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La riforma della legge sulla caccia arriva in Senato ma senza firma del governo: cosa succede ora

La revisione della legge sulla protezione della fauna selvatica è stata formalmente depositata in Senato, ma con un passaggio di mano significativo: non sarà un disegno di legge governativo, bensì parlamentare. Il testo, sostenuto da quasi tutta la maggioranza, propone cambi sostanziali alla legge 157/92, ma è già al centro di critiche durissime da parte del mondo ambientalista. La scelta dell’esecutivo di sfilarsi potrebbe rallentare l’iter e segnare una prima battuta d’arresto per il fronte pro-caccia.
A cura di Francesca Moriero
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La revisione della legge sulla caccia, (157 del 1992), che regola la protezione della fauna selvatica e l'attività venatoria, ha ufficialmente preso il via al Senato. A differenza delle intenzioni iniziali, il testo non arriva però come disegno di legge governativo, che avrebbe goduto di priorità grazie al collegamento con la legge di Bilancio, ma come iniziativa parlamentare firmata dai capigruppo di maggioranza (Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia e il Misto), con l’eccezione di Noi Moderati. Il cambio di strategia non sarebbe solo tecnico: sembra segnare una sconfitta politica per l’esecutivo, che rinuncia formalmente a un provvedimento promesso per tempo al mondo venatorio. Presentata in Consiglio dei ministri dal titolare dell'Agricoltura Francesco Lollobrigida, la proposta è stata però esclusa dalla conferenza stampa di Palazzo Chigi. A occuparsene saranno le Camere, con tempi che difficilmente potranno garantire l’entrata in vigore della riforma prima della prossima stagione di caccia, a settembre.

Dietro il passo indietro, tensioni tra ministeri e rischi legali

Le ragioni di questa retromarcia non sarebbero state esplicitate, ma si pensa che abbiano pesato le frizioni tra il ministero dell’Agricoltura e quello dell’Ambiente, così come il timore di conflitti con le direttive europee "Uccelli" e "Habitat", o persino con l’articolo 9 della Costituzione, che tutela ambiente ed ecosistemi. A ciò si aggiungerebbe la pressione pubblica e mediatica, in particolare dopo le anticipazioni di stampa, e le bozze del disegno di legge diffuse in esclusiva dal Fatto Quotidiano, che avevano sollevato dubbi sulla natura e sugli effetti del provvedimento. Lollobrigida, in Parlamento, aveva negato la veridicità delle bozze circolate, bollandole come ‘fake news'. Ma il testo presentato, nei fatti, è quasi identico a quello smentito, a eccezione di alcune limature. Un imbarazzo politico, pare, che avrebbe finito per raffreddare anche l'entusiasmo dell’esecutivo.

Le principali novità contenute nella proposta

Il disegno di legge presentato in Senato punta a riscrivere ampie parti della legge 157. Tra i punti più controversi:

  • Estensione della stagione venatoria: le Regioni potranno autorizzare la caccia anche oltre la prima decade di febbraio, cioè nel periodo di migrazione e nidificazione di molte specie.
  • Revisione dei limiti territoriali: si impone alle Regioni di verificare che le aree destinate alla protezione della fauna non superino il 30% del territorio, potenzialmente ampliando le zone cacciabili.
  • Richiami vivi senza vincoli: viene eliminato il tetto al possesso di uccelli da richiamo provenienti da allevamenti, rendendo più difficili i controlli contro il bracconaggio.
  • Caccia nelle aziende faunistico-venatorie: si apre alla possibilità di caccia meno regolamentata in ambiti gestiti come imprese private, con licenze riconosciute anche a cittadini stranieri.
  • Nuovi appostamenti fissi e meno vincoli: viene tolto il limite alla costruzione di postazioni di caccia, abolito l’obbligo di scegliere una sola forma venatoria (stanziale, migratoria o ungulati), con la conseguente perdita di specializzazione dei cacciatori.

A tutto questo si aggiunge la possibilità, per guardie giurate di enti privati, di abbattere animali, e l’introduzione di multe per chi ostacola l’attività venatoria, 900 euro per chi protesta contro le uccisioni.

Le modifiche rispetto alla bozza e i "freni" dell’ultima ora

Rispetto alle versioni precedenti, alcune correzioni sarebbero state introdotte: non sarà infatti consentito sparare in spiaggia, la caccia dopo il tramonto è stata eliminata, e le specie di uccelli autorizzate come richiami vivi restano sette, non 47. Viene inoltre esclusa la caccia nei periodi di addestramento dei cani durante la nidificazione, e si introducono criteri più restrittivi per i valichi montani, tenendo conto della recente giurisprudenza. Anche l’istituzione delle Zone di Protezione Speciale sarebbe prevista, sebbene richiederà tempi tecnici lunghi. Si tratta però di correzioni minime, giudicate dalle associazioni ambientaliste come "insufficienti a mitigare la pericolosità del provvedimento".

La mobilitazione ambientalista e le accuse a Lollobrigida

Sono 46 le sigle, tra associazioni ambientaliste, animaliste e scientifiche, che hanno preso posizione pubblicamente contro la proposta. In un comunicato congiunto denunciano un disegno di legge "regressivo, impopolare, concepito a uso e consumo del mondo venatorio". Le stesse associazioni segnalano come nessuna delle loro richieste di confronto con il ministro sia stata accolta, e parlano apertamente di "mancanza di rispetto istituzionale". Secondo i critici, senza la mobilitazione pubblica e la pressione mediatica, il testo avrebbe potuto includere norme ancora più permissive – come la possibilità di sparare in riva al mare: "Il provvedimento – denunciano – è incompatibile con la volontà della maggioranza degli italiani, che chiedono più tutele ambientali e benessere animale, non il contrario".

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