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La mensa del Senato diventa tavola calda

Non più piatti di alta cucina ma portate a prezzi più bassi, totalmente a carico dei senatori.
A cura di Davide Falcioni
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Dopo mesi di chiusura riapre il ristorante del Senato, ma lo farà sotto vesti diverse da quelle che i senatori ben conoscevano, e dove era possibile consumare un filetto al costo di soli 5 euro (poi portati a 25 dopo la campagna di "moralizzazione"): il luogo frequentato da Andreotti, Pertini, Scalfaro, Cossiga e altri grandi personaggi della politica italiana riaprirà infatti i battenti come semplice tavola calda. Dopo il repentino aumento dei prezzi – avvenuto nell'autunno del 2011 – quei tavoli erano infatti improvvisamente diventati deserti e gli onorevoli sovente preferivano cercare altrove un pranzo più economico.

La trasformazione da ristorante a self service avrà il merito di riavvicinarli "all'ovile", visto che potranno consumare i loro pasti a prezzi popolari e a loro carico. Cioè, non ci sarà più l’integrazione a carico del Senato, già abolita al momento dei rincari di cui si diceva, ma che ai tempi del bengodi raggiungeva i 30-40 euro a pasto. E anche il menù sarà sensibilmente più modesto, con una gamma di piatti più limitata e di qualità più modesta di quella a cui alcuni erano abituati in passato.

E così i senatori possono finalmente esultare. Non dovrenno più trasferirsi all'esterno di palazzo Madama nella alura estiva o nel freddo invernale. Chi invece non è felice della nuova impostazione sono 16 dipendenti del vecchio ristorante, che da febbraio sono in cassa integrazione e non hanno ricevuto neppure un euro. "Nonostante le numerose e ripetute assicurazioni sui livelli di occupazione ricevute da questori e alti funzionari del Senato – afferma il rappresentante sindacale dei dipendenti Alessandro Bartolini – ci siamo trovati costretti ad accettare un contratto capestro che l’azienda, una volta aperta la procedura di licenziamento collettivo, ci ha comunicato per telegramma alla vigilia della scadenza, il 18 giugno, della cassa integrazione".

La nuova assunzione è infatti per gli ex dipendenti fortemente svantaggiosa, senza le garanzie del precedente contratto in materia di anzianità e mansioni, a stipendio e orario dimezzato: dai precedenti 1.000 euro mensili a 500, per 20 ore settimanali di lavoro. "Molti di noi sono stati costretti ad accettare per l’attuale carenza di possibilità di lavoro nel settore – dice il rappresentante dei dipendenti – ma il fatto che più ci amareggia è che siamo stati abbandonati da tutti. A cominciare dall’alta burocrazia del Senato che, dopo tante promesse, ha consentito all’azienda di trattarci come peggio non si sarebbe potuto".

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