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Lavoro, sempre più dimissioni: l’anno scorso 2,2 milioni di italiani hanno lasciato il lavoro

Nel 2022 sono state 2,2 milioni le persone che hanno dato le dimissioni. Sia le dimissioni che i licenziamenti sono aumentati rispetto al 2021, probabilmente come risposta alla pandemia da Covid-19. Negli ultimi mesi del 2022 il ritmo è rallentato. La Cgil: “È positivo cercare un lavoro migliore”.
A cura di Luca Pons
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Nel 2022 si sono registrate quasi 2,2 milioni di dimissioni dal lavoro. È un numero in aumento rispetto al 2021 e più alto anche del periodo pre-Covid, ma c'è qualche indicazione che il boom di dimissioni venuto dopo la pandemia stia rallentando. Fino a giugno, nel 2022, le dimissioni sono state 1,08 milioni: un aumento del 31,7% rispetto ai primi sei mesi del 2021. Guardando solo all'ultimo trimestre del 2022 (ottobre-dicembre), invece, c'è stato il 6,1% di dimissioni in meno rispetto allo stesso periodo nel 2021. Per cui, il 2022 ha visto più dimissioni del 2021 nel complesso, ma con l'andare dei mesi nella seconda metà dell'anno il ritmo è sceso.

Nel 2022 dimissioni per 2,2 milioni di persone, ma il trend rallenta

Ecco i numeri: in tutto il 2021 ci furono 1,93 milioni di dimissioni, secondo l'Inps. Nel 2022 c'è stato il 13,8% di dimissioni in più. Guardando solo al periodo tra ottobre e dicembre 2022, le dimissioni sono state esattamente 528.775. Tra ottobre e dicembre 2021 ce n'erano state 34mila in più.

La nota del ministero del Lavoro che ha comunicato questi dati si concentra in particolare sull'ultimo trimestre del 2022. Il calo nel numero di dimissioni ha riguardato più gli uomini (-7,2%) delle donne (-4,4%). La quantità di persone che ha lasciato il lavoro nei tre mesi è comunque più alta di quanto avvenisse prima del Covid: rispetto al periodo ottobre-dicembre del 2019, le dimissioni sono state 86mila in più.

Aumentano anche i licenziamenti, più di 750mila in un anno

Nel 2022 sono aumentati di nuovo anche i licenziamenti: sono stati più di 751mila, in forte aumento (+30,2%) rispetto al 2021. Il dato è influenzato dal fatto che in quell'anno era in vigore il blocco dei licenziamenti dovuto alla pandemia da Covid-19. Tra ottobre e dicembre 2022 sono state licenziate 193.081 persone, comunque 4mila in meno rispetto allo stesso periodo del 2021. Anche in questo caso, il trend di crescita – conseguenza del blocco nel 2020 e 2021 – si è interrotto negli ultimi mesi dell'anno. I licenziamenti in quei tre mesi sono anche stati 46mila in meno rispetto all'ultimo trimestre del 2019, prima della pandemia.

Cgil: "C'è l'idea di non accontentarsi, è positivo"

L'aumento delle dimissioni è "segno di una maggiore mobilità nel mercato del lavoro, anche se si deve capire se sono determinate da un passaggio a un posto di lavoro migliore o se avvengono anche senza una prospettiva". Lo ha detto la segretaria confederale di Cgil Tania Sacchetti. "Dalle prime analisi si evidenziano comunque due fattori: dopo la pandemia più spesso si dà spazio a priorità diverse e si punta a cercare posti con un maggiore equilibrio tra vita e lavoro e con una maggiore soddisfazione professionale".

Secondo la sindacalista è un bene che lavoratrici e lavoratori cerchino un posto di lavoro migliore: "La ricerca di migliori condizioni sia dal punto di vista retributivo che del riconoscimento della professionalità è un indicatore abbastanza positivo rispetto all'idea di non accontentarsi". Al contrario, invece, il calo delle dimissioni negli ultimi tre mesi dell'anno "potrebbe rispecchiare una congiuntura economica un po' più negativa e un mercato meno attrattivo".

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