Il Parlamento sospende il processo a Santanchè per truffa all’INPS: cosa succede ora

Il processo alla ministra del Turismo Daniela Santanchè, imputata per truffa aggravata ai danni dell’INPS, si arresta. Ma non per mancanza di prove o per un colpo di scena giudiziario: a bloccare tutto è stato il Parlamento. Con un voto rapido e strategico, la maggioranza ha infatti sollevato un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti della Procura di Milano, spingendo la Corte Costituzionale a intervenire. Fino alla decisione della Consulta – attesa non prima di diversi mesi – l’udienza preliminare resta sospesa. Un rinvio che suona come un salvagente politico-giudiziario per la ministra, già da tempo al centro di pressioni e polemiche sulle sue eventuali dimissioni.
Cosa succede ora
Il procedimento resta quindi sospeso fino a quando la Corte Costituzionale non si pronuncerà sul conflitto di attribuzione sollevato dal Parlamento. Una decisione è attesa nei prossimi mesi, e solo allora il Tribunale di Milano potrà riprendere l’udienza preliminare per decidere se rinviare o meno a giudizio la ministra Santanchè.
Il cuore dell'accusa
Al centro dell’indagine c'è la presunta indebita percezione di oltre 126 mila euro di cassa integrazione Covid tra il 2020 e il 2022, a favore di 13 dipendenti delle società "Visibilia Editore Spa" e "Visibilia Concessionaria Srl", riconducibili a Santanchè. La Procura accusa la senatrice di Fratelli d’Italia di aver dichiarato falsamente la sospensione dell’attività lavorativa, mentre i dipendenti avrebbero continuato a lavorare. Per questo, Santanchè è indagata per truffa aggravata ai danni dello Stato.
A spingere l’inchiesta non sono intercettazioni giudiziarie né perquisizioni invasive, ma cinque registrazioni fatte da un suo ex collaboratore, Eugenio Moschini, ex direttore del magazine "PC Professionale"; registrazioni – tutte conversazioni dal vivo tra presenti – che sono state consegnate volontariamente alla Procura nell’autunno del 2023. In quelle tracce audio, Moschini documenterebbe elementi utili a supportare le accuse, compreso un possibile ruolo diretto di Santanchè nella gestione dei fondi della cassa integrazione.
Il nodo giuridico
La difesa della ministra e la maggioranza parlamentare puntano tutto su un'interpretazione restrittiva della Costituzione. Secondo i legali, infatti, le registrazioni fatte da Moschini, pur essendo tecnicamente "documenti" e non intercettazioni, dovrebbero essere trattate come "corrispondenza privata", quindi sottoposte alle stesse garanzie previste per le chat o le email dei parlamentari; questa tesi trova appiglio nella recente sentenza della Corte Costituzionale sul caso Open-Renzi, che ha equiparato i messaggi digitali alla corrispondenza coperta da tutela. Seguendo questo filo, i difensori sostengono che l’acquisizione delle registrazioni senza autorizzazione parlamentare costituirebbe una violazione della riservatezza garantita dall’articolo 68 della Costituzione. In altre parole: anche se Santanchè parlava liberamente in una stanza con un altro interlocutore, la registrazione della sua voce, non destinata alla pubblicazione, meriterebbe una tutela speciale.
Il voto del Senato
Il Parlamento, nella pratica, ha fatto propria questa visione, approvando la proposta della relatrice leghista Erika Stefani per sollevare un conflitto di attribuzione; una mossa che ha avuto l'effetto immediato di congelare il procedimento, proprio mentre l'udienza preliminare entrava nella sua fase cruciale: la ministra era infatti attesa in aula per l'interrogatorio, al termine del quale il giudice avrebbe ascoltato le conclusioni di accusa e difesa, passaggio decisivo per valutare il rinvio a giudizio.
In aula, i PM Maria Gravina e Luigi Luzi hanno sostenuto che non esistano impedimenti giuridici per proseguire il procedimento anche in attesa della Consulta, ma la giudice Tiziana Gueli ha scelto la prudenza, accogliendo la richiesta della difesa.