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Green pass in Parlamento, la Corte Costituzionale boccia il ricorso e conferma l’obbligo

I ricorsi dei parlamentari contro il green pass sono stati bocciati anche dalla Corte costituzionale: “Non c’è nessuna lesione delle loro prerogative”.
A cura di Tommaso Coluzzi
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Alla Camera e al Senato si entra solo con il green pass. E a questo punto i deputati e i senatori che per settimane hanno combattuto la loro battaglia dovranno arrendersi. La validità delle delibere dei due rami del Parlamento – arrivate a inizio ottobre – è stata confermata ancora una volta. Il caso, infatti, è arrivato fino alla Corte Costituzionale, che ieri ha reso pubblica la propria decisione: "La Corte ha esaminato oggi in camera di consiglio due conflitti di attribuzione tra poteri promossi, rispettivamente, da otto deputati iscritti alla componente del gruppo misto “L’Alternativa c’è” e dal senatore Gianluigi Paragone – si legge nel comunicato – Entrambi hanno ad oggetto le delibere con cui gli organi interni di Camera e Senato – alla luce dell’articolo 9 quinquies del decreto legge n. 52 del 2021 – hanno richiesto il green pass per partecipare ai lavori parlamentari".

In entrambi i giudizi "i ricorrenti agiscono in qualità di singoli parlamentari e lamentano la menomazione di proprie attribuzioni costituzionali – riepiloga la Consulta – Denunciano, in particolare, le modalità di adozione dell’obbligo di green pass: quest’ultimo è stato introdotto da delibere di organi interni alle Camere (Ufficio/Consiglio di Presidenza e Collegio dei questori) anziché attraverso una modifica dei regolamenti parlamentari per cui sarebbe stata necessaria la maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Aula". Per questo motivo "i ricorrenti ritengono quindi violata la riserva regolamentare (articolo 64 della Costituzione) nonché compressa, su tutte, la partecipazione dei singoli parlamentari al procedimento legislativo, oltre che leso il libero svolgimento del loro mandato".

Le motivazioni arriveranno nei prossimi giorni, ma intanto la Corte costituzionale fa sapere che "i conflitti sono stati dichiarati inammissibili". La Consulta "ha ritenuto che dai ricorsi non emerga alcuna manifesta lesione delle attribuzioni proprie dei parlamentari e che spettino all’autonomia delle due Camere l’interpretazione e l’applicazione dei rispettivi regolamenti".

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