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Elezioni politiche 2022

La lettera delle Ong ai politici: “Cosa farete per i migranti? Basta propaganda, serve integrazione”

Le Ong Open Arms, Emergency, ResQ, Sea Watch e Alarm Phone scrivono ai leader politici a cinque giorni dalle elezioni per chiedere cosa hanno intenzione di fare per i migranti.
A cura di Tommaso Coluzzi
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A cinque giorni dalle elezioni del 25 settembre, le Ong Open Arms, Emergency, ResQ, Sea Watch e Alarm Phone firmano una lettera destinata ai leader di partito italiani. L'obiettivo è chiedere ai politici cosa abbiano intenzione di fare sull'immigrazione e come cambierà – se cambierà – il Paese con loro al governo. "Siamo un gruppo di organizzazioni che a vario titolo e da molto tempo sono impegnate nella tutela e nella promozione dei diritti umani, in mare e a terra – si presentano – Lo facciamo attraverso il nostro impegno diretto nelle aree del mondo dove si concentrano le crisi umanitarie più intense e dove la salvaguardia della vita delle persone è a rischio".

Poi le Ong portano la loro esperienza, fondamentale in questi anni per salvare decine di migliaia di vite in mare e non solo: "In questi luoghi mettiamo le nostre competenze a disposizione di chi è in situazioni di pericolo, di chi cerca di fuggire alla ricerca di un luogo sicuro, di chi è colpito dalla crudeltà delle politiche che impediscono la libera circolazione delle persone – scrivono – Dove siamo presenti, registriamo privazioni arbitrarie della libertà, violenze, torture a cui migliaia di uomini, donne e bambini vengono sottoposti costantemente".

"Operiamo tra mille difficoltà, perché il rispetto dei diritti umani, soprattutto ai confini dell’intera Unione Europea e dell’Italia, soffre di continue e sistematiche violazioni, ormai di dominio pubblico e oggetto di numerose inchieste nazionali ed internazionali – continuano nella lettera – Concorderà con noi nel ritenere che uno stato di diritto, una repubblica democratica fondata su una costituzione antifascista, uno stato membro dell’Unione Europea, non può accettare che tali situazioni vengano perpetrate. Nessuna considerazione politica può avallare dette violazioni di principi fondamentali, come il diritto alla vita e alla libertà individuale e il rispetto della dignità umana".

Le Ong ricordano anche quanto successo negli ultimi mesi: "Il 2022, con lo scoppio della guerra in Ucraina, ha visto l’Europa in prima linea nell’accoglienza di richiedenti protezione internazionale. A settembre, oltre 7 milioni di rifugiati provenienti dall’Ucraina sono stati registrati nei territori europei, più di 4 milioni hanno ottenuto la protezione temporanea o altri tipi di protezione – sottolineano – Per garantire il doveroso supporto a chi fuggiva dal conflitto, sono stati attivati percorsi di accoglienza efficaci e innovativi. Tuttavia, questo spirito di accoglienza non è diventato lo standard per tutti coloro che sono costretti ad abbandonare la propria terra per sfuggire a guerra, violenza e miseria".

Il paragone è chiaro: "Da gennaio ad agosto 2022, 85 mila persone si sono imbarcate in pericolosi viaggi attraverso il Mediterraneo alla ricerca di protezione in Europa, 60 mila sono arrivate in Italia. Nonostante il modesto numero di arrivi via mare, soprattutto se comparato ai numeri della crisi ucraina,per queste persone non sono garantiti gli stessi diritti né l’accesso a percorsi di accoglienza dignitosi – si legge ancora nella lettera delle Ong ai politici – Negli ultimi vent’anni, in più di 20 mila persone hanno perso la vita nel tentativo di attraversare il Mediterraneo centrale. E le ultime vicende accadute in mare, che hanno portato alla tragica morte di alcuni bambini, sono da ascrivere all’omissione del soccorso e a decisioni politiche, non a una tragica fatalità".

"La migrazione in Italia, com’è noto, non è un fenomeno nuovo", sottolineano. "È legittimo pensare che sia giunta l’ora di fare tesoro degli errori passati, dell’esperienza accumulata negli ultimi decenni di sbarchi lungo le nostre coste e di cominciare a gestire la migrazione in maniera strutturale e consapevole, evitando l’approccio emergenziale, emotivo e sicuritario – spiegano le Ong – A tal proposito, riteniamo che il costante dibattito mediatico, che usa il tema a fini propagandistici, possa continuare a nuocere impedendo la comprensione di un fenomeno complesso e agitando una pericolosa rabbia sociale. Crediamo sia necessario e urgente un approccio che creda nei percorsi di integrazione e inclusione attraverso fasi/stadi specifici quali l’insegnamento della lingua italiana, l’orientamento legale, al lavoro e la ricerca di una casa. Solo così potremo aspirare a una società coesa, che non discrimina, orientata al rispetto delle persone e dei principali valori europei".

Infine, sia in qualità di cittadini che di operatori umanitari e rappresentati di centinaia di migliaia di italiani che sostengono le organizzazioni di ricerca e soccorso in mare, chiedono quali siano le intenzioni dei politici su una serie di punti:

– Affrontare in maniera strutturale anziché sensazionalistica il tema dei flussi migratori. In particolare, farsi promotori a livello europeo di un sistema di redistribuzione equo e di politiche in materia di migrazione e asilo incentrate sul rispetto dei diritti umani nel quadro del Patto europeo da concludersi entro febbraio 2024;
– Abolire i CPR e proporre una radicale revisione delle detenzioni finalizzate al rimpatrio;
– Promuovere attivamente una missione di soccorso europea nel Mediterraneo a tutela del diritto alla vita e nel rispetto degli obblighi internazionali;
– Revocare gli accordi con la Libia e il finanziamento della cosiddetta Guardia costiera libica;
– Improntare le politiche in materia di immigrazione nella direzione dell’accoglienza,
dell’integrazione, del riconoscimento della diversità come un valore e, ancor prima, della promozione e della tutela dei diritti umani fondamentali;
– Creare vie di accesso legali e sicure per chi è in cerca di un futuro più dignitoso, a cui non è data altra possibilità che percorrere rotte migratorie pericolose e irregolari per arrivare in Europa;
– Offrire opportunità di dialogo alla società civile e alle organizzazioni impegnate nel Mediterraneo centrale per raccoglierne le istanze;
– Attuare una politica di gestione delle frontiere che sia sempre orientata alla salvaguardia della vita umana.

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