video suggerito
video suggerito
Conflitto Israele-Palestina e in Medio Oriente

“La mia fuga da Teheran sotto le bombe, se sento un tuono mi manca il respiro”: il racconto della docente italiana

Angelina Spenillo, insegnante di Montesano sulla Marcellana, si trovava a Teheran quando sono iniziati i primi raid di Israele. Fa parte del gruppo di 29 italiani rientrati in Italia mercoledì 18 giugno: “Pensavo che una volta tornata in Italia sarei stata meglio, invece adesso appena sento il rumore di un tuono in lontananza mi manca il respiro”.
A cura di Annalisa Cangemi
110 CONDIVISIONI
Immagine
Attiva le notifiche per ricevere gli aggiornamenti su

"La prima bomba è caduta a 700 metri da casa mia, pensavo fosse un temporale". Angelina Spenillo, insegnante di Montesano sulla Marcellana, si trovava a Teheran quando è iniziato l'attacco di Israele, lo scorso 13 giugno, e precisamente a Farmanieh, il quartiere nella zona Nord della città dove ci sono le ambasciate, il primo a essere colpito dai raid dello Stato ebraico. È riuscita a tornare a casa solo il 18 giugno, insieme ad altri 28 connazionali, dopo una fuga da Teheran e un viaggio di quasi 800 chilometri verso Baku, capitale dell’Azerbaigian. Angelina racconta a Fanpage.it la sua esperienza, e quei giorni di paura in Iran, dove si era trasferita ad aprile dopo aver vinto un concorso per insegnare italiano, storia e geografia alla scuola primaria presso la ‘Pietro Della Valle' di Farmanieh, quartiere dove abitava. E dove mai avrebbe pensato che avrebbero potuta raggiungerla i razzi israeliani.

"Quando sono iniziati i primi raid israeliani il mio primo pensiero è stato rassicurare i miei figli, di 26 e 27 anni, che vivono in Italia, dicevo loro di non preoccuparsi. Ma ho avuto paura, sono stati giorni di grande tensione. Pensavo che una volta tornata in Italia sarei stata meglio, invece adesso appena sento il rumore di un tuono in lontananza mi manca il respiro", ci dice al telefono Angelina, rientrata a casa da meno di una settimana. Da Teheran è riuscita a scappare insieme ad altri italiani a bordo di tre pulmini alle 7 di mattina del 17 giugno, dopo ore di grande apprensione. La docente, dopo l'inizio dei bombardamenti, è stata chiamata dall'Ambasciata italiana a Teheran, e si è messa in contatto anche con la Farnesina e con Angelo Luongo, della Uil Scuola Esteri, sindacato a cui è iscritta: "Ho scritto alla Uil e al ministero, cercavamo un modo per uscire dal Paese, ma ci hanno detto di aspettare, di non fare gesti avventati. Sono stati tutti molto disponibili ed empatici, ci hanno sostenuto a distanza".

"Nella scuola a Teheran una bellissima esperienza, ora sono scappati tutti"

Era arrivata in Iran per lavorare il 23 aprile scorso, e le erano state assegnate una classe quinta e una seconda. Le chiediamo come è stato per lei, da donna, vivere a Teheran in questi mesi: "Mi ritengo una persona molto aperta, rispetto tutti, mi faccio portatrice della cultura italiana, ma nel rispetto delle altre culture. Ho sempre indossato il foulard in testa prima di uscire, non mi è pesato. Avrei pure potuto non indossarlo, perché l'obbligatorietà è soprattutto per le donne iraniane, io l'ho sempre portato per una questione di rispetto". La sua scuola era praticamente una piccola enclave italiana in Iran, frequentata da bambini di diverse nazionalità, dagli armeni ai messicani, prevalentemente figli di diplomatici. "È stata una bellissima esperienza da un punto di vista umano, da un punto di vista relazionale, da un punto di vista affettivo, perché i bambini sono portatori di pace, portatori di uguaglianza, non appartengono a nessuna bandiera, appartengono solo al mondo dell'infanzia, che è transnazionale".

L'ultimo giorno di scuola è stato il 12 giugno, e Angelina ha ancora negli occhi la festa di fine anno, i piccoli che cantavano l'Inno di Mameli. Ora a Teheran non è rimasto più nessuno di loro, sono scappati tutti. Tra i conoscenti di Angelina gli unici ancora a Teheran sono i membri dell'Ambasciata, il personale diplomatico, con cui la docente si tiene in contatto. "Negli ultimi giorni non è stato facile sentirli, la rete Internet non ha funzionato per tre giorni, ed è stato impossibile avere notizie. Di tanto in tanto mi scrivono ‘per ora siamo vivi'".

"La notte dei primi bombardamenti ero andata a letto tardissimo, alle 2. Un'ora dopo sono stata svegliata da un lampo, con frastuono. Non avrei mai pensato che quelle potessero essere esplosioni", ci racconta. "Poi ho capito dai tanti messaggi sul telefono di colleghi, della preside e della vicepreside, che era successo qualcosa di grave. Ero da sola a casa, mi sono spaventata. ‘Starò sognando' mi dicevo, perché un attacco missilistico era una cosa che la mia mente non avrebbe mai potuto concepire".

"Nessuno della mia scuola è stato ferito, ho saputo poi dalla vicepreside che sono andati via tutti, sono usciti dal Paese. L'Ambasciata ci ha contattati subito, poche ore dopo le prime esplosioni, ci ha detto di rimanere uniti. E così la preside e un'altra collega sono venute a casa mia, abbiamo passato così tre giorni insieme ad aspettare, a cercare di avere notizie e a tentare, a volte inutilmente, di comunicare con le famiglie. Io ero l'unica ad avere il telefono fisso, ed era l'unico mezzo per comunicare. Alcune volte siamo andati a scuola, ci siamo ritrovati lì. Non sapevamo quanto sarebbe durata, e la tensione aumentava di ora in ora".

Poi finalmente l'Ambasciata è riuscita a organizzare un primo trasferimento via terra. "Ci chiedevano di avere pazienza, per noi non era una questione di pazienza, ma di paura. Avevamo anche rintracciato un'agenzia privata che ci avrebbe accompagnato fuori dall'Iran, in Turchia, a pagamento. Le bombe si sentivano anche quando esplodevano in centro, a chilometri di distanza".

Fermati al posto di blocco: "Ho avuto paura di non tornare più a casa"

Il gruppo dei 29 italiani in fuga dall'Iran si è ritrovato così alle 7 di mattina davanti alla residenza dell’ambasciatrice Paola Amadei, pronto a intraprendere un viaggio verso Baku. I tre mezzi sono arrivati a destinazione solo alle 3 di notte, ma nel tragitto sono stati anche fermati in un posto di blocco non autorizzato: "Quel giorno i bombardamenti sono iniziati alle 6:30. C'era un'atmosfera surreale. Davanti alla residenza dell'ambasciatrice il personale diplomatico è venuto a salutarci, io pensavo sarebbero partiti tutti con noi verso l'Italia, sono rimasta spiazzata quando ho capito che sarebbero rimasti lì. Il viaggio è durato tantissimo, abbiamo fatto solo due o tre fermate, al confine con l'Azerbaigian siamo arrivati verso le 5 di pomeriggio. Nel nostro gruppo c'era anche la moglie iraniana di un collega, con una bambina piccola di 4 o 5 anni, e questa donna ha lasciato lì a Teheran i genitori e il resto della famiglia. Ti rendi conto in quei frangenti che la guerra per certe persone provoca altre guerre interne, emotive. Posso solo immaginare quanto sia stata male sapendo di lasciare i suoi familiari in pericolo".

"Circa 15 chilometri prima del confine i nostri mezzi sono stati fermati in un posto di blocco, era gente armata, tenevano il mitra come fosse un ombrello. Siamo riusciti a passare illesi, grazie alla grande professionalità del personale dell'Ambasciata, ma sapevo che eravamo a rischio, non erano poliziotti in borghese. In quel momento ho avuto davvero paura di non tornare più a casa. Alla frontiera poi siamo rimasti fermi cinque o sei ore, per i controlli, non so quante volte ci hanno chiesto il passaporto prima ci permetterci di varcare il confine. Finalmente a un certo punto abbiamo visto dei militari in tuta mimetica, con le bandierine italiane, è stato un grande sollievo. Ci ha accolto il personale dell'Ambasciata italiana a Baku, sono stati meravigliosi. Siamo arrivati in albergo verso le 3 di notte, avevo perso la percezione del tempo. Avevamo tutti addosso una stanchezza mista ad adrenalina, da giorni. A ogni pensiero negativo, a ogni ansia, mi veniva in mente in automatico il clima gioioso dell'ultimo giorno di scuola. Non potevo credere che fosse davvero scoppiata la guerra".

110 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views
Immagine

Iscriviti a Evening Review.
Ricevi l'approfondimento sulle news più rilevanti del giorno

Proseguendo dichiari di aver letto e compreso l'informativa privacy