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Fratoianni a Fanpage: “Se forze dell’ordine hanno passato a Salvini il video di Apostolico è grave”

Nicola Fratoianni, intervistato da Fanpage, ha commentato i fatti degli ultimi giorni che hanno riguardato gli attacchi alla giudice Apostolico. Per il leader di Sinistra Italiana si tratta di “una vera e propria campagna di linciaggio”.
A cura di Andrea Miniutti
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"Contro la giudice Apostolico si è scatenata una vera e propria campagna di linciaggio": per Nicola Fratoianni, leader di Sinistra Italiana, sono inaccettabili gli attacchi che la magistrata sta ricevendo in questi giorni. Il partito con cui forma un'alleanza, i Verdi, ha presentato un esposto in procura per capire se ci siano state violazioni dell'articolo 326 del codice penale, quello sulla rivelazione e l'utilizzo del segreto d'ufficio: se il video pubblicato da Matteo Salvini fosse proveniente dagli uffici della Polizia di Stato – sottolinea l'esposto – sarebbe un caso di rilevante gravità.

Perché avete chiesto un'interrogazione parlamentare?

Per due ragioni. La prima è un giudizio politico: siamo di fronte ad un linciaggio nei confronti della giudice Apostolico che non ha violato alcuna legge. La Costituzione prevede che ciascun cittadino o cittadina, a prescindere dalla sua funzione, abbia la possibilità di manifestare pacificamente: sulla base delle immagini che abbiamo visto è quello che lei ha fatto. Su questa sua legittima scelta si è scatenata una vera e propria campagna di linciaggio, peraltro senza articolare alcuna obiezione nel merito della sentenza, cioè dello svolgimento del suo lavoro. La seconda ragione è che il video in questione, se guardiamo la prospettiva da cui sono girate le immagini, è presumibilmente è girato dalle forze dell'ordine, una cosa che accade in ogni manifestazione per motivi di sicurezza.

C'è chi sostiene che il video sia stato consegnato dalle forze dell'ordine: lei cosa crede?

La domanda è spontanea: come è arrivato questo filmato, peraltro dopo quasi 6 anni dallo svolgimento della vicenda, nelle mani del vicepremier Matteo Salvini e della Lega? Chi glielo ha dato? Due sono le possibilità, naturalmente. La prima è che questo video circolasse in rete e fosse in qualche modo pubblico dominio, e allora rimane il nostro giudizio sul piano politico rispetto alla campagna di linciaggio contro la giudice. Se invece quel video, che sembra avere un'altra origine, dovesse essere arrivato al ministro da altre strade e gli fosse stato in qualche modo allungato da una qualche mano – che a questo punto ci chiediamo di che natura sia – la cosa sarebbe molto grave e preoccupante.

Nell'arco di pochi giorni è stato trovato un like ad un vecchio post ed è emerso anche il filmato: secondo lei è in corso un tentativo di dossieraggio?

Di sicuro è in corso un tentativo di delegittimazione. Non siamo di fronte a una violazione delle leggi o della procedura da parte della giudice Apostolico, fattori che potrebbero aver influenzato la sua sentenza. Per quello che sappiamo, ha preso una decisione rispettando le norme e quindi interpretando la sua funzione correttamente. Oltretutto, nella nostra legislazione esistono tre gradi di giudizio, in modo che le sentenze, prima di diventare definitive, siano oggetto di una serie di passaggi di verifica. Siamo di fronte a un attacco che non ha ragioni di merito e che è dunque strumentale. Si fonda su elementi che si concentrano sulla vita delle persone e su ciò che queste, grazie alla Costituzione, legittimamente fanno.

Secondo lei è appropriato che la giudice fosse presente a quella manifestazione?

Si può discutere sul fatto che chi svolge una funzione come quella del magistrato possa decidere di astenersi dalla partecipazione a manifestazioni e di mantenere un proprio profilo di massima prudenza, di assoluta terzietà in termini di immagine pubblica. Però stiamo parlando di opportunità, di nulla che abbia a che fare con le leggi e con il diritto. Anche i magistrati possono – e forse, in qualche caso, devono – prendere parte alla vita civile e anche esprimere le loro opinioni di fronte a fatti particolari. Ma questa situazione non mi sembra né sbagliata né una base per costruire una tale campagna. Per questo abbiamo annunciato un'interrogazione parlamentare. Non abbiamo dubbi che il governo risponderà alle nostre domande, ma se dovesse emergere che ci sono stati meccanismi – non disponibili a tutti i cittadini – che hanno consentito che quel video arrivasse nelle mani Matteo Salvini, allora la cosa toccherebbe un ulteriore profilo di gravità.

Si sta attaccando la giudice per non parlare del contenuto della sentenza?

Siamo di fronte al racconto di una giudice che da sola vuole cambiare le leggi del governo. Tuttavia, è stata emessa una sentenza analoga anche dal tribunale di Firenze: evidentemente c'è qualcosa che non funziona, anche perché la decisione interviene su un caso specifico. Il fatto che trattiamo tutti i migranti come se fossero la stessa cosa è uno dei grandi buchi neri delle politiche di questo governo e – bisogna essere onesti – anche dei precedenti. Le convenzioni internazionali prevedono che vada analizzato caso per caso con puntualità, verificando la specificità di ogni singola storia. Invece, questa propaganda serve a far scomparire sotto l'onda, per l'ennesima volta, il tema di fondo: fino a quando tratteremo come un'emergenza un gigantesco fenomeno strutturale, continueremo a mettere in campo politiche, secondo il mio punto di vista, terribilmente ingiuste, e che stando ai numeri sono pure terribilmente inefficaci.

Oggi si è tenuto a Granada un vertice europeo per parlare di immigrazione: sono soprattutto Polonia e Ungheria – alleati di Giorgia Meloni – a tirare la corda…

Perché sono strutturalmente Stati xenofobi e anti-europei. Si stanno opponendo ad un piano che ha poco a che vedere con l'accoglienza, un patto brutto e sbagliato che punta tutto sul rimpatrio forzato nei cosiddetti Paesi terzi sicuri. Oltretutto, non si capisce quali siano questi Paesi sicuri, perché definire così la Tunisia è francamente un esercizio di fantasia molto creativo. In commissione esteri abbiamo fatto l'ennesima audizione di esponenti della società civile tunisina, i quali hanno raccontato – non solo a noi dell'opposizione, ma tutte le forze politiche – le condizioni reali in cui oggi si vive in quello Stato, e sono condizioni che disegnano un Paese che non è per niente sicuro: un regime autoritario nel quale i diritti fondamentali non sono affatto garantiti. A livello europeo si insiste con politiche che hanno come unico obiettivo quello di impedire le partenze, peraltro senza successo, magari attraverso accordi che prevedono finanziamenti. Lo abbiamo fatto per anni con il dittatore turco Erdogan: l'Europa ha stanziato miliardi di euro all'anno diretti verso la Turchia che avevano l'obiettivo di rendere Erdogan un gendarme per impedire che, dopo il picco della crisi siriana, quella rotta migratoria restasse aperta.

Quindi cosa dovrebbe fare l'Unione Europea?

Si dovrebbe intervenire sulle cause fondamentali che causano l'emigrazione e che hanno a che fare con una disperazione indicibile. È del tutto evidente che nessuno si metterebbe mai in viaggio sapendo che le condizioni sono talmente pericolose da mettere in discussione la propria sopravvivenza, dei propri cari e degli affetti più importanti. Lo fanno perché sono in una condizione disperata e perché sanno che quella è l'unica possibilità di uscirne. Bisogna fare i conti con la dimensione strutturale del fenomeno migratorio e quindi con la necessità di organizzare politiche di accoglienza che funzionino, che non siano tutte sbilanciate sul respingimento, sull'esclusione e sulla marginalizzazione. Ci sono grandi Paesi europei che accolgono e integrano numeri di migranti molto più rilevanti rispetto all'Italia e lo fanno perché hanno costruito politiche che accorciano i tempi per esaminare richieste d'asilo senza che si cancellino i diritti o le tutele. Noi, invece, continuiamo con la logica emergenziale, aprendo grandi centri, smantellando l'accoglienza a basso impatto ed eliminando i corsi di italiano. Vorrei che qualcuno di questi signori ci spiegasse come si fa a migliorare la relazione tra cittadini italiani e migranti impedendo a queste persone di imparare la lingua del Paese dove si trovano. Questo aumenta le tensioni e dimostra che tutto ciò che costruisce la propaganda del governo è, per l'appunto, propaganda.

Meloni ha parlato di un successo per quanto riguarda il nuovo patto per la migrazione e l'asilo, condivide questa idea?

Non capisco dove sia questo successo. I suoi amici hanno già minacciato di mettere il veto e, comunque, si tratta di un patto che semplicemente rischia di riproporre uno schema che continuerà a esporre i Paesi di primo approdo come l'Italia. Questo non per cattiveria delle Ong, ma per per ragioni geografiche. Oltretutto, noi siamo interessati soprattutto da movimenti secondari: tutti coloro che studiano seriamente questa materia sanno benissimo che il tasso permanenza dei migranti che arrivano sulle nostre cose è molto basso. La riproposizione di politiche fondate sull'esternalizzazione delle frontiere, cioè sul dare ai Paesi di partenza e transito – in particolare del Nord Africa – la responsabilità di impedire le partenze, sono strumenti che in questi anni non hanno funzionato.

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