
Il giochino è fin troppo smaccato e semplice, per non essere immediatamente riconosciuto.
Il primo indizio è nei discorsi di Giorgia Meloni e Matteo Salvini ad Atreju, che insistono nell’indicare i cosiddetti maranza come nemico pubblico numero uno. La prima, definendo la loro presunta impunità come “repubblica delle banane”, un epiteto non esattamente felice, visto che sta parlando delle seconde generazioni di migranti , figli e nipoti di chi è arrivato anni fa dal nord Africa. Il secondo, che più sbrigativamente, li definisce “rompicoglioni”. Entrambi che sembrano far ricadere su di loro – ossia su quel gruppo sociale che ai tempi delle rivolte nelle banlieue francesi, Nicolas Sarkozy definì a suo tempo “racaille”, cioè feccia – tutti i problemi di ordine pubblico italiani. Prendendosela, come da tradizione, con quel pezzo di società che risiede, lavora, paga le tasse e consuma in Italia, ma non può votare in Italia. E che da mesi è oggetto di una sistematica campagna di denigrazione nei talk show filo-governativi su Rai e Mediaset.
Il secondo indizio è nella canea anti islamica che si è scatenata dopo l’attentato antisemita di Bondi Beach a Sydney. Un attentato che è servito alla totalità dei maitre a penser della nostrana destra di governo – generosamente ospitati dai giornali di proprietà de deputato leghista Antonio Angelucci – per rilanciare la tesi dello scontro di civiltà contro il mondo islamico, considerato mandante morale della strage australiana. Assieme, ovviamente, a chi in questi mesi ha manifestato per la pace a Gaza e ha denunciato le brutalità dell’esercito israeliano.
Il terzo indizio sta nell’intemerata di Giorgia Meloni, che sempre ad Atreju ha sfoggiato le sue qualità di investigatrice invitando a votare sì al prossimo referendum costituzionale sulla giustizia, contro i presunti disastri su Garlasco della magistratura. Diciamo presunti, perché al netto della riapertura delle indagini, per ora non ci risulta un nuovo processo per accertare chi ha ucciso Chiara Poggi e per ribaltare la sentenza definitiva che ha condannato Alberto Stasi. Al netto dei giudizi di merito, fatichiamo a comprendere cosa c’entri tutto questo con la separazione delle carriere.
Tant’è: ecco tre nemici freschi freschi con cui riempire le pagine dei giornali, i titoli dei telegiornali e le scalette dei talk show. Per evitare che si parli dell’economia al palo, del caro vita, della sanità sempre più in crisi, della pressione fiscale da record e di tutto quel che non va in Italia.
Cominciate a farci la bocca, che non si parlerà d’altro, da qui al 2027. E il bello è che chiunque proverà a distogliere l’attenzione su questi tre capri espiatori sarà il quarto bersaglio della destra: quei maledetti giornalisti che non accettano di farsi dettare agenda e nemici da chi comanda.