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Il calvario dei malati che cambiano Regione: così i fascicoli elettronici imprigionano i dati

Il Fascicolo sanitario elettronico (Fse) è stato progettato con lo scopo di semplificare la vita ai cittadini. Ma, con il tempo, è diventato una sorta di trappola, che imprigiona i dati. Un problema serio per chi cambia Regione di residenza: i dati clinici, quelli più personali che ci siano, vengono inghiottiti dall’incomunicabilità tra alcuni sistemi informatici regionali che non comunicano tra loro. Arrivando alla situazione surreale per cui la tutela della propria privacy rende inaccessibili le informazioni sanitarie su… se stessi.
A cura di Stefano Iannaccone
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Cambiare regione di residenza e ritrovarsi in una realtà kafkiana, in cui i dati clinici, quelli più personali che ci siano, vengono inghiottiti dall’incomunicabilità tra alcuni sistemi informatici. Arrivando alla situazione surreale per cui la tutela della propria privacy rende inaccessibili le informazioni sanitarie su… sé stessi. E dire che il Fascicolo sanitario elettronico (Fse) è stato progettato con lo scopo di semplificare la vita ai cittadini. Ma, con il tempo, è diventato una sorta di trappola, che imprigiona i dati: l’ennesima spia dei problemi connessi a un federalismo, che resta un puzzle mai completato. Il Ministero della Salute definisce, anche giustamente, con toni positivi il progetto della digitalizzazione: “Il Fascicolo Sanitario Elettronico è lo strumento attraverso il quale il cittadino può tracciare e consultare tutta la storia della propria vita sanitaria, condividendola con i professionisti sanitari per garantire un servizio più efficace ed efficiente”. Ma nella seconda parte della descrizione si cela il “bug”: “Le informazioni presenti nel Fascicolo del cittadino vengono fornite e gestite dalle singole regioni”.

Si va quindi in ordine sparso. Così, dopo i problemi vissuti durante la pandemia, legati alla scorsa comunicazione tra sistemi regionali diversi, a Fanpage.it è stato denunciato un altro caso di malfunzionamento. Un grave disservizio, tutt’altro che isolato, per il cittadino. Alessia racconta la sua vicenda, che sintetizza quanto accade a migliaia di persone lontano dai riflettori. “Mi sono trasferita dal Friuli Venezia Giulia in Lombardia. E da malata cronica avevo necessità di recuperare il mio fascicolo sanitario. Ma non è stato possibile recuperarlo”, dice la giovane. Il motivo? I sistemi informatici regionali non comunicano tra loro. Il Fse esiste, è lì, ma è inaccessibile proprio a lei, che ne avrebbe bisogno per metterlo a disposizione del personale sanitario. A quel punto, l’unica cosa da fare sarebbe recuperare dall’inizio la documentazione, andando di ospedale in ospedale a richiedere le cartelle. L’esatto contrario del processo di informatizzazione richiesto, che dovrebbe favorire una velocizzazione. Un paradosso.

Mi sono trovata in una di quelle vicende, tra telefonate agli uffici regionali a quelli delle Asl senza avere alcuno sbocco”, spiega Alessia. Ecco un sunto del suo rimpallo: “Dopo innumerevoli telefonate ho avuto l’amara conferma dagli operatori dell’help desk del sistema Sesamo (quello de Friuli Venezia Giulia, ndr) di non poter più accedere, dal momento in cui non ho più la residenza in Friuli, ai miei dati”. Perché? Sono soggetti a privacy. Nessun operatore può inoltrarlo, altrimenti viola la legge. C’è poco da fare. E il recupero del fascicolo, nel caso specifico, diventa impossibile. La soluzione sarebbe quella descritta in precedenza: recuperare tutta la documentazione cartacea accumulata nel tempo, in modo da caricarla sul sistema informatico dell’altra regione.

Il risultato è sotto gli occhi di tutti: “È impressionante che non possa avere a disposizione i miei dati personali”, chiosa la giovane che ha denunciato la vicenda. Il problema è diffuso. Dalla Lombardia al Piemonte, passando per la Liguria fino alla Basilicata ci sono segnalazione di questo tipo. E dire che ci sarebbe una legge che ha introdotto l’Infrastruttura nazionale per l'interoperabilità (Ini), progettata dall’Agenzia per l'Italia Digitale in accordo con il Ministero della salute e il Ministero dell'economia e delle finanze, con le Regioni e province autonome. L’inghippo è proprio nel malfunzionamento dell’Ini.

La Regione Piemonte, rispondendo a un’interrogazione, ha ammesso : “Il monitoraggio del processo di trasferimento indice, in effetti, ha evidenziato alcune problematiche. In particolare, si è riscontrata una modalità di chiamata del servizio Trasferimento indice da parte di In non conforme alle specifiche pubblicate e attinenti con il traduttore reso disponibile da Sogei (la società del Mef che gestisce questi servizi di infrastrutture informatiche, ndr). Regione Piemonte ha segnalato a Sogei le problematiche individuate che le ha prese in carico e alcune di esse sono state già risolte rendendo possibile il relativo trasferimento indice da una Regione all’altra”. Ci sono poi situazioni particolari: ci sono “778 casi non andati a buon fine, di cui 776 relativi a cittadini piemontesi trasferiti in Liguria”. In questo grande caos, ogni Regione fa come gli pare. Alcune Regioni, per esempio la Lombardia, lasciano ai cittadini che cambiano residenza (per andare altrove) una finestra temporale aperta per scaricare il proprio Fse. Così l’utente può effettuare il download, conservando i dati, e ricaricandoli sull’altro sistema. Ma, ancora una volta, viene meno la ratio del Fse.

La questione ha valicato i confini regionali ed è arrivata in Parlamento. Luca Sut, deputato del Movimento 5 Stelle, ha presentato alla Camera un’interrogazione, rivolta al ministro della Salute Roberto Speranza, per chiedere un chiarimento, benché la responsabilità non sia oggettivamente attribuibile al governo in carica. Tuttavia, è necessario superare il problema: “Con questo atto di sindacato ispettivo vorrei contribuire a superare la criticità emersa per i cambi di residenza, ma anche la caratterizzazione regionale dello strumento”, spiega a Fanpage. “Il Fse – aggiunge Sut – è stato istituito dalle Regioni e dalle Province autonome. Perciò, oggi ci ritroviamo 21 fascicoli sanitari regionali, spesso difformi nella completezza delle informazioni riportate e, come abbiamo visto, con problemi di interoperabilità”. Per questo, il documento depositato alla Camera, “vuole acquisire dal Ministero ragguagli sulla prospettiva di uniformare il Fse a livello nazionale, come già previsto nel Pnrr che mira a potenziarlo anche in direzione della sua omogeneità”.

Secondo quanto apprende in via informale Fanpage.it, il Ministero avrebbe già pronto circa un miliardo di euro da investire sul capitolo per avere un fascicolo sanitario nazionale ed evitare situazioni del genere. Del resto a Montecitorio è stato approvato un ordine del giorno, presentato dalla deputata del M5S, Stefania Mammì, per “il rinnovamento e l'ammodernamento delle strutture tecnologiche e digitali esistenti” in ambito sanitario. Resta, però, un fatto: fino a quando il procedimento non sarà terminato, tutto resterà cosi. Così risultano oltre 354 milioni di referti digitalizzati e 57 milioni di fascicoli sanitari elettronici. E chissà quanti di questi sono ostaggio di una querelle puramente informatica.

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