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Opinioni

Immigrati e criminalità, come stanno davvero le cose

È vero che gli immigrati commettono più reati degli italiani? È vero che le carceri sono piene di detenuti stranieri? È vero che la propensione a delinquere degli stranieri è maggiore rispetto a quella degli italiani? Proviamo a fare chiarezza, oltre la nebbia della campagna elettorale.
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L’aumento dell’insicurezza è dovuto al fatto che si è aggiunta la criminalità di 476mila immigrati che per mangiare devono delinquere. La prima cosa che svaligiano in una casa è il frigorifero e ciò è causato dal modo con cui il nostro Paese non ha saputo rispondere all’immigrazione” (Silvio Berlusconi a Domenica Live, 13 gennaio 2018).

In un anno i reati compiuti da cittadini stranieri sono stati 250 mila: il 55% dei furti, il 51% dello sfruttamento della prostituzione, il 45% delle estorsioni, il 40% degli stupri, 1.500 stupri in un anno e l’Europa che fa?” (Matteo Salvini al Parlamento Europeo, 6 febbraio 2018).

Penso che sia legittimo dire che l'immigrazione incontrollata va regolata e c'è un problema tra l'immigrazione incontrollata e il problema sicurezza. Ma le istituzioni non possono fare le omertose sui reati degli immigrati” (Giorgia Meloni, Tagadà, 5 febbraio 2018).

Queste sono solo alcune delle posizioni espresse nel corso della campagna elettorale per le politiche dai leader del centrodestra italiano relativamente al tema del rapporto fra criminalità e immigrazione. Si tratta di una delle questioni cardine della propaganda anti-immigrazione, ma anche di uno dei temi maggiormente percepiti come importanti da parte dell’opinione pubblica, dunque potenzialmente impattanti sull’esito della consultazione elettorale del 4 marzo 2018.

Proviamo a fare un po’ di chiarezza, contestualizzando i dati che sono a nostra disposizione. Cominciamo da una premessa: il numero dei reati è in calo, anche quelli commessi dagli stranieri. Non c’è, lo dicono i numeri, alcun allarme criminalità nel nostro Paese. E non c'è, dunque, alcuna correlazione fra l'aumento degli stranieri e quello della criminalità, come, appunto, mostrano i dati degli ultimi anni, che vedono un calo di reati, a fronte di un numero maggiore di ingressi in Italia.

Questo aspetto è ben evidenziato da un lavoro di Michelangelo Alimenti, che mostra come a fronte di un aumento del 71,18% di stranieri in 10 anni
e addirittura di un +681,69% di richiedenti asilo, il numero di reati "attribuibili" a cittadini stranieri sia cresciuto solo del 2%:

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La polemica ancora in piedi è quella sul rapporto tra criminalità e immigrazione, ovvero: ha ragione la destra a dire che gli stranieri delinquono in misura maggiore?

L’ultimo report sul tema è quello pubblicato dal Sole24Ore, che pare abbia avuto accesso a informazioni “non consolidate” del ministero dell’Interno, relative al numero di reati commessi dagli stranieri al 31 luglio 2017. Ecco cosa scrive il quotidiano di Confindustria:

Sul tototale delle «segnalazioni riferite a persone denunciate/arrestate» nel periodo 1° agosto 2016-31 luglio 2017 (dati del Viminale «non consolidati»), pari a 839.496, quelle che riguardano stranieri sono 241.723. La percentuale è del 28,8%. […] Rapportato il numero di denunce/arresti alla popolazione residente, nel caso degli stranieri siamo al 4,78% contro l’1,07% degli italiani. Se consideriamo anche gli extracomunitari non residenti la percentuale si può abbassare. Ma non di molto.

Resta il fatto, per citare i numeri più alti, che il 55% dei furti «con destrezza» è di origine di soggetti stranieri. Così come il 51,7% dello sfruttamento della prostituzione e della pornografia minorile. Il 45,7% delle estorsioni, il 45% dei furti in abitazione e il 41,3% di ricettazioni (si veda il grafico a fianco).

In totale, come riporta ISTAT, gli stranieri residenti in Italia al 1 gennaio 2018 sono 5 milioni 65mila e rappresentano l'8,4% della popolazione residente totale. Mentre, appunto, il 28,8% delle segnalazioni di denunce / arresti (non reati accertati, attenzione) riguarda cittadini stranieri. La discrepanza aumenta se si considera il dato relativo ai detenuti ospitati nelle carceri italiane: quelli stranieri sono circa il 35%, con punte particolarmente elevate nei penitenziari del Nord (quasi 50%) e del Centro (circa il 45%).

È evidente dunque come, in proporzione alla consistenza della popolazione, tali dati sembrerebbero confermare l'idea che "gli stranieri delinquono molto più degli italiani".

Ma, l’analisi non può e non deve fermarsi a questo livello. Prima di tutto perché, come evidenziava un report di Barbagli per il Cestim, basta un rapido excursus storico a confermare che "l’immigrazione provoca sempre l'aumento del numero di reati nel paese di arrivo” e che “gli immigrati extracomunitari nel nostro paese commettono alcuni reati (furti, spaccio e traffico di stupefacenti, rapine, omicidi) più spesso degli italiani”. Si tratta di quei reati "a forte rischio reiterazione", condizione che determina la carcerazione per il 95% dei casi e che è legata anche alle condizioni di vita materiale.

Un’altra lettura interessante, legata a questo aspetto, la fornisce Luca Misculin su Il Post:

Per quanto riguarda i singoli reati, sappiamo che gli stranieri si sono specializzati in crimini da pene lievi come la rapina o i furti nelle abitazioni – i detenuti italiani in media ottengono delle condanne molto più alte – ma collegate a un maggiore “allarme sociale”, proprio perché riguardano la vita di tutti i giorni. Il report ottenuto dal Sole24Ore sostiene che il 55 per cento dei furti “con destrezza” siano compiuti da stranieri, così come 51,7 per cento dei reati di sfruttamento della prostituzione e il 45 per cento dei furti nelle abitazioni.

C’è un problema comune a una certa tipologia di reati: il ruolo del carcere come istitutivo rieducativo. In sostanza, gli stranieri tornano a delinquere con maggior frequenza degli italiani perché sono quelli che passano più tempo in carcere. È un paradosso che però ha solide basi, suffragate dalle statistiche, che spiegano alcuni aspetti decisivi:

  • la popolazione carceraria di nazionalità straniera tende ad usufruire in maniera nettamente inferiore delle misure alternative al carcere;
  • i reati commessi di solito dagli stranieri sono proprio quelli che più spesso portano in carcere;
  • i tempi di permanenza degli stranieri in carcere sono mediamente molto più bassi rispetto a quelli degli italiani.

In poche parole, dunque, le statistiche evidenziano come ci sia un numero elevatissimo di stranieri in carcere per reati di piccola entità, per i quali “mediamente” gli italiani usufruiscono di pene alternative. Tutto ciò incide sulla reiterazione dei reati stessi. Lo spiega bene un report di Antigone, sottolineando come il tasso di recidiva sia del 68,4% tra coloro che hanno scontato una pena in carcere e solo del 19% tra coloro che hanno scontato una pena in misura alternativa. Questi ultimi sono italiani in larghissima parte.

Gli stranieri, invece, restano dentro quasi sempre per reati di piccola entità. Il grafico, per i dati fino al 2014, mostra con evidenza le differenze circa il "tempo" trascorso mediamente in carcere da italiani e stranieri:

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C’è poi un altro aspetto ulteriore da considerare. Lo evidenzia sia il già citato report di Barbagli che il pezzo de Il Post: il peso dei reati commessi dagli stranieri “irregolari”. In effetti, scorporando i dati si nota come “a commettere più frequentemente i reati ricordati sono gli immigrati privi di permesso di soggiorno; sul totale dei cittadini extracomunitari denunciati per i vari delitti, quelli senza permesso di soggiorno sono quasi il 70% per le lesioni volontarie, il 75% per gli omicidi, l'85% per i furti e le rapine. […] Il confronto con gli italiani mostra che, se gli immigrati regolari commettono oggi più spesso reati degli autoctoni (almeno in certe classi di età) gli irregolari superano di molte volte, per tassi di criminalità, sia i primi che i secondi”.

Questo dato dovrebbe spingerci ad andare ulteriormente a fondo con l’analisi, legando i dati alle condizioni socio – economiche dei soggetti che commettono reati. Nella complessità dei numeri, infatti, appare chiaro come a determinare le statistiche siano i reati di lieve entità o quelli “ad alta rilevanza sociale”, ovvero furti, reati connessi alla droga o alla prostituzione, aggressioni, eccetera. Leggere questi dati senza considerare il peso di povertà ed esclusione sociale appare un errore clamoroso, considerando che i paesi in cui il tasso di criminalità è più basso sono quelli con i livelli "minori" di disuguaglianza e marginalizzazione sociale.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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