Kyenge: “Il PD difende Calderoli che mi ha dato dell’orango. Mi sento abbandonata”

Diede dell'orango all'allora ministro dell'integrazione Cecile Kyenge, ma per la Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari del Senato la condotta di Roberto Calderoli è insindacabile perché tutelata dal primo comma dell’articolo 68 della Costituzione, secondo cui “i membri del parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle loro funzioni”. Proferire frasi razziste dunque è un reato solo se non si è parlamentari: in tal caso, come accaduto al vice presidente del Senato, si è immuni da qualsiasi provvedimento. Eppure, fuori dal piano strettamente legale, c'è quello squisitamente umano e politico. Come ha preso la Kyenge la decisione della Giunta? Non bene. In un'intervista a Repubblica ha dichiarato: "Sono stata sorpresa. Poi triste. Non per me. Vorrei uscire da questa logica perché non stiamo valutando Calderoli come persona. Io lui l'ho perdonato. Quello che bisogna capire è se queste parole possano essere usate in un dibattito politico normale o se siano semplicemente espressioni razziste. Non è compito del Senato assolvere Calderoli. È come se quell'insulto fosse stato fatto a un paese intero per la seconda volta ".
L'ex ministro non ha incassato, in sede di Giunta delle elezioni, neppure il sostegno dei membri in quota Partito Democratico, che al pari degli altri hanno votato contro il provvedimento a Calderoli: "Io vado avanti, adesso dovrà esprimersi l'aula, spero che questo sia stato solo un incidente di percorso. Se una persona che rappresenta le istituzioni può insultare chiunque mi chiedo: chi protegge i deboli in questo Paese? Si sta creando un precedente molto pericoloso ". Cecile Kyenge ha quindi detto senza mezzi termini di sentirsi abbandonata dal PD, ma di essere altrettanto determinata a portare avanti le battaglie – anche legali – che ha deciso di seguire in prima persona: "Devo ringraziare la magistratura, che è molto avanti. Un consigliere regionale leghista è stato condannato a una multa di 150mila euro per aver sostituito il mio volto con quello di un orango in una foto istituzionale. E sa perché posso dire che la Lega è un partito razzista? Perché sono stati loro a pagargli l'avvocato. Sono le azioni, non le parole, che la qualificano come tale. Sfruttano la crisi. Le persone hanno paura, cercano un colpevole, e il colpevole perfetto diventa quello che ti stanno offrendo".