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I diritti dei richiedenti asilo non sono garantiti: code e ritardi per avere la protezione internazionale

Il rapporto dell’International rescue committee Italia ‘Attendere, prego’ denuncia “Gravi violazioni dei diritti fondamentali” subite dai richiedenti asilo nelle principali città italiane, dove “le persone devono affrontare attese prolungate mentre gli Uffici immigrazione prendono in carico le loro richieste di protezione”.
A cura di Annalisa Cangemi
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Ci sono ancora troppe persone che arrivano in Italia per chiedere protezione internazionale e non sono in grado di esercitare il diritto di chiedere asilo. Per migranti in fuga da persecuzioni, conflitti e altre violenze, in cerca di rifugio in Italia, la richiesta di asilo rappresenta il primo step della procedura.

Ma le richieste vengono respinte dalle Questure, che sostanzialmente invitano i richiedenti asilo ad attendere, spesso senza fornire tempi certi. Questi ritardi violano la normativa in materia di protezione internazionale e lasciano le persone in situazioni precarie, incapaci di accedere a un alloggio attraverso il sistema di accoglienza, al mondo del lavoro formale e di godere degli altri diritti connessi alla richiesta di protezione internazionale. La denuncia è del rapporto dell'International rescue committee Italia ‘Attendere, prego' –  realizzato con la collaborazione di Le Carbet, Mutuo Soccorso Milano, Naga, Asgi e Intersos – in cui si trovano anche alcune raccomandazioni rivolte al governo e alle istituzioni locali.

Le organizzazioni che assistono le persone richiedenti protezione in diverse città, come Trieste, Torino, Imperia, Bologna, Firenze, Roma e Napoli, hanno riferito di ostacoli e ritardi simili per chi cerca di accedere al sistema di protezione internazionale in Italia. Tra gli ostacoli menzionati risultano il numero limitato di appuntamenti per chiedere protezione, i ritardi di mesi, le prassi discrezionali e non dichiarate nella ‘selezione' delle persone richiedenti e la richiesta di documentazione non prevista dalla legge. Ad esempio, meno di un quarto delle persone che intendevano chiedere protezione online a Milano hanno affermato di essere riuscite a fissare un appuntamento in Questura.

"Abbiamo approfondito la situazione che in questi ultimi mesi ha riguardato diverse città italiane, con un focus particolare su Milano – spiega Susanna Zanfrini, direttrice IRC Italia -. C'è un diritto negato a un numero enorme di persone, rispetto a cui c'è una responsabilità importante delle istituzioni. È ora di passare dai muri all'accoglienza. Offrire un'accoglienza dignitosa e un sostegno continuo a chi cerca rifugio, indipendentemente dal Paese di origine o dal viaggio intrapreso, è un passo necessario per garantire un trattamento equo e umano per tutti".

Per Flaminia Delle Cese, Legal and Advocacy Advisor di IRC Italia, "il report fotografa una situazione complessa ed evidenti responsabilità diffuse. Dare la possibilità alle persone che scappano da situazioni di conflitto, violenza e persecuzioni di presentare una richiesta di protezione internazionale non è solo un obbligo di legge, ma anche un atto di umanità. Emerge in maniera chiara che questo invece è un diritto negato. Un diritto insopportabilmente negato. Lo Stato italiano deve risolvere con urgenza – senza delegare alle associazioni un compito che deve assolutamente essere suo – gli ostacoli alla presentazione delle richieste di protezione internazionale. E deve stabilire degli standard minimi affinché le persone siano adeguatamente assistite durante la valutazione delle loro richieste". 

Il caso di Milano

Un anno fa, il 5 aprile 2023, la Questura e la Prefettura di Milano hanno adottato un nuovo sistema online per accedere alla procedura per il riconoscimento della protezione internazionale. In teoria questo sistema avrebbe potuto contribuire ad alleviare le barriere, i ritardi, le condizioni precarie e la violenza con cui si confrontano le persone che cercano di chiedere protezione. Slot limitati, continui cambi di orari e altre pratiche discriminatorie avevano infatti portato al sorgere di lunghe code di persone che spesso dormivano per giorni in condizioni difficili fuori dalla Questura di Milano nella speranza di ottenere un appuntamento per chiedere protezione, e in diverse occasioni i media e la società civile avevano documentato l’uso della forza da parte delle autorità nei confronti delle persone in coda.

Tuttavia, scrive il rapporto, il nuovo sistema digitalizzato, pur offrendo ad alcune persone un mezzo per ottenere un appuntamento per chiedere protezione in Questura, ha in gran parte spostato le barriere e i ritardi che molte persone richiedenti protezione continuano ad affrontare, rendendoli semplicemente più nascosti.

Queste nuove barriere digitali includono la mancanza di competenze, strumenti e alfabetizzazione necessari per utilizzare la piattaforma online, la mancata disponibilità delle informazioni in molte delle lingue parlate da chi cerca protezione e le falle del sistema online. Solo 6 delle 25 persone aspiranti richiedenti protezione consultate per questo report che hanno dichiarato di aver tentato di utilizzare il portale online da sole, hanno affermato di essere riuscite a fissare un appuntamento in Questura.

I dati ottenuti in risposta a un’istanza di accesso civico generalizzato inviata alla Questura di Milano indicano un aumento degli slot disponibili per la trattazione delle richieste di protezione internazionale nei mesi di luglio e agosto 2023 (ultimi dati ricevuti), ma il numero degli slot attualmente disponibili continua a essere insufficiente rispetto al numero di persone che raggiungono l’Italia e al contesto migratorio a livello globale.

Il risultato è che si sono formate nuove code, sia fisiche che online. Le conseguenze dei continui ostacoli e dei ritardi, anche di mesi, nell’accesso alla procedura per il riconoscimento della protezione sono gravi, si legge ancora nel rapporto. Delle 37 persone consultate che stavano cercando di accedere al sistema online – in autonomia o con l’aiuto delle realtà del terzo settore – per chiedere protezione a Milano, 15 hanno dichiarato di non avere un alloggio. Come ha spiegato nel settembre 2023 una persona che non era riuscita a chiedere protezione a Milano: “Non ho un posto dove stare. Non c'è modo di trovare un lavoro. Non c'è modo di mangiare”.

Le richieste a ministero Prefetture e Questure

Nel rapporto si suggerisce di:

  • Fornire agli Uffici Immigrazione delle Questure risorse sufficienti per rispondere tempestivamente alle richieste di protezione internazionale nei tempi previsti dalla legge ed evitare che le persone che intendono chiedere protezione siano costrette a stare in coda per giorni e vedersi negati anche per mesi la protezione dall’espulsione e l’accesso al sistema di accoglienza;
  • Risolvere gli ostacoli alla presentazione delle richieste di protezione internazionale, anche nell’ambito delle procedure digitalizzate, per garantire che tutte le persone richiedenti possano registrare la loro intenzione di chiedere protezione indipendentemente dalla nazionalità, dalla lingua parlata, dalla situazione socioeconomica, dal livello di alfabetizzazione digitale o da altre circostanze;
  • Stabilire a livello nazionale degli standard minimi per le procedure di registrazione delle richieste di protezione ed eliminare l’imposizione di requisiti documentali non necessari da parte di alcune Questure che aggravano i ritardi e portano le persone richiedenti a spostarsi da una città all’altra in cerca di protezione;
  • Fornire informazioni accessibili e aggiornate alle persone richiedenti protezione internazionale, nelle lingue da loro parlate, per garantire un accesso equo alla procedura ed evitare il rischio di disinformazione e sfruttamento;
  • Promuovere il coordinamento tra le Questure limitrofe per una gestione più efficiente delle richieste di protezione internazionale, nonché tra gli Enti Locali, le autorità nazionali e i gruppi della società civile che forniscono supporto alle persone richiedenti protezione internazionale, attraverso tavoli tecnici di coordinamento e altri meccanismi di consultazione già esistenti o da istituire.

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