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Gimbe: “Continuano ad aumentare i nuovi casi. Primi segnali di sofferenza dal sistema sanitario”

“Il progressivo incremento dei casi attualmente positivi inizia a determinare dapprima segni di sofferenza del sistema di tracciamento da parte dei servizi territoriali e poi di sovraccarico ospedaliero, in particolare nelle Regioni del Centro-Sud”, avverte la fondazione Gimbe. Per poi sottolineare come l’unica soluzione per arginare la diffusione del coronavirus sia quella del potenziamento territoriale della gestione della pandemia.
A cura di Annalisa Girardi
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Mentre continuano ad aumentare i nuovi casi di coronavirus nel nostro Paese, crescono anche i ricoveri in ospedale di pazienti con sintomi. Il sistema sanitario e le Asl regionali, responsabili del tracciamento, iniziano a mostrare i primi segni di sofferenza. In particolare il livello di allerta è alto nelle Regioni del Centro-Sud, in cui servono delle misure per evitare di mandare in tilt i servizi locali. L'allarme arriva dalla fondazione Gimbe, un think tank che si occupa di ricerca in ambito sanitario e che dall'inizio dell'emergenza coronaviurs monitora la situazione epidemiologica nel Paese.

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I nuovi casi nell'ultima settimana

Il periodo preso in esame è quello della settimana tra il 23 e il 29 settembre: rispetto a quello precedente si rileva un ulteriore incremento nel trend dei nuovi casi, che passano da 10.907 a 12.114. Aumentano però anche i casi testati, che crescono dai 385.324 della settimana precedentemente presa in esame ai 394.396 dell'ultima. I casi attualmente positivi sono 50.630, contro i 45.498 emersi una settimana fa. Come anticipato, si rileva anche un aumento dei pazienti ricoverati con sintomi che passano da 2.604 a 3.048: quelli ricoverati in terapia intensiva sono 271 (la scorsa settimana erano 239) e i decessi registrati sono 137 (mentre la scorsa settimana se ne erano contati 105).

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Il rapporto tra casi testati e positivi

"Nell'ultima settimana continua l'ascesa della curva dei nuovi casi, principalmente per l’incremento del rapporto positivi/casi testati, oltre che, in misura minore, dei casi testati. Si conferma inoltre la crescita costante dei pazienti ospedalizzati con sintomi e di quelli in terapia intensiva", commenta il presidente della fondazione, Nino Cartabellotta. Si noti che rispetto a metà luglio i nuovi casi settimanali sono passati a essere da poco più di 1.400 a 12 mila. Il rapporto tra casi testati e positivi, inoltre, è andato dallo 0,8% al 3,1%. Gli attualmente positivi sono quadruplicati: da 12.482 a 50.630.

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In alcune Regioni il rapporto tra casi testati e positivi è particolarmente preoccupante. Se nella settimana tra il 23 e il 29 settembre la media nazionale si è fermata al 3,1%, in certi territori questo valore è ben più alto: in Liguria siamo al 6,4% e in Campania al 5,4%. "L’aumento del rapporto positivi/casi testati – continua il Presidente – se da un lato conferma una circolazione più sostenuta del virus, indipendentemente dal numero di tamponi effettuati, dall’altro lascia intravedere le prime criticità in alcune Regioni, rendendo indifferibile un potenziamento della capacità di testing", commenta Cartabellotta.

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L'aumento dei ricoveri

Per quanto riguarda l'aumento dei pazienti positivi ricoverati negli ospedali, il monitoraggio di Gimbe sottolinea come siano passati in poco più di due mesi da 732 a 3.048. Quelli che si trovano in terapia intensiva sono cresciuti da 49 a 271. Questi numeri non sono ancora il segnale di una situazione fuori controllo, ma sottolineano sicuramente dei divari regionali a cui bisogna prestare attenzione. "Se guardando al dato nazionale i numeri appaiono ancora bassi e non fanno registrare al momento particolari sovraccarichi dei servizi ospedalieri, iniziano ad emergere differenze regionali rilevanti", precisa Cartabellotta.

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Al 29 settembre, infatti, ben sei Regioni, quasi tutte nel Centro-Sud registrano tassi di ospedalizzazione per 100 mila abitanti superiori alla media nazionale, ferma al 5,5. Queste sono il Lazio (12,2), la Liguria (10,6), la Campania (7,8), la Sardegna (7,4), la Sicilia (6,2) e la Puglia (5,6). "Che la situazione nazionale sia sotto controllo è documentato anche dalla composizione percentuale dei casi attualmente positivi che si mantiene costante dai primi di luglio. Mediamente il 93-94% dei contagiati sono in isolamento domiciliare perché asintomatici/oligosintomatici; il 5-6% sono ricoverati con sintomi e quelli in terapia intensiva sono lo 0,5%. Tuttavia, anche per questo indicatore le differenze regionali accendono ulteriori spie rosse", aggiunge il presidente della fondazione.

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L'allarme nel Centro-Sud

Come abbiamo visto infatti la percentuale dei casi ospedalizzati in alcune Regioni è nettamente superiore alla media nazionale (al 6,6%): parliamo di Sicilia (11,1%), Lazio (10,2%), Liguria (9,6%) Puglia (9,2%). "Ormai da oltre 9 settimane consecutive i numeri confermano la crescita costante della curva epidemica e delle ospedalizzazioni: in assenza di variabili che portino ad una flessione della curva, bisogna prendere atto che il progressivo incremento dei casi attualmente positivi inizia a determinare dapprima segni di sofferenza del sistema di tracciamento da parte dei servizi territoriali e poi di sovraccarico ospedaliero, in particolare nelle Regioni del Centro-Sud", prosegue Cartabellotta. Per poi concludere: "Solo il potenziamento territoriale della gestione della pandemia permetterà di rallentare la risalita della curva epidemica: da un consistente rafforzamento del sistema di testing & tracing a misure adeguate di isolamento domiciliare per evitare contagi intra-familiari; da un’estensiva copertura della vaccinazione antinfluenzale (non solo delle categorie a rischio), al monitoraggio attivo dei pazienti in isolamento domiciliare".

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