I dati dicono che al Nord si lavora più che al Sud, ma i motivi non sono quelli che vi immaginate

Nelle Regioni del Nord, in media, le persone hanno lavorato 255 giorni nel 2023. Il dato medio per le Regioni del Sud, invece, indica che si è arrivati a 228 giorni (227,7 per la precisione). Sono 27 giornate di lavoro in meno, quasi un mese. Al Centro, invece, sono state circa 245, con la media nazionale fissa a 246. La differenza si spiega soprattutto in due modi: un maggiore livello di lavoro sommerso, che è più difficile da misurare, nelle Regioni meridionali; e un maggior livello di precarietà, per cui anche chi ha un contratto regolare può lavorare per meno tempo prima di ritrovarsi di nuovo disoccupato.
A sottolineare la differenza, con un calcolo sulla base dei dati Inps, è stata la Cgia di Mestre. Che presentando i risultati si è assicurata di sottolineare: "Come si spiega questa differenza? Non certo perché al Nord impiegati e operai siano degli instancabili eroi, mentre al Sud ci sia una diffusa presenza di ‘scansafatiche' che evitano uffici e fabbriche". Anche se pregiudizi di questo tipo esistono ancora, "la chiave di lettura" dei numeri "non può essere fondata su questi luoghi comuni".
Perché al Sud si lavora meno che al Nord
Tanto più perché c'è una spiegazione piuttosto chiara che mette in evidenza i problemi strutturali del mondo del lavoro nelle aree del Sud. La prima è "un’economia sommersa molto diffusa". Dove c'è bisogno di ricorrere al lavoro in nero per far quadrare i conti, naturalmente il conto ufficiale delle ore lavorate è più basso.
La seconda ragione riguarda, invece, il tipo di lavoro che è disponibile nel Mezzogiorno. Anche quando i contratti arrivano – e nonostante l'aumento dell'occupazione di cui il governo Meloni si è molto vantato – le Regioni meridionali sono caratterizzate "da tanta precarietà, da una diffusa presenza di part time involontario, soprattutto nei servizi, da tanti stagionali occupati nel settore ricettivo e dell'agricoltura che abbassano di molto la media delle ore lavorate".
Insomma, se una persona trova lavoro al Sud è statisticamente più facile che lo ottenga con un contratto breve, incerto, stagionale, che magari non viene rinnovato o si interrompe prima del tempo. E così, naturalmente, il conteggio dei giorni lavorati si abbassa.
Quali sono le province dove si lavora di più e quelle dove si lavora di meno
In assoluto, le province con il numero più alto di giorni lavorati (prendendo in considerazione solo i dipendenti del settore privato) sono:
- Lecco, 264,9 giorni
- Biella, 264,3 giorni
- Vicenza, 263,5 giorni
- Lodi, 263,3 giorni
- Padova, 263,1 giorni
- Monza-Brianza, 263 giorni
- Treviso, 262,7 giorni
- Bergamo, 262,6 giorni
- Pordenone, 261,9 giorni
- Varese, 261,2 giorni
Il primo capoluogo di Regione è Milano, al 17esimo posto, con 258,1 giorni, seguito da Torino in 20esima posizione con 257,4 giorni, e subito sotto Bologna con 257,3.
Al contrario, le province in cui in media si sono lavorati meno giorni sono:
- Vibo Valentia, 193,3 giorni
- Nuoro, 205,2 giorni
- Rimini, 212,5 giorni
- Trapani, 213,3 giorni
- Foggia, 213,5 giorni
- Messina, 214,5 giorni
- Crotone, 215,2 giorni
- Salerno, 215,3 giorni
- Cosenza, 215,8 giorni
- Agrigento, 216,2 giorni
Il capoluogo più basso in classifica è in realtà Aosta, con 218,7 giorni, poi Catanzaro con 223,5. La media, come detto, mostra una differenza significativa tra il Nord e il Sud del Paese: 255 giorni contro 228.
La classifica degli stipendi
La Cgia ha riportato anche una forte differenza negli stipendi, sempre nel settore privato. In media al Nord lo stipendio medio era di 104 euro lordi al giorno, contro 77 euro lordi al giorno nel Sud. È una differenza del 35%. Secondo il centro studi, il problema della differenza di stipendi tra i vari territori si è aggravato negli ultimi decenni perché "le utilities, le imprese medio-grandi, le società finanziarie/assicurative/bancarie" si sono stabilite principalmente nelle aree metropolitane delle Regioni settentrionali. Si tratta di aziende che in media possono garantire non solo una stabilità maggiore, ma anche uno stipendio più alto. Anche perché hanno una buona quantità di manager, dirigenti ,tecnici e così via, che ottengono paghe più elevate e alzano la media.
Gli stipendi medi più alti nel 2023 sono arrivati in provincia di Milano: 34.343 euro. A seguire Monza-Brianza con 28.833 euro, poi Parma con 27.869 euro, Modena con 27.671 euro, Bologna con 27.603 euro e Reggio Emilia con 26.937 euro. La prima provincia del Centro è Roma, al 18esimo posto, con 25.294 euro. La prima del Sud è Potenza, al 66esimo, con 19.472 euro (e 235,4 giorni di lavoro in media).
Al contrario, gli stipendi più bassi sono a Vibo Valentia: 13.388 euro. Ci sono poi Nuoro con 14.676 euro, Cosenza con 14.817 euro, Trapani con 14.854 euro, Crotone con 14.874 euro e Agrigento con 15.211 euro. Anche il basso livello degli stipendi, così come il numero di giorni lavorati, si può spiegare in buona parte con il sommerso e con l'alta diffusione di contratti precari.