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No, non è vero che l’Unione Europea ha vietato la parola Natale

La Commissione europea ha diffuso un documento sulla comunicazione inclusiva da adottare all’interno delle istituzioni Ue che ha fatto arrabbiare la destra italiana. C’entrano il Natale e le “tradizioni cristiane”.
A cura di Tommaso Coluzzi
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La destra italiana tuona in difesa delle "radici cristiane". Matteo Salvini, Giorgia Meloni, ma anche Forza Italia con Antonio Tajani in prima fila, si scagliano contro un documento della Commissione europea che sta circolando in queste ore. Le prime indiscrezioni sono state pubblicate ieri dal Giornale, scatenando subito le reazioni durissime dei leader della destra: "La Commissione Europea, tramite un documento interno, considera il Natale festività poco ‘inclusiva' – twittava ieri la presidente di Fratelli d'Italia – Nel bersaglio anche i nomi Maria e Giovanni. Il motivo? Potrebbero risultare ‘offensivi' per i non cristiani. Ora basta, la nostra storia e la nostra identità non si cancellano". Poi Salvini, che ha alzato ancora il tiro: "MARIA. GIUSEPPE. VIVA IL NATALE – ha twittato il leader della Lega – Sperando che in Europa nessuno si offenda…". E intanto Tajani e altri europarlamentari di Forza Italia annunciano un'interrogazione scritta alla Commissione Ue.

Ma di cosa tratta esattamente questo testo di cui stiamo parlando? Il documento consiste in un aggiornamento delle linee guida per una comunicazione corretta e inclusiva, che esisteva già ma è stato rivisto recentemente e in queste ore inviato internamente agli organi dell'Unione europea. L'obiettivo è sottolineare che "ogni persona in Ue ha il diritto di essere trattata in maniera eguale" senza riferimenti di "genere, etnia, razza, religione, disabilità e orientamento sessuale". Insomma, nessuno vuole cancellare il Natale. Le feste devono essere indicate senza connotazioni religiose, ma in maniera generica. Da qui la protesta della destra italiana, perché nel documento si dice che è meglio dire "le festività sono stressanti", rispetto a "il Natale è stressante". Per il semplice fatto che nel periodo di Natale è vacanza (più o meno) per tutti, ma non una festa religiosa per tutti. Si consiglia di "non usare nomi propri tipici di una specifica religione" e di "evitare di dare per scontato che tutti siano cristiani". E qui sarebbe anche citato l'esempio dei nomi, Giovanni e Maria, che sono comunque riconducibili alla religione cristiana. Si chiede di non usarli per gli esempi, certo non di abolirli ovviamente.

Le raccomandazioni della Commissione europea, però, non finiscono qui: "Non usare nomi o pronomi che siano legati al genere del soggetto; mantenere un equilibrio tra generi nell'organizzazione di ogni panel; se si utilizza un contenuto audiovisivo o testimonianze, assicurarsi la diversità sia rappresentata in ogni suo aspetto; non rivolgersi alla platea con le parole ‘ladies' o ‘gentleman' ma utilizzare un generico ‘dear colleagues'; quando si parla di transessuali identificarli secondo la loro indicazione; non usare la parola ‘the elderly' ma ‘older people'; parlare di persone con disabilità con riferimento prioritario alla persona". Insomma, sono indicazioni a tutto tondo per sviluppare un linguaggio, almeno dal punto di vista istituzionale, più inclusivo. Nessuna abolizione delle tradizioni, ma il rispetto di quelle di ognuno.

Dopo le polemiche suscitate dalla diffusione del documento, è intervenuta la stessa Commissione europea: "Non vietiamo o scoraggiamo l'uso della parola Natale, è ovvio – hanno spiegato all'Ansa fonti dell'esecutivo Ue – Celebrare il Natale e usare nomi e simboli cristiani sono parte della ricca eredità europea. Come Commissione, siamo neutrali sulle questioni delle religioni, abbiamo un costante dialogo con tutte le organizzazioni religiose e non confessionali". Quanto alle nuove linee guida viene chiarito: "Si tratta di un documento interno preparato ad un livello tecnico con l'obiettivo di aumentare la consapevolezza di una comunicazione inclusiva".

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