L’Italia come l’Ungheria di Orbán: dopo dl Sicurezza e caso Paragon libertà e democrazia sono a rischio

L’Italia come l'Ungheria di Viktor Orbán. Il nostro è stato ufficialmente declassato a Paese con “spazio civico ostruito”, ovvero a Paese in cui le libertà e la democrazia sono a rischio, minacciate da continue violazioni, abusi di potere e compressione dei diritti fondamentali. È quando emerge nel nuovo rapporto annuale del Civicus Monitor, che individua nel caso Paragon e nell'entrata in vigore del decreto Sicurezza tra le principali cause responsabili del downgrade italiano.
Gli analisti riscontrano un progressivo deterioramento strutturale delle libertà democratiche, che "colloca il nostro Paese tra quelli in cui lo spazio civico è sottoposto a restrizioni significative". Esattamente come l’Ungheria di Orbán.
L'osservatorio raccoglie e analizza una varietà di dati molto diversi tra loro e provenienti da organizzazioni della società civile, associazioni sui diritti umani, team di monitoraggio indipendenti e analisi giuridiche. Tali informazioni vengono catalogate e utilizzate per valutare il rispetto delle libertà di espressione, manifestazione e associazione per classificare il grado di "ostruzione" di ogni Paese. Quanto più quest'ultimo è "ostruito" tanto più significa che tali libertà sono "soggette a violazioni ricorrenti, intimidazioni, limitazioni arbitrarie e uso distorto degli strumenti normativi".
È quello che è successo all'Italia che da quest'anno rientra a pieno titolo tra i Paesi con uno "spazio civico ostruito". "Mentre cresce l’impegno della società civile per la tutela dei diritti fondamentali, i decisori italiani chiudono ogni spazio di dialogo democratico, mostrando disinteresse per il confronto e una crescente propensione a silenziare voci critiche", sottolineano gli esperti.
Perché le libertà democratiche in Italia sono a rischio
Tra i principali fattori a trainare questa retrocessione c'è l’approvazione, a giugno, del Decreto Sicurezza, che "introduce pene più severe e strumenti repressivi nei confronti del dissenso pacifico e in generale sull’esercizio della libertà di riunione e associazione pacifiche, in violazione dei principi di legalità, uguaglianza e non discriminazione", osservano. Nei mesi passati l'entrata in vigore delle nuove regole e divieti su manifestazioni, proteste, occupazioni e cannabis light ha attirato parecchie critiche per via dell'approccio essenzialmente punitivo nei confronti di chi esprime il proprio dissenso e di chi si trova ai margini della società.
A questo si aggiunge il caso Paragon, che da un anno a questa parte tiene banco nel dibattito politico italiano ed europeo. L’impiego dello spyware Graphite, prodotto dall'isrealiana Paragon Solutions, utilizzato per attività di sorveglianza illegale nei confronti di giornalisti e attivisti, tra cui il direttore di Fanpage.it Francesco Cancellato e il giornalista Ciro Pellegrino, dimostra "una crescente compromissione del diritto alla critica e alla libera informazione", si legge.
Tutto questo "si inserisce in un quadro generale di criminalizzazione della protesta che ha colpito principalmente l’attivismo climatico e ambientale, le ong impegnate nel soccorso in mare delle persone migranti e attivisti dei movimenti in difesa del popolo palestinese", osservano gli analisti. Un quadro in "cui sono messi in discussione la libertà di stampa e l’autonomia della magistratura con i giornalisti che subiscono azioni temerarie e processi per il loro lavoro, mentre esponenti governativi sono protagonisti di vere e proprie campagne diffamatorie contro la magistratura, accusando i giudici di parzialità politica e di collusione con le organizzazioni non governative".
Ma l'Italia non è il solo Paese ad aver subito un arretramento sul piano delle libertà e dei diritti. Anche Francia e Germania sono state declassate. Secondo gli esperti questa inflessione va letta come il segno di una generale compressione dello spazio civico in Europa. "L’intensificazione del clima di guerra e la crescente militarizzazione delle politiche pubbliche stanno restringendo progressivamente gli spazi democratici, con i cittadini sempre più esclusi dai processi decisionali. In questo contesto, la sicurezza viene spesso utilizzata come argomento per limitare libertà e diritti fondamentali, alimentando dinamiche repressive", sottolineano, ricordando la necessità di "riaffermare il ruolo centrale del dissenso e della libertà di stampa nella tutela della democrazia come previsto dalla nostra Costituzione. La difesa dello spazio civico è condizione essenziale per garantire pluralismo, giustizia sociale e tutela dei diritti umani", concludono.