del Paese nel trattenere le proprie risorse qualificate, sollevando questioni sulle disuguaglianze territoriali e sulle strategie di sviluppo.
A cura di Francesca Moriero
0 CONDIVISIONI
Immagine

L'Italia si trova di fronte a una sfida epocale: il fenomeno dell'emigrazione giovanile, che ha assunto proporzioni preoccupanti negli ultimi anni, sta esaurendo il capitale umano del Paese. Il Rapporto CNEL 2025 offre una radiografia precisa di questa tendenza, svelando numeri e dinamiche che raccontano la crescente fuga di giovani qualificati, pronti a cercare altrove le opportunità che in patria sembrano sfuggire loro. La perdita di queste risorse intellettuali non si traduce solo in una minaccia per la crescita economica, ma si fa eco di un malessere più profondo, che affonda le radici in disuguaglianze sociali e territoriali sempre più evidenti, e in una disillusione che cresce, silenziosa ma inesorabile, nei confronti delle possibilità che l'Italia oggi è in grado di offrire.

Questo esodo, insomma, non è solo un dato statistico, ma un segnale forte, un campanello d'allarme che chiama in causa il presente e il futuro del nostro Paese.

La fuga dei giovani qualificati: un esodo preoccupante

Dal 2011 al 2024, ben 630mila giovani italiani, compresi tra i 18 e i 34 anni, hanno deciso di abbandonare il Paese, cercando nuove opportunità all’estero. Questo esodo non è un fenomeno episodico, ma un processo strutturale che, secondo il rapporto, sta diventando sempre più evidente. Solo nel 2024, ben 78mila giovani hanno lasciato l'Italia, con un saldo migratorio negativo di circa 61mila unità. Il dato è ancora più preoccupante se si considera che il numero dei giovani espatriati nel 2024 corrisponde al 24% delle nascite registrate nello stesso anno.

A emergere non è solo la quantità, ma anche la qualità di coloro che scelgono di emigrare: il 42,1% dei giovani che ha lasciato il Paese negli ultimi tre anni era infatti laureato, un dato in continua crescita rispetto alla media del periodo 2011-2024 (33,8%). Questo segnala un crescente esodo di giovani altamente qualificati, un fenomeno che rischia di compromettere il futuro competitivo dell'Italia, privata di una parte fondamentale delle sue risorse intellettuali e professionali.

Le disuguaglianze territoriali e la fuga dal Sud

Il Rapporto CNEL evidenzia poi che il 42,1% dei giovani emigrati nel triennio 2022-2024 è laureato, con percentuali più alte soprattutto in alcune regioni del Nord — come Trentino (50,7%), Lombardia (50,2%), Friuli-Venezia Giulia (49,8%) ed Emilia-Romagna (48,5%). Dati che indicano che gran parte dei giovani qualificati proviene da territori dove l’offerta formativa è più ampia e dove è più alta anche la mobilità internazionale.
D'altro canto, il Mezzogiorno soffre una doppia difficoltà: non solo perde i giovani più qualificati, ma fatica anche a trattenere i meno istruiti, con un tasso di emigrazione che coinvolge anche i diplomati. I dati, insomma, parlano chiaro: Sicilia, Calabria e Campania sono le regioni che subiscono i maggiori flussi migratori verso altre aree italiane e verso l'estero. In particolare, la Campania ha visto partire ben 196mila giovani, seguita dalla Sicilia(163mila) e dalla Puglia (130mila), segnando una tendenza che aumenta le disuguaglianze interne al Paese.

Il valore del capitale umano perso

Oltre all'aspetto demografico, il Rapporto CNEL stima poi che la perdita di capitale umano dovuta all'esodo dei giovani italiani abbia un impatto economico significativo. Il valore complessivo di questo capitale, calcolato sul saldo migratorio e sulle risorse investite in istruzione e formazione, è pari a ben 159,5 miliardi di euro tra il 2011 e il 2024; questo importo include i costi sostenuti dalle famiglie e dallo Stato per formare questi giovani, che ora contribuiranno alla crescita di altri Paesi. Questa cifra non è solo una statistica astratta, ma rappresenta una perdita concreta per l'economia italiana, equivalente a circa il 7,5% del PIL.

Il Rapporto mostra che la perdita di capitale umano riguarda tutto il Paese, ma è il Mezzogiorno a subire l’impatto maggiore: perde giovani qualificati sia verso l’estero sia verso il Centro-Nord, senza un adeguato ricambio in entrata. Le regioni settentrionali, pur registrando espatri significativi, compensano ampiamente grazie ai flussi interni, soprattutto di giovani laureati provenienti dal Sud.

Un paese poco attrattivo per i giovani: l'Italia non raccoglie il confronto con gli altri Paesi

Il Rapporto evidenzia anche un dato che fotografa in modo inequivocabile la bassa attrattività dell'Italia rispetto ad altri Paesi avanzati. Questa tendenza è resa ancora più drammatica dal fatto che, per ogni giovane straniero che arriva in Italia, ben 9 giovani italiani partono. In altre parole, l'Italia ha un saldo migratorio negativo che non solo esprime l'incapacità di trattenere i suoi talenti, ma anche la difficoltà di competere con altri Paesi per attirare giovani da altre nazioni.

Le regioni meridionali registrano i valori più alti dell’Indice Sintetico dei Flussi Migratori (ISFM), segno di bassa attrattività. Le regioni con l'attrattività più alta, e quindi con ISFM più basso, sono Toscana (4,7), Lazio (4,8) e Alto Adige (5,8). Lombardia, Trentino ed Emilia-Romagna mostrano livelli mediamente migliori rispetto al Sud, ma non rientrano tra le tre regioni più attrattive, nonostante il fenomeno sia comunque preoccupante, anche se non in termini così estremi come nel Sud.

Le cause: la ricerca di opportunità migliori all'estero

Il Rapporto CNEL non si limita però a registrare la portata di questo fenomeno, ma cerca anche di indagarne le radici. Attraverso i sondaggi condotti tra i giovani, emerge un quadro chiaro delle motivazioni che spingono questi ragazzi a lasciare il Paese. La principale causa della "fuga" è la carenza di opportunità lavorative all'altezza delle aspettative, accompagnata dalla mancanza di meritocrazia e da un sistema che, spesso, premia l'appartenenza a determinati circuiti piuttosto che il valore individuale.

Non solo, la qualità della vita in Italia, poi, non soddisfa più le ambizioni di una generazione che cerca un ambiente professionale dinamico, in cui poter crescere e mettere a frutto le proprie competenze. I giovani che lasciano l'Italia vedono infatti in Paesi come la Germania, il Regno Unito e la Svizzera, luoghi dove la mobilità professionale, le condizioni di lavoro e le politiche sociali sono decisamente più favorevoli. L'Italia, al contrario, è percepita come un Paese che offre poche prospettive, costringendo i giovani a guardare oltre i confini nazionali per trovare quello che cercano: una carriera, ma anche una vita migliore.

0 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views