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Fuga dal Sud Italia, 2 milioni di giovani si sono trasferiti altrove negli ultimi 16 anni

La Svimez, l’associazione per lo sviluppo industriale nel Mezzogiorno, ha presentato il Rapporto 2018. Cresce il numero delle famiglie in cui tutti i componenti sono disoccupati: passano da 362mila a 600mila negli ultimi 8 anni.
A cura di Annalisa Cangemi
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Questa mattina a Roma è stato presentato il rapporto Svimez, che ha segnalato una situazione drammatica per il Mezzogiorno: cresce il numero delle famiglie in cui tutti i componenti sono disoccupati. In particolare, se guardiamo al periodo tra il 2010 e il 2018 è raddoppiato da 362mila a 600mila (nel Centro-Nord sono 470 mila). L'associazione per lo sviluppo industriale nel Mezzogiorno, nelle anticipazioni del suo rapporto, ha sottolineato che "il saldo negativo di 310 mila occupati tra il 2008 e il 2017 al Sud è la sintesi di una riduzione di oltre mezzo milione di giovani tra i 15 e i 34 anni (-578 mila), di una contrazione di 212 mila occupati nella fascia adulta 35-54 anni e di una crescita concentrata quasi esclusivamente tra gli ultra 55enni (+470 mila unità)". Insomma, sintetizza, "si è profondamente ridefinita la struttura occupazionale, a sfavore dei giovani".

Il dato preoccupante continua a essere l'emorragia di giovani dalle regioni del Sud: "Negli ultimi 16 anni hanno lasciato il Mezzogiorno 1 milione e 883 mila residenti: la metà giovani di età compresa tra i 15 e i 34 anni, quasi un quinto laureati, il 16% dei quali si è trasferito all'estero. Quasi 800 mila non sono tornati". Il peso demografico del Sud è diminuito, ed è ora pari al 34,2%, anche per una minore incidenza degli stranieri, che nel 2017 erano 872mila, contro i 4.272mila del Centro Nord.

Tra le note positive si segnala che nel 2017, Calabria, Sardegna e Campania sono state le regioni meridionali che hanno fatto registrare il più alto tasso di sviluppo: rispettivamente +2%, +1,9% e +1,8%. Si tratta, comunque, di variazioni del PIL meno incisive rispetto alle regioni del Centro-Nord, se si considera il +2,6% della Valle d'Aosta, il +2,5% del Trentino Alto Adige e il +2,2% della Lombardia.

Complessivamente cresce l'occupazione, anche se la maggior parte dei lavoratori sono precari: sempre nel 2017 la crescita dei posti di lavoro è stata determinata quasi esclusivamente dai contratti a termine (+61mila, pari a +7,5%), mentre quelli a tempo indeterminato rimangono stabili (+0,2%). Ma le previsioni per il 2019 non sono positive: "si rischia un forte rallentamento dell'economia meridionale: la crescita del prodotto sarà pari a +1,2% nel Centro-Nord e +0,7% al Sud" – ha detto la Svimez. Come è spiegato nel rapporto, nel 2017 "il Mezzogiorno ha proseguito la lenta ripresa" ma "in un contesto di grande incertezza" e "senza politiche adeguate" rischia di "frenare", con "un sostanziale dimezzamento del tasso di sviluppo" nel giro di due anni (dal +1,4% dello scorso anno al +0,7% del prossimo).

"Allarmanti i dati Svimez: in 16 anni hanno lasciato il Sud 1 milione e 883mila residenti, di cui la metà giovani, e l'economia rischia un forte rallentamento entro il 2019" – commenta su Facebook la leader di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni"Basta perdere tempo: il Governo si attivi subito perché senza il Sud, tutta l'Italia perde. Fratelli d'Italia mette a disposizione le nostre proposte: dal sostegno alle imprese che assumono al Sud al piano di investimento per colmare il divario infrastrutturale e digitale, dal controllo del territorio alle zone franche a zero tasse per le aree disagiate. Il Sud non ha bisogno di elemosina, ma di sviluppo, lavoro e infrastrutture".

"I dati della Svimez si riferiscono alla politica economica precedente", si difende la ministra per il Sud Barbara Lezzi, che assicura che adesso il governo sta "agendo in maniera operativa per un utilizzo efficace, di qualità, dei fondi strutturali europei". Per la minsitra "c'è stata quasi un'intenzionalità nel lasciare il Sud in miseria. C'è stata una trascuratezza rispetto all'utilizzo dei fondi Ue, che ha determinato un Paese spaccato". Al momento, sottolinea, "ci stiamo muovendo per aiutare le Regioni nella spesa dei fondi europei" ma, avverte, "dal prossimo anno non saranno più tollerati i cosiddetti progetti sponda, perché hanno dato degli alibi ai diversi presidenti di Regione per far sì che le politiche di coesione non fossero investimenti aggiuntivi. E di questo i cittadini stanno pagando il conto". 

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