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La scienza ci farà uscire dalla pandemia, ma il Pnrr di Draghi riduce i fondi alla ricerca

Una delle critiche che la comunità scientifica aveva rivolto alla scorsa versione del Pnrr, quella del governo Conte, riguardava la ricerca: troppo pochi i fondi destinati a questo settore, di cui la pandemia ci ha dimostrato l’importanza fondamentale. Alcuni tra i più prestigiosi ricercatori italiani avevano presentato un progetto di investimenti, il cosiddetto Piano Amaldi, in cui si chiedeva di investire 15 miliardi solo nella ricerca scientifica in cinque anni. Ma nel nuovo Piano del governo Draghi, di questi soldi non c’è traccia.
A cura di Annalisa Girardi
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Mario Draghi presenterà, tra oggi e domani, il Piano nazionale di ripresa e resilienza, dopo averne trasmesso ieri la bozza a Camera e Senato. Finalmente il nuovo governo ha messo nero su bianco il suo Recovery Plan, indicando come intende spendere le risorse europee per il rilancio dell'economia dopo l'emergenza coronavirus. E finalmente il Parlamento può confrontarlo con quello precedente, redatto dal Conte bis, una delle motivazioni centrali che avevano portato alla crisi di governo. Una delle critiche che la comunità scientifica aveva rivolto alla scorsa versione del Pnrr riguardava la ricerca: troppo pochi i fondi destinati a questo settore, di cui la pandemia ci ha dimostrato l'importanza fondamentale. Ma nel nuovo Piano le cose non sembrano essere tanto diverse.

Nella bozza approvata il 12 gennaio scorso alla ricerca si destinavano 11,77 miliardi di euro alla ricerca. Secondo alcuni tra i più prestigiosi scienziati italiani (come Ugo Amaldi, Luciano Maiani, Giorgio Parisi e Alberto Mantovani) ne servivano almeno 15, che avrebbero dovuto sostenere la ricerca di base e non essere orientati al mondo delle imprese, come prevedeva il Piano. Questi scienziati avevano inviato una lettera al presidente della Commissione Cultura del Senato, proponendo un piano di investimenti in cinque anni, fino al 2026, per rendere più competitiva la ricerca italiana. Si tratta del cosiddetto Piano Amaldi, che sottolineava la "situazione del tutto insoddisfacente degli investimenti italiani in ricerca pubblica" e ribadiva come l'Italia spendesse troppo poco per la ricerca scientifica in confronto agli altri Paesi europei. E pertanto proponeva di rendere strutturale un aumento degli investimenti pubblici alla ricerca scientifica.

Che fine ha fatto il Piano Amaldi?

Ma che fine ha fatto il Piano Amaldi? Nonostante questo progetto fosse stato ricevuto in modo assolutamente positivo dalla politica, nel testo del Pnrr che verrà presentato oggi in Parlamento non ce n'è traccia.  Per la ricerca di base e quella applicata i fondi non sono stati aumentati in modo netto e, soprattutto, non sono stati resi strutturali. Nella sesta missione del Piano, quella dedicata alla Salute, sono stati messi a disposizione circa 15 miliardi e mezzo: di questi, però, circa 7 miliardi saranno dedicati al potenziamento delle reti di prossimità e delle strutture e della telemedicina per l'assistenza sanitaria territoriale. Altri 8 miliardi sono poi stanziati in parte per promuovere la ricerca scientifica, ma allo stesso tempo questi serviranno per favorire innovazione e digitalizzazione del servizio sanitario nazionale.

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"L'Italia affossa il Piano Amaldi che con un investimento in ricerca dell'1% del Pil promette una crescita del 3%. In USA Joe Biden investe 250 miliardi in ricerca e trasferimento tecnologico. Cambiano le facce ma i fatti non ci sono", scrive su Twitter Federico Ronchetti, dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare. Che aggiunge: "Con il Piano Amaldi chiedevamo 20 miliardi in sei anni. Poi Manfredi ne ha promessi 15. Alla ministra Messa ne sono stati chiesti 12. Quanti ce ne danno? 4,5 e nemmeno strutturali. 4,5 miliardi su 230. Il Piano Amaldi omeopatico".

"La scienza ci ha salvato la vita, ma l'Italia non ne ha capito l'importanza"

Nella missione cinque, quella dedicata all'Istruzione e alla Ricerca, vengono assegnati un totale di 30,88 miliardi. Di questi la maggior parte, 19,44 andranno al potenziamento dell'offerta dei servizi di istruzione dagli asili nido alle università, mentre altri 11,44 saranno destinati al capitolo "Dalla ricerca all'impresa". Non andranno quindi alla ricerca di base, ma saranno comunque orientati al mondo delle imprese.

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"Se l'Italia non ha capito l'importanza della ricerca neanche nel momento in cui la scienza ci ha letteralmente salvato la vita e impedito di entrare in un cupo medioevo, allora non c'è più speranza", ha commentato sui social lo scienziato Roberto Burioni. E così l'Italia rimane uno dei Paesi, tra i big mondiali, che investe meno in ricerca scientifica. Niente a che vedere, ad esempio, con Israele che investe invece il 4,9% del proprio Pil nella ricerca scientifica.

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