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Global Sumud Flotilla

Il racconto di Saverio Tommasi: “Umiliato e picchiato dagli israeliani, mi hanno strappato le fedi”

Saverio Tommasi racconta le violazioni subite durante la permanenza presso le autorità israeliane dopo l’abbordaggio della Flotilla. Il giornalista di Fanpage.it è stato trattenuto in un centro detentivo a sud di Israele nelle prossime ore farà ritorno in Italia.
A cura di Redazione
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A cura di Giulia Casula

Saverio Tommasi racconta le violazioni subite durante la permanenza presso le autorità israeliane dopo che la nave Karma della Global Sumud Flotilla è stata abbordata. Il giornalista di Fanpage.it è stato trattenuto in un centro detentivo a sud di Israele ed è tra i 26 italiani che oggi sono arrivati a Istanbul. Nelle prossime ore farà ritorno in Italia e domani sarà presente al Rumore Festival, a Roma.

Saverio ricostruisce le fasi immediatamente successive all'abbordaggio: "Nelle ultime immagini che sono riuscito a mandarvi si vedevano i militari che ci stavano obbligando a seguire la direzione del porto di Ashdod. Subito dopo quei due gommoni con 15-20 persone a bordo di ogni gommone, ci hanno abbordato".

Poi le comunicazioni sono saltate: "Io ho provato immediatamente dopo a mandarvi un messaggio "ci stanno abbordando, ci stanno abbordando". Però loro hanno jammato le comunicazioni . Erano almeno 15-20 persone armatissime, col volto coperto, reparti speciali della Marina Militare israeliana. Sono saliti sopra, sono stati abbastanza gentili con quasi tutti, fuorché con ******* a cui hanno dato un calcio con il dietro del fucile. Quando sono saliti siamo rimasti  sempre braccia aperte,  senza guardare negli occhi e con il passaporto davanti".

"Siamo stati sotto e loro hanno preso il comando della nave. Il cellulare come purtroppo tutta l'attrezzatura l'hanno presa loro. Hanno guidato la nave fino al porto di Ashdod e a noi ci hanno lasciati rinchiusi sotto coperta. Arrivati al porto di Ashdod, lì è iniziata la parte assolutamente più brutta. L'accoglienza è stata una roba terrificante, una violazione completa dei diritti umani. Ci hanno fatto uscire dalla barca, ci hanno obbligato a stare piegati mentre ci portavano in due in un piazzale fatto da dei container tutto intorno, perciò coperti alla vista, con tutte le persone sedute in fila costrette a guardare in basso. Chi non guardava in basso veniva punito con delle botte sulla testa. Ho chiesto di andare in bagno più volte, non hanno mai fatto andare nessuno in bagno e ogni tanto ci spostavano. Ci spostavano di cinquanta m e ci facevano stare in un'altra parte del piazzale di nuovo fermi lì seduti", racconta.

Il giornalista ci rivela di aver visto "una persona a cui è stato slogato il polso" e che "c'era un altro italiano di 72 anni che ha una gamba finta di ferro ed è stato obbligato a stare con le gambe piegate". "Non facevano neanche distendere le gambe, per circa 3 ore e urlavano.  Se qualcuno toccava un solo dei suoi oggetti lo prendevano e lo lanciavano dall'altra parte. Poi ancora peggio quando siamo entrati dentro, al porto di Ashdod, ove ci hanno identificato e fatto tutte le varie procedure".

Al porto "ci hanno tolto tutta la roba. Mi hanno strappato con violenza le fedi dal dito. Se non avessi fatto ieri una scenata con la console in Israele, probabilmente io oggi le fedi non le avrei. Rubare l'oro alle persone lo facevano i nazisti. Non è possibile che esista questa cosa. Oggi ho ritrovato lo zaino e le hanno buttate lì. Non erano invece negli effetti personali perché non volevano che le mettessi, perché volevano appunto strappare l'oro quando abbiamo percorso una specie di cunicolo in cui, a me e ad altre persone, hanno praticato una violenza maggiori. Ci strizzavano i pettorali per perquisirci, per farci tenere le braccia alzate. Non è all'interno di una democrazia questo grado di violenza esercitata", prosegue.

"Ho preso botte dall'inizio dell'entrata in porto fino alla fine. Botte sulla schiena, botte sulla testa e poi ridevano, ridevano di tutto questo. Mi avevano affiliato un altro nome – bitinni o vitinni ma potrei sbagliarmi – probabilmente assimilabile a qualcosa tipo "imbecille". C'era questo ragazzino accanto a me, che era la guardia della polizia eavrà avuto 16-18 anni, che mi portava in giro dalle altre guardie. Non potevo mai alzare la testa, perciò non le vedevo bene. A volte provavo con la coda dell'occhio, ma prendevo altre botte nella schiena. Chiedeva agli altri di chiedermi come mi chiamavo. E allora io dovevo rispondere, come una scimmietta con quel nomignolo, e tutti ridevano e poi lì due al nuovo botte. In particolare a me e a ******* che avevo accanto, ci dicevano "down down, up up" varie volte. Tutte le volte che dicevano down, uno si doveva abbassare sempre di più, fino ad arrivare con la testa fino alle ginocchia. E poi up. Se lo gridavano più forte rimetterti con la schiena dritta, ma sempre a testa abbassata. Altrimenti se lo dicevano più piano, ti dovevi alzare piano piano", continua.

Saverio spiega che non gli è stato permesso di "parlare con l'avvocato che avevamo noi. Non l'hanno fatto entrare dentro. C'era un'altra avvocata, ottima, ma era della Flottilla. L'abbiamo scoperto dopo. Con il nostro non ci hanno fatto parlare". Poi la detenzione. "Nella parte detentiva noi non abbiamo subito violenze dirette, però c'era una modalità che ricorda un regime non democratico. C'erano dei cani lupo all'ingresso del porto, mentre noi eravamo seduti in terra guardando in basso, che ovviamente abbaiavano e li portavano vicino. Durante il regime detentivo urlavano. Non esisteva riferirsi ad un'altra persona con una tonalità di voce normale, c'era soltanto la possibilità di urlare per impaurirci. Poi ci spostavano di cella in cella. Noi eravamo da 15, perciò abbiamo dormito in terra, alcuni di noi oppure nei letti due per letto. Il cibo era molto poco. Non davano bottiglie da bere, potevamo soltanto bere l'acqua del bagno di un sapore rancido", conclude.

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