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Forza Italia riapre il dibattito sulle case chiuse: in Senato la proposta per legalizzare la prostituzione

Depositato un disegno di legge che punterebbe a regolamentare la prostituzione in Italia, riaprendo le case chiuse e imponendo tutele, obblighi fiscali e controlli sanitari. Un’iniziativa che solleva però interrogativi etici, giuridici e sociali.
A cura di Francesca Moriero
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Il tema della prostituzione è uno dei più divisivi e difficili da affrontare, anche, e soprattutto, nel dibattito politico. Un fenomeno antico e presente, che attraversa la società in forme sempre nuove, ma spesso dentro le stesse dinamiche di invisibilità, marginalità e sfruttamento. Oggi Forza Italia prova a riportarlo al centro dell'agenda legislativa, con un disegno di legge depositato in Senato, a firma del senatore Claudio Fazzone, che punta a legalizzare e regolamentare l'esercizio del lavoro sessuale. La proposta, articolata in venti articoli, mira a riaprire le cosiddette "case chiuse", anche chiamate "case di tolleranza", chiuse dalla legge Merlin nel lontano 1958, e a riconoscere come attività lecita quella dei sex worker, a patto che si tratti di una scelta libera e consapevole. Il testo disciplina l'attività nei minimi dettagli: dai requisiti anagrafici e formativi, fino all’obbligo di apertura della partita IVA, all'assicurazione obbligatoria, ai controlli igienico-sanitari previsti dal Ministero della Salute. Chi esercita senza autorizzazione rischia l'arresto; pesanti le sanzioni anche per i gestori di strutture abusive.

Alcuni dati

Secondo le stime Istat, nel 2025 il giro d'affari della prostituzione in Italia ha toccato i 4,7 miliardi di euro, in crescita rispetto all'anno precedente; numeri che mostrano quanto il fenomeno sia diffuso, ma anche quanto resti fuori da ogni cornice regolata. Nella maggior parte dei casi, infatti, a esercitare sono donne o giovanissime, molto spesso minorenni, straniere in situazioni di vulnerabilità, spesso vittime di sfruttamento, tratta o ricatto.

Cosa prevede il disegno di legge

Il testo integrale del disegno di legge non è ancora stato pubblicato sul sito del Senato: la scheda relativa al DDL n. 1523, presentato il 5 giugno scorso e annunciato in Aula il 10 giugno, al momento riporta solo il titolo, "Disposizioni in materia di esercizio della prostituzione". Secondo quanto riportato da alcune testate nazionali, tra cui Il Mattino e Il Messaggero, una bozza del provvedimento è già circolata e affronterebbe in modo articolato tutti gli aspetti del fenomeno, delineando una proposta di riforma complessiva.

Il disegno legge a firma Forza Italia, introdurrebbe la possibilità di aprire delle nuove case chiuse, gestite da società, cooperative o liberi professionisti, sottoposte a rigidi standard igienico-sanitari stabiliti dal Ministero della Salute. L'esercizio su strada verrebbe invece vietato, così come l'"adescamento in luoghi pubblici". Il ddl fisserebbe poi anche un'età minima (21 anni) e massima (65) per poter lavorare legalmente, e richiederebbe il possesso di un attestato professionale che includa corsi di formazione in igiene, sicurezza, pronto soccorso ed elementi di psicologia; obbligatoria l'apertura della partita Iva e la stipula di un'assicurazione. Il provvedimento prevederebbe poi anche l'obbligo di registrazione per i siti che ospitano annunci legati alla prostituzione, e il riconoscimento del diritto all'oblio per chi lascia il mestiere. Il disegno di legge affermerebbe più volte di voler tutelare le categorie più deboli, e prevederebbe per questo pene severe per chi costringe alla prostituzione con violenza o approfittando di condizioni di fragilità economica o psicologica: fino a 12 anni di carcere e 400mila euro di multa. Senza il rilascio dell'autorizzazione da parte dell'autorità di pubblica sicurezza, sempre prevista, chi si prostituirà "a titolo personale", potrà rischiare anche l'arresto e la "confisca del profitto". Ancora più pesanti le sanzioni per chi gestisce attività illegali: reclusione fino a 4 anni e sanzioni fino a 100mila euro.

Libertà, ma a quali condizioni?

La cornice giuridica della proposta, così com'è stata per ora presentata, insiste molto sul principio della libertà individuale: chi sceglie di vendere prestazioni sessuali, secondo il ddl, ha diritto a farlo in sicurezza, senza stigma e senza dover sottostare a regole ambigue. Ed è vero che esistono, anche in Italia, persone adulte che rivendicano quella scelta come legittima, autonoma, non imposta. Ma la realtà, per molte altre, è molto diversa: a esercitare sono spesso donne e minorenni straniere, senza alternative concrete, costrette da debiti, da reti criminali, da rapporti di dipendenza emotiva o economica. La tratta a scopo di sfruttamento sessuale resta una delle più gravi violazioni dei diritti umani in Europa, ed è proprio in questa zona grigia che ogni riflessione sulla regolamentazione rischia di scivolare: quando la "libertà" si dichiara sulla carta, ma resta inaccessibile nella realtà; quando il controllo sanitario e fiscale diventa una forma di normalizzazione, senza che siano state prima rimosse le disuguaglianze strutturali che spingono molte persone a vendere il proprio corpo, non per scelta, ma per necessità.

Nelle case chiuse può restare chiusa anche la prostituzione

Il ritorno delle case chiuse viene presentato come un modo per restituire dignità e protezione a chi lavora nel sesso. Ma proprio la storia di quelle strutture, luoghi per lo più controllati, regolati, ma anche segreganti, obbliga a una cautela in più. Il rischio, tutt'altro che teorico, come sottolineano da tempo esperti in materia di diritti, è che la legalizzazione istituzionalizzi l'esclusione, spingendo a margine ancora di più chi non rientra nei parametri imposti o non ha le risorse per lavorare "in regola". L’idea di rendere più sicuro un mestiere che continuerà comunque a esistere può sembrare pragmatica. Ma la sicurezza non è solo un tema di igiene o burocrazia. È anche, e soprattutto, la possibilità di scegliere, di uscire, di non dipendere. È questo che distingue la protezione dalla gestione.

Il testo è al momento in fase di discussione. Mentre Forza Italia ne rivendica la portata innovativa e la Lega si dice pronta a sostenerla, il dibattito pubblico resta ancora tutto da affrontare.

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