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Opinioni

Il caso Copasir: il veto dei servizi segreti sullo “scomodo” Claudio Fava

Perché la commissione di vigilanza è stata affidata a Giacomo Stucchi (Lega) e non a Claudio Fava (Sel)? Per continuare nella tradizione di non disturbare i vertici dei servizi segreti. Fava sarebbe stato un personaggio molto scomodo.
A cura di Aldo Giannuli
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Davvero strana questa faccenda delle commissioni di vigilanza: è costume consolidato che esse vengano affidate ad esponenti dell’opposizione, in omaggio ad un sano principio per cui la maggioranza governa e le opposizioni controllano. Pertanto, nell’immediatezza del risultato elettorale, sembrava che Copasir e Vigilanza Rai sarebbero andate a Pdl e M5s, ma qualcuno parlava anche di Scelta civica per fare le scarpe al M5s, togliendoselo dai piedi. Poi è venuto il governo di larghe intese e Pdl e Scelta Civica sono entrate in maggioranza, per cui non era possibile affidargli queste due commissioni, per le quali restavano in lizza M5s, Lega e Sel (unici gruppi ad aver votato contro la fiducia al Governo). Il M5s ha rivendicato entrambe per sé e con qualche ragione, dato che ha il doppio dei parlamentari della somma Lega+Sel.

Gli è stato obiettato che è giusto valorizzare tutte le opposizioni per cui, al di là della consistenza numerica, ciascun gruppo parlamentare di minoranza avrebbe dovuto occupare una posizione. Ma i gruppi sono tre e le poltrone due, per cui, scontato che una delle due deve andare al M5s, almeno per ragioni di decenza, per la restante si deve scegliere fra Lega e Sel. Il M5s fa intendere che, in cambio dell’appoggio per la commissione di Vigilanza Rai, potrebbe anche appoggiare Fava di Sel per il Copasir. C’è chi avrebbe preferito il Copasir ritenendolo politicamente più significativo, però queste sono valutazioni soggettive, probabilmente il M5s ha maggiore attenzione per le questioni riguardanti l’informazione per cui preferisce puntare su quello. Sul nome di Fava emerge un veto Pd contro il quale Vendola protesta senza risposta.

A quel punto esce dal cilindro di qualche prestigiatore la terza poltrona per fare contenti tutti: la giunta per le elezioni che verifica l’eleggibilità di ciascun parlamentare. Peraltro, sin qui, non c’era l’abitudine di attribuire quel posto alle opposizioni, come nel caso delle altre due e, per di più, se le altre due sono delle poltronissime, questo è si e no uno strapuntino. Un incarico puramente notarile, normalmente di nessun valore politico, perché esaurisce sostanzialmente la sua funzione nelle prime sedute, all’insediamento delle Camere, e poi resta in carica solo per i casi eventuali di sopravvenuta ineleggibilità: poca roba. Questa volta, però, la giunta deve decidere sull’eleggibilità di Berlusconi e la cosa potrebbe avere un particolare rilievo politico.

Ma si tratta di poco più di una illusione ottica: in primo luogo il Presidente ha poteri molto limitati e, peraltro, già si sa che degli 8 componenti del Pd, ben 5 sono a favore dell’eleggibilità di Berlusconi e, quindi, i numeri sono favorevoli al Cavaliere. Poi, anche se la giunta decidesse che Berlusconi è ineleggibile, dopo si dovrebbe andare in aula, dove il presidente della Giunta è solo un senatore come gli altri. Quindi, una carica poco più che onorifica, che non vale lontanamente la presidenza del Copasir. Ma, inopinatamente, Vendola decide di candidare un suo senatore, Dario Stefano, pur continuando a rivendicare la poltrona Copasir per Fava. Ma, nei fatti, chiunque abbia esperienza, per quanto minima di queste cose, questo equivale ad un sostanziale ritiro della candidatura di Fava: se le presidenze sono diventate tre, per quale strana ragione Sel dovrebbe occuparne due, il M5s, che ha quattro volte i suoi parlamentari una sola e la Lega, che ha più o meno gli stessi numeri di Sel, non dovrebbe averne nessuna?

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Per di più c’è da considerare che Stefano (imprenditore con incarichi nella Confindustria pugliese) non è affatto un esponente di spicco di Sel ma un acquisto recente con antiche radici scudocrociate, che Nichi sottrasse a suo tempo al Pd, per farne l’ assessore all’Agricoltura della sua giunta. Un’ottima persona, per carità, ma di peso politico incomparabilmente più “leggero” di Claudio Fava. Ed, allora, da dove scaturisce l’ improvvisa passione di Nichi per questa candidatura? Non ci vuole molto a capirlo: dal tacito veto contro Fava che evidentemente non riceveva il gradimento dei servizi. Sin qui il Copasir (e prima di esso il Copaco) ha avuto poteri non irrilevanti, ma che sono rimasti sostanzialmente dormienti per trenta anni: i partiti non hanno mai realmente pensato di controllare i servizi ed il comitato parlamentare di vigilanza è stato poco più che un ente inutile, che si limitava a presentare una burocraticissima relazione annuale alle Camere di cui (salvo una occasione negli anni novanta) non giungeva niente all’opinione pubblica. Basti ricordare l’assoluta irrilevanza dell’organismo in casi quali quello di Ilaria Alpi e poi Abu Omar. Non si ricorda un solo caso in cui la vigilanza parlamentare abbia prodotto azioni di qualche effetto concreto sui servizi. Bisognava continuare in questa sana tradizione, per cui Fava non sembrava la persona più adatta per cui molto meglio la Lega che, per di più, può coprire le spalle all’alleato di sempre, il Cavaliere.

Per cui si capisce che Vendola si è trovato di fronte ad un discorso del Pd per il quale, se avesse fatto il buono, limitandosi a qualche protesta formale, gli si sarebbe dato il contentino della Giunta per le elezioni e altrimenti neppure quello. Morale: abbiamo una maggioranza che dispone di circa i 2/3 dei seggi, poi c’è una opposizione un po’ pasticciona (che almeno potrebbe imparare a non perdersi per i corridoi di Palazzo), che dispone di un quinto di essi e due mezze ali che prendono il resto. Il tutto in un Parlamento eletto da poco più del 60% dei cittadini e nel quale un blocco che ha avuto meno del 30% dei voti dispone del 54% dei deputati. Non c’è che dire: un vero esempio di democrazia.

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Ricercatore di Storia contemporanea presso l’Università degli studi di Milano. E’ stato consulente delle Procure di Bari, Milano (strage di piazza Fontana), Pavia, Brescia (strage di piazza della Loggia), Roma e Palermo. Dal 1994 al 2001 ha collaborato con la Commissione Stragi ed è salito alla ribalta delle cronache giornalistiche quando, nel novembre 1996, ha scoperto una gran quantità di documenti non catalogati dell’Ufficio Affari Riservati del Ministero dell’Interno, nascosti nell’ormai rinomato “archivio della via Appia”. Il suo ultimo libro è Uscire dalla crisi è possibile.
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