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Elezioni politiche 2022

I Paesi dove votare alle elezioni è obbligatorio per legge e l’astensionismo non esiste

Alle elezioni politiche l’affluenza è stata più bassa dell’ultima volta, come sempre negli ultimi 20 anni. Il problema è diffuso in Europa e non solo. Ma ci sono Stati in cui il voto è obbligatorio, e alcuni hanno anche sanzioni pesanti.
A cura di Luca Pons
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Alle elezioni politiche del 25 settembre, l'astensionismo in Italia ha fatto registrare un dato record: solo il 64% degli aventi diritto ha votato. Nel 2018, alle ultime elezioni nazionali, l'affluenza si era avvicinata al 73%. Un dato tutto sommato in linea con la media dei grandi Paesi europei: il 76% della Germania nelle elezioni federali del 2021, il 72% della Francia alle presidenziali di quest'anno, il 70% della Spagna alle elezioni generali del 2019 e infine, nello stesso anno, il 67% delle elezioni nel Regno Unito.

Il 64%, quindi, è un numero che mette l'Italia in fondo a questa particolare classifica. Ci sono, però, Paesi in cui la questione dell'astensionismo neanche si pone. Si tratta di Stati in cui il diritto di voto diventa anche un obbligo, e non rispettarlo può avere pesanti conseguenze legali.

L'obbligo di voto in Europa: Belgio, Grecia, Lussemburgo

Sono tre i paesi europei dove il voto è obbligatorio: si tratta di Grecia, Lussemburgo e Belgio. Il più piccolo di questi, il Lussemburgo, con una popolazione di circa 600mila abitanti che rende l'obbligo più gestibile, è anche l'unico Paese in cui la norma viene rispettata. In Grecia si tratta di un obbligo formale che non viene rispettato e non prevede sanzioni.

In Belgio, l'obbligo è formalmente sancito dal 1894 per gli uomini e dal 1948 per le donne. Si tratta teoricamente dell'obbligo di voto più antico al mondo, e potrebbero anche esserci pene severe, come la limitazione della possibilità di lavorare nel settore pubblico per le persone che non votano. Di fatto, però, da decenni queste misure non vengono rispettate, così che di fatto nel Paese non vige più alcun obbligo, se non quello di presentarsi nel caso si sia convocati per presiedere i seggi.

Dove ci sono vere sanzioni, dalla Corea del Nord al Brasile

In Corea del Nord, tutti i cittadini sopra i 17 anni sono obbligati a recarsi alle urne. Nel caso nordcoreano, peraltro, le peculiarità non si fermano qui: sulla scheda c'è il nome di un solo candidato, che va sbarrato per esprimere un voto contrario. Per sbarrarlo, però, bisogna recarsi in una apposita cabina, destando ovvi sospetti nelle autorità che controllano l'elezione. L'affluenza solitamente si avvicina al 100%, come il consenso elettorale: in un regime di questo tipo, è facile immaginare che le conseguenze per chi non si presenta a votare non si limitino a una multa. Le elezioni non servono tanto per mettere in pratica un diritto democratico, quanto per registrare la popolazione presente nel Paese.

Caso diverso è quello dell'Australia, dove l'obbligo di voto vige dal 1924. Fu approvato perché nel decennio precedente la partecipazione alle elezioni era oscillata tra l'80% e il 40%. Alle elezioni del 1925, l'affluenza fu del 91%. La sanzione oggi varia da 20 a 80 dollari australiani, a seconda del tipo di elezione. Sono circa dai 15 ai 55 euro, e si può presentare un appello contro una multa se si ritiene di aver avuto una valida ragione per non votare (ad esempio, se non si era a conoscenza dell'elezione).

In Brasile, chi non va a votare riceve una multa quasi simbolica: 3,51 réales, circa 70 centesimi di euro. Tuttavia, per chi si astiene più di tre volte le conseguenze possono essere serie. Si perde il diritto a candidarsi per un posto pubblico, ma anche a rinnovare il proprio passaporto e la propria carta d'identità, così come diventa impossibile iscriversi a una scuola o università statale e persino ricevere un prestito da una banca che abbia legami con lo Stato. Il risultato, insomma, è una totale emarginazione dalla vita pubblica. Questo, ovviamente, non significa che il 100% della popolazione brasiliana sia pienamente interessata alle elezioni che si svolgono nel Paese. Nelle elezioni parlamentari del 2018, le schede nulle sono state il 16% del totale.

I Paesi senza sanzioni: America Latina in testa

Sono molti i Paesi nel mondo che prevedono un obbligo di voto, ma non attuano nessuna sanzione per far sì che questo venga rispettato. Tra questi ci sono la Repubblica democratica del Congo, l'Egitto, il Gabon, la Thailandia, la Turchia e la Libia. Il continente dove la pratica è nettamente più diffusa, però, è il Sud America.

Ad applicare quest’obbligo, pur senza sanzioni, sono infatti Argentina, Brasile, Ecuador, Perù e Uruguay. I Paesi che invece prevederebbero l'obbligo nel proprio sistema elettorale, ma non lo applicano, sono Bolivia, Costa Rica, Repubblica Dominicana, Guatemala, Honduras, Messico, Panama e Paraguay. Tra questi, ci sono Paesi in cui l'obbligo di voto è visto come un modo per evitare che partecipino alle elezioni solo le classi sociali agiate. È il caso dell'Ecuador, ad esempio, dove oltre al voto obbligatorio sono stati istituiti dei programmi mirati per facilitare il voto delle fasce di popolazione più svantaggiate.

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