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Il governo spiega il suo nuovo piano contro i femminicidi e la violenza sulle donne

Il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha anticipato che il governo vuole rafforzare le misure preventive per gli uomini – ad esempio con il braccialetto elettronico per chi è indagato per violenza domestica – e anche per le donne, con più informazione sui centri antiviolenza.
A cura di Luca Pons
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Più misure di prevenzione verso chi commette una violenza, più informazione alle vittime. Il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi, in un'intervista alla Stampa, ha anticipato alcuni dei punti che il governo vuole inserire nel suo intervento normativo sul tema del femminicidio e della violenza di genere. Fenomeni che Piantedosi ha definito "particolarmente gravi e odiosi", e che sono tornati al centro del dibattito in seguito al caso di Giulia Tramontano.

Decreto nelle prossime settimane, poi il confronto con il Parlamento

Il ministro dell'Interno starebbe lavorando, secondo quanto ha detto, in collaborazione con altri due esponenti del governo: Carlo Nordio (Giustizia) e Eugenia Roccella (Famiglia e Pari opportunità). Il piano dovrebbe essere messo sul tavolo "in uno dei prossimi Consigli dei ministri", quindi potenzialmente già nelle prossime settimane. Nel frattempo, l'esecutivo sta valutando una "azione più collegiale", cioè un intervento condiviso anche con il Parlamento e non solamente un decreto legge governativo.

Nel 2022, come ha ricordato Piantedosi, sono stati 126 i femminicidi: più di uno ogni tre giorni. Un dato in linea con quello del 2021 (120 donne uccise) e del 2020 (119), e in generale confermato negli ultimi anni. Dati "preoccupanti", ha commentato il ministro. Nei primi cinque mesi di quest'anno (fino al 28 maggio), secondo il Viminale gli omicidi volontari in cui la vittima era una donna sono stati 45, di cui 37 uccise in ambito familiare o affettivo, e 22 specificamente da un compagno o ex compagno.

L'intervento del governo dovrebbe avere alcuni pilastri, con l'obiettivo di "evitare che la violenza o addirittura l'omicidio sia commesso". Piantedosi ha sottolineato che "le pene severe servono, sono necessarie ma non riportano in vita la vittima e non esauriscono il problema". Perciò si pensa a "un rafforzamento delle misure di prevenzione personali", ad esempio "l’ammonimento nei confronti degli autori delle condotte violente", aumentando "le possibilità e i casi di intervento del questore". Dall'altra parte, si vorrebbe mettere in campo un piano di "informazione alle vittime".

Più informazione alle donne, più misure preventive per uomini indagati

Partendo da questo secondo punto, con "informazione" Piantedosi si riferisce al "comunicare alle donne vittime di abusi la presenza dei centri antiviolenza che operano sul territorio, mettendole in contatto con queste strutture". I centri antiviolenza, o Cav, sono una risorsa che ogni anno aiuta più di 50mila donne, anche se spesso la politica non li sostiene a dovere.

Per gli uomini, invece, il ministro dell'Interno ha parlato "innanzitutto" di un "potenziamento dell’uso del braccialetto elettronico nel caso in cui l’autorità giudiziaria decida l’adozione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, nei confronti dei soggetti indiziati di delitti, consumati o tentati, nell’ambito della violenza di genere e domestica". Insomma, più restrizioni quando un uomo è già sottoposto a indagini per evitare che possa avvicinarsi alla donna. Molti, però, nel dibattito nato negli ultimi giorni per l'ennesima volta, hanno sottolineato che il problema della violenza di genere è anche di natura culturale.

Su questo, per Piantedosi "c'è un grande lavoro da fare" e le norme di sanzione e prevenzione "non bastano", perché "non si tratta di un fatto individuale ma sociale", quindi "le sue cause non sono da rintracciare soltanto nella devianza del singolo": infatti, chi rivolge la propria violenza verso una donna, tanto più la propria compagna, "spesso è convinto intimamente di essere legittimato a farlo". Così, "chi calpesta la dignità di una donna, anche nei casi più estremi, vive un certo senso di impunità". Il ministro ha riconosciuto che servirebbe un "progetto culturale", ma non ha anticipato se il governo preveda un intervento in questo senso.

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