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La proposta del M5S per eliminare il ‘110 e lode’ dai requisiti per i concorsi pubblici

La deputata del M5S Maria Pallini lo scorso 31 luglio ha depositato la proposta di legge che prevede “il divieto di inserire il requisito del voto di laurea nei bandi dei concorsi pubblici”. La Lega Nord, in passato, aveva portato avanti una battaglia per abolire il valore legale del titolo di studio.
A cura di Annalisa Cangemi
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Laurarsi con il massimo dei voti fino a oggi poteva essere ritenuto un traguardo: ma da domani potrebbe diventare superfluo. Il M5S vorrebbe eliminare il voto di laurea dai requisiti richiesti per accedere ai concorsi pubblici. Detto in altri termini potrebbe non essere più rilevante partire da un 110 e lode sul curriculum. Secondo il Movimento, e in particolare secondo la deputata pentastellata Maria Pallini – che ha depositato una proposta di legge che prevede "il divieto di inserire il requisito del voto di laurea nei bandi dei concorsi pubblici" – considerare in modo differente due candidati, solo perché uno dei due ha ottenuto un punteggio più alto alla laurea, è fortemente discriminatorio. Ma procediamo con ordine.

Nel contratto di governo la materia non è trattata. Ci aveva già pensato a proporlo nella scorsa legislatura il grillino Carlo Sibilia, sottosegretario al ministero degli Interni, che aveva sottolineato che "Se nel post dopoguerra e negli anni del benessere economico non si riscontravano un numero così elevato di laureati e una così alta percentuale di disoccupati e inoccupati, soprattutto tra i giovani, il predetto sistema di accesso ai concorsi pubblici poteva, anche se discriminatorio, risultare valido". Oggi invece, "Il Paese e soprattutto i giovani necessitano di una riforma che garantisca la possibilità di accedere ai pochissimi e sempre più rari concorsi pubblici senza alcuna discriminazione di sorta". Nell'ottica dell'uguaglianza infatti, questa era la ratio della proposta, un simile criterio di valutazione sarebbe ormai anacronistico, perché impedirebbe appunto ai giovani di concorrere ad armi pari per raggiungere i pochi posti messi a disposizione dal mercato del lavoro: non ci sarebbe nessun rischio insomma, secondo il M5S, di minare le basi del principio meritocratico, o di consentire "l'accesso nella pubblica amministrazione a personale inadeguato e carente di competenze". Ma semplicemente l'obiettivo è quello di offrire a tutti i cittadini le stesse possibilità, così come sancito dalla Costituzione.

"Intendo precisare – ha chiarito in una nota la Pallini – che la proposta di legge di cui sono firmataria ha come obiettivo consentire a tutti i laureati, indipendentemente dal voto di laurea, la possibilità di accedere ai concorsi pubblici. È quindi strumentale fare riferimento a un presunto orientamento del Movimento 5 Stelle a favore dell’abolizione del valore legale del titolo di studio che non è per nulla contemplata nella proposta".

Eppure la battaglia del M5S non è nuova: come ha ricordato il Messaggero, sul sito del Carroccio è ancora visibile una proposta del 2008, dell'allora deputato Paolo Grimoldi presentò la proposta di legge per "L'abolizione del valore legale del titolo di studio", con delle motivazioni che oggi forse metterebbero in imbarazzo la nuova Lega di Matteo Salvini: "Oggi una laurea presa in una qualsiasi Università italiana ha lo stesso identico valore, ma sappiamo bene che diversi Atenei, soprattutto meridionali, offrono un servizio nettamente inferiore alla media. Questo squilibrio provoca la mancanza di concorrenza tra Atenei, ma soprattutto si ripercuote sul meccanismo dei concorsi pubblici che penalizza sistematicamente chi proviene dalle Università del Nord". Lo sforzo della Lega Nord, così come scritto su documento, doveva essere quello di contrastare la "meridionalizzazione delle strutture pubbliche": "Una vera e propria colonizzazione che provoca, da parte della popolazione del Nord, grande risentimento verso gli apparati burocratici, ritenuti estranei al corpo sociale, elementi di conflitto e disturbo per la società in cui operano, che impediscono o rallentano anche gli stessi adempimenti imposti dallo Stato". 

E ancora: "La Lega Nord si batte da sempre per l’abolizione del valore legale del titolo di studio, che rappresenta uno degli ostacoli principali sulla strada della crescita di un apparato amministrativo nel Nord. Oggi una laurea presa in una qualsiasi Università italiana ha una particolare caratteristica che non trova molti riscontri all'estero: il valore legale del titolo. Ai fini di un concorso pubblico, una laurea conseguita a Venezia piuttosto che a Ragusa è del tutto equivalente. Non sono invece equivalenti la qualità della preparazione, il rigore degli studi e la serietà degli esami. Ne consegue che le votazioni di laurea degli studenti iscritti agli atenei del Sud sono di gran lunga più elevate di quelle ottenute dai loro colleghi che studiano nelle università del Nord", questa era l'accusa.

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