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In Sicilia ospedali obbligati ad assumere medici non obiettori per garantire il diritto all’aborto

La Regione Sicilia ha introdotto l’obbligo per gli ospedali pubblici di assumere medici non obiettori di coscienza, assicurando così l’effettiva possibilità per le donne di interrompere volontariamente la gravidanza, come previsto dalla legge 194. Una decisione storica in una delle regioni con la più alta percentuale di personale sanitario obiettore, che finora ha reso l’accesso all’aborto spesso impossibile nei fatti.
A cura di Francesca Moriero
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La Sicilia ha approvato una norma sanitaria che potrebbe cambiare in modo sostanziale l'accesso all'interruzione volontaria di gravidanza nella regione. All'interno del disegno di legge 738, l'Assemblea regionale siciliana ha infatti introdotto una misura che obbliga le aziende ospedaliere pubbliche ad assumere personale medico non obiettore di coscienza. L'obiettivo è semplice ma davvero cruciale: garantire che la legge 194 del 1978, che consente in Italia l'aborto volontario, possa essere applicata realmente, superando gli ostacoli determinati dalla massiccia presenza di personale obiettore. La norma prevede cioè che nei concorsi pubblici venga specificata la necessità di personale non obiettore e introduce persino una clausola che consente di risolvere il contratto di lavoro se un medico, assunto come non obiettore, cambia successivamente la propria posizione. Non solo: le strutture sanitarie saranno tenute a istituire aree dedicate all'interruzione volontaria di gravidanza laddove queste non siano già presenti.

Perché è così importante: il contesto siciliano

La Sicilia è tra le regioni italiane dove è più difficile accedere all'aborto, nonostante la legge 194 sia in vigore da quasi cinquant'anni. Secondo l'ultima relazione del Ministero della Salute sull'attuazione della legge, pubblicata nel dicembre 2024, solo il 47,3% delle strutture ospedaliere siciliane dotate di un reparto di ostetricia e ginecologia pratica infatti l'interruzione volontaria di gravidanza. Importante ricordare che la media nazionale è più alta, attestandosi al 61,1%. Le percentuali del personale sanitario che si avvale dell'obiezione di coscienza sono estremamente elevate: in Sicilia l'81,5% dei ginecologi è obiettore, così come il 73,1% degli anestesisti e addirittura l'86,1% del personale non medico. In alcune province la situazione è drammatica: a Messina non è presente nemmeno un medico che pratichi l'aborto, mentre a Trapani ce n'è uno solo.

In questo scenario, insomma, l'obbligo di assumere medici non obiettori rappresenta una svolta davvero concreta. È sostanzialmente una risposta istituzionale a un problema strutturale: l'impossibilità, di fatto, per molte donne siciliane di esercitare un diritto che dovrebbe essere pienamente garantito dallo Stato.

Cosa prevede esattamente l'articolo 3 della legge

La norma è contenuta nell'articolo 3 del disegno di legge 738, che riguarda il riordino del sistema sanitario regionale. I punti centrali sono tre:

  • Istituzione di aree dedicate all'IVG: le aziende sanitarie regionali sono obbligate a creare reparti per l'interruzione volontaria di gravidanza laddove questi non siano già presenti, così da assicurare una copertura omogenea del servizio su tutto il territorio.
  • Assunzione di personale non obiettore: i nuovi bandi di concorso dovranno prevedere espressamente che almeno parte del personale assunto non sia obiettore. Questo rappresenta un'innovazione rispetto alla prassi nazionale, dove simili obblighi non esistono.
  • Clausola risolutiva nei contratti: se un medico assunto come non obiettore dovesse dichiararsi tale dopo l’assunzione, l’azienda potrà sciogliere il contratto. Inoltre, la norma prevede l'obbligo di sostituzione immediata per garantire la continuità del servizio.

Una battaglia politica trasversale

L'emendamento sull'obiezione di coscienza è stato presentato da Dario Safina, deputato del Partito Democratico e ha ottenuto il via libera con 27 voti favorevoli e 21 contrari, in una seduta segnata dall'utilizzo del voto segreto. Questo dettaglio è tutt'altro che irrilevante, perché ha infatti permesso ad almeno una decina di deputati della maggioranza di centrodestra di sostenere la misura senza esporsi pubblicamente, segnalando una frattura interna su un tema considerato da molti divisivo e ideologicamente sensibile. Safina ha commentato il risultato come "una battaglia di civiltà", affermando che la nuova norma rappresenta "un traguardo storico per la sanità siciliana". Anche il capogruppo PD Michele Catanzaro ha sottolineato il valore politico del voto, parlando di "un importante segnale di debolezza nella maggioranza", ma anche di "una grande occasione per rafforzare l'organizzazione delle strutture sanitarie senza ledere alcun diritto individuale".

L'aborto farmacologico e la RU486: un altro fronte aperto

Nonostante il passo avanti sulla questione dell'obiezione di coscienza, la Sicilia rimane però ancora molto indietro su un altro aspetto rilevante: l'aborto farmacologico tramite RU486. Dal 2020 una circolare del Ministero della Salute prevede la possibilità di somministrare il farmaco fino alla nona settimana di gestazione anche nei consultori, nei day hospital e negli ambulatori pubblici attrezzati, senza necessità di ricovero. La Regione Sicilia però non ha mai deliberato in tal senso, lasciando così la somministrazione della RU486 confinata agli ospedali e ostacolando, di fatto, l'accesso a una forma di aborto meno invasiva e più accessibile, soprattutto per le donne che vivono in aree interne o rurali.

Una misura che potrebbe fare scuola

La decisione dell'Assemblea regionale siciliana ha un valore quindi che va ben oltre i confini dell'isola. È una delle prime volte in Italia che una regione affronta in modo strutturale il problema dell'obiezione di coscienza, inserendo l'obbligo di garantire la presenza di personale disponibile a praticare l'aborto nei concorsi pubblici e nei reparti ospedalieri. Finora, il dibattito nazionale si è infatti spesso fermato alla denuncia delle difficoltà di accesso all'IVG, senza però tradursi in provvedimenti concreti. La mossa siciliana potrebbe dunque rappresentare un precedente utile per altre regioni, specie quelle con analoghi livelli di obiezione. E, poi, allo stesso tempo, apre una riflessione più ampia sul bilanciamento tra il diritto individuale all'obiezione di coscienza e il diritto collettivo all'assistenza sanitaria.

La strada è certo ancora lunga, ma per molte donne questo traguardo rappresenta certamente una tappa fondamentale verso un sistema sanitario più equo, laico ed efficiente.

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