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Il referendum sulla cannabis è a rischio, Cappato a Fanpage.it: “Governo fermi il sabotaggio”

Il promotore del referendum sulla legalizzazione della cannabis chiede al governo di porre rimedio a quella che definisce una “illegalità dello Stato italiano”. Marco Cappato a Fanpage.it chiede un intervento del presidente del Consiglio Mario Draghi e delle ministre Lamorgese e Cartabia a causa del ritardo dei Comuni nell’invio dei certificati elettorali necessari al deposito delle firme raccolte.
A cura di Giuseppe Pastore
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Parla di un rischio sabotaggio Marco Cappato mentre sui social invita i cittadini, che hanno aderito alla raccolta firme per chiedere un referendum sulla legalizzazione della cannabis, a mobilitarsi presentandosi davanti al proprio Comune e condividendo una foto con un cartello tra le mani, come quello che lui stesso mostra in un post su Twitter: "Giù le mani dal referendum", si legge. "È una situazione di massima urgenza perché il governo ormai ha meno di 48 ore per rimediare a un'illegalità dello Stato italiano", dice a Fanpage.it Marco Cappato, tesoriere dell'associazione Luca Coscioni che alle 18 di oggi sarà davanti al Parlamento. Infatti, a causa dell'inadempienza di alcuni Comuni che non hanno ancora inoltrato le certificazioni necessarie, la richiesta di referendum potrebbe subire una battuta d'arresto a meno di due giorni dal 30 settembre, quando le firme raccolte dovranno essere depositate in Cassazione. L'obiettivo di Cappato e dei promotori, allora, è fare in modo che il governo intervenga sulla questione, magari prorogando il termine per il deposito delle firme al 31 ottobre, come per tutti i referendum avviati prima del 15 giugno e per i quali il decreto semplificazioni di luglio ha posticipato la scadenza alla fine del prossimo mese. Già domenica sera, alcuni tra i promotori del referendum hanno avviato uno sciopero della fame: "È un modo per cercare di trasferire forza ed energia a chi può prendere delle decisioni doverose – spiega Cappato a Fanpage.it – Chi può, in questo momento, è Draghi con Lamorgese e Cartabia, perché la situazione dei Comuni non è più una situazione rimediabile".

Perché il referendum sulla cannabis rischia di non essere presentato

Mancano poco meno di 48 ore al 30 settembre, l'ultimo giorno utile per presentare alla Corte di Cassazione le oltre 500mila firme raccolte per il referendum sulla cannabis, ma il tempo potrebbe essere il nemico della battaglia a cui hanno aderito centinaia di migliaia di cittadini. Questo perché la raccolta delle adesioni online (tramite Spid), resa possibile dal decreto semplificazioni, necessita di un ulteriore passaggio prima che le firme possano essere depositate in Cassazione. È necessario, infatti, che i Comuni inoltrino al comitato promotore, entro 48 ore dalla richiesta, i certificati elettorali dei propri cittadini per attestare che i firmatari siano effettivamente iscritti nelle liste elettorali e possano, quindi, partecipare al referendum. "Noi abbiamo chiesto tutti i certificati con quasi due settimane di anticipo e quelli arrivati in tempo sono meno di un terzo", commenta ai nostri microfoni Marco Cappato. Ormai "l'illegalità sui termini di legge è già stata compiuta – aggiunge – Noi stiamo chiedendo di ridurne l'impatto, altrimenti il referendum sulla legalizzazione della cannabis rischierà di saltare per un'illegalità commessa dallo Stato italiano".

Marco Cappato: "Il governo rischia di essere responsabile del sabotaggio"

Non è solo questa la motivazione per cui i promotori del referendum sulla cannabis chiedono un intervento del governo. "Questa è una situazione di illegalità dubbia, perché questo referendum non ha goduto della proroga di cui hanno goduto gli altri referendum", ci spiega Marco Cappato riferendosi al decreto semplificazioni che, per via dello stato di emergenza dettato dalla pandemia, ha posticipato il termine per il deposito delle firme in Cassazione al 31 ottobre per i soli referendum promossi prima del 15 giugno. Quello sulla cannabis, invece, è stato depositato a inizio settembre: "Lo stato di emergenza è ancora in vigore – sottolinea Cappato – Il governo dovrebbe rimediare a una condizione di discriminazione contro il referendum sulla cannabis". Qualche giorno fa, i promotori lo hanno ribadito anche in una lettera indirizzata al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Un appello al capo dello stato che, insieme alla mobilitazione indetta per oggi, potrebbe dare una svolta al destino del referendum. Se le cose dovessero andare diversamente, invece, "faremo tutti i ricorsi possibili – anticipa Cappato – perché non è nostra responsabilità. Ma è chiaro che il governo si assumerebbe la responsabilità del sabotaggio del referendum sulla cannabis".

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