I portuali di Genova bloccano ancora una volta una nave carica di armi diretta in Israele

Avevano promesso che non sarebbe passato "neanche un chiodo". E così è stato. Nella serata di sabato 27 settembre, i portuali del Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali (Calp), insieme all'Unione Sindacale di Base (USB), hanno bloccato le operazioni di carico della nave Zim New Zealand, attraccata al Terminal Spinelli. La nave, appartenente alla compagnia israeliana Zim, era pronta a imbarcare dieci container contenenti materiale esplosivo destinato a Israele. La reazione dei lavoratori è stata immediata: dopo aver ricevuto la notizia durante la fiaccolata per Gaza in corso in città, i portuali si sono mossi in corteo verso il terminal e hanno proclamato lo sciopero immediato, occupando il varco portuale di ponte Etiopia. Con loro, una prima delegazione di manifestanti, composta da studenti e studentesse, attivisti e attiviste, cittadini e cittadine, che nel giro di poco tempo è cresciuta fino a diventare un presidio di circa duemila persone davanti all’ingresso del porto.
Le immagini arrivano intorno alle 22. Le conferme poco dopo. La Zim New Zealand lascia il porto di Genova senza aver caricato nulla. Il blocco è riuscito, la pressione dei lavoratori ha avuto effetto. Dai varchi del terminal si alza un applauso spontaneo. È una nuova vittoria, concreta e simbolica, di chi da anni si batte perché il porto di Genova non sia complice di guerre lontane, ma presidio attivo di pace. "A Genova non c’è spazio per i traffici di morte", commentano dal Calp. "Non siamo disposti a caricare armi che alimentano massacri e genocidi. Con la Palestina nel cuore, continueremo a bloccare ogni nave della compagnia Zim che attraccherà in porto".
Dalla fiaccolata al porto: Genova in piazza per Gaza
L’azione dei portuali ha fatto da cerniera a una giornata di mobilitazione intensa e partecipatissima: oltre 25mila persone hanno attraversato la città Medaglia d'oro per la Resistenza, con una fiaccolata promossa da Music for Peace, per sostenere la Global Sumud Flotilla, la missione umanitaria e politica diretta a Gaza con aiuti essenziali per la popolazione civile. Il corteo si è snodato dalla sede dell’organizzazione in via Balleydier fino al centro storico, facendo tappa sotto l’Università di Genova in via Balbi, dove da quattro giorni è in corso un'occupazione studentesca che chiede la rottura di ogni legame tra l’ateneo e istituzioni accademiche israeliane, in segno di protesta contro il genocidio a Gaza.
Sindaca Salis: "Genova sempre dalla parte di chi resiste"
Ad accogliere i manifestanti in piazza Matteotti, la sindaca di Genova Silvia Salis, che aveva partecipato anche al corteo insieme a migliaia di cittadini e cittadine: "Questa città – ha dichiarato dal palco – ha nel proprio DNA la solidarietà e il coraggio. Non possiamo restare in silenzio davanti a quello che accade a Gaza. Sono orgogliosa di essere sindaca di una Genova che torna a farsi sentire. Sempre Palestina libera". Al suo fianco anche il presidente di Music for Peace, Stefano Rebora, che ha raccontato l'urgenza degli aiuti: "A Gaza si mangia la sabbia, per sopravvivere. Un chilo di farina costa 40 dollari. Chi può ancora parlare, ha il dovere di farlo". In contemporanea, nella cattedrale di San Lorenzo, si è tenuta anche una veglia di preghiera promossa dalla Comunità di Sant'Egidio e dall'arcivescovo Marco Tasca: "La pace è un bene che non possiamo più dare per scontato", ha detto l’arcivescovo. "In Palestina e in troppe parti del mondo le armi parlano ogni giorno, e troppi popoli hanno dimenticato il silenzio".
Portuali di tutta Europa riuniti a Genova per fermare le navi che portano armi in Israele
Ma sabato 27 settembre, a Genova, non è stata bloccata soltanto una nave. Nello stesso giorno, mentre migliaia di persone attraversavano la città in fiaccolata per Gaza e i portuali bloccavano il carico di armi, si è svolta infatti anche un’assemblea che potrebbe segnare un punto di svolta nel fronte internazionale della solidarietà attiva: al Cap, il Circolo Autorita Portuale, si sono riuniti delegati e lavoratori portuali provenienti da diversi Paesi europei: Spagna, Francia, Grecia, Belgio, Germania. Tutti uniti da un obiettivo comune: costruire una rete dei "porti di pace", capace di opporsi concretamente al transito di armamenti verso i teatri di guerra, e in particolare verso Israele. Durante l’incontro è stata rilanciata con forza la proposta di uno sciopero internazionale coordinato nei porti europei contro i traffici di armi, un'idea nata nei mesi scorsi e che, proprio da Genova, sta prendendo forma e forza, grazie all’azione determinata dei portuali del Calp e dell’Usb. L’assemblea ha assunto un significato che va insomma oltre il dato sindacale: un gesto politico, collettivo e transnazionale. I lavoratori hanno dichiarato con chiarezza che non saranno complici del genocidio in corso a Gaza e che nei porti del Mediterraneo non deve più passare nessuna nave che trasporta morte: "Non possiamo restare a guardare mentre si massacra una popolazione civile. Se i governi tacciono, se le istituzioni sono complici, tocca a noi fermare le armi con le nostre mani", ha dichiarato uno dei delegati presenti all'assemblea.
Genova si conferma così non solo simbolo, ma punto di riferimento pratico per una nuova forma di solidarietà internazionale dal basso, capace di unire l'azione sindacale, la mobilitazione civile e la responsabilità politica.