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Fisco, torna l’evasometro: come funziona e a chi è rivolto il sistema per controlli su conti e debiti

Il Fisco ha rilanciato l’evasometro in una versione potenziata e tecnologicamente avanzata, capace di incrociare dati fiscali, bancari e internazionali per individuare chi ha debiti superiori ai 50mila euro ma nasconde patrimoni, soprattutto all’estero. Non si tratterebbe di controlli a tappeto, ma di verifiche mirate su soggetti ad alto rischio.
A cura di Francesca Moriero
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Nel quadro di una lotta sempre più serrata contro l'evasione fiscale, il governo rilancia uno strumento di controllo che negli anni passati aveva fatto discutere: l'evasometro. Non si tratterebbe di un ritorno in senso stretto, ma di un vero aggiornamento, reso oggi molto più efficace dall'evoluzione tecnologica e dalla possibilità di accedere a un volume di dati senza precedenti, anche grazie alla cooperazione internazionale. Il nuovo sistema, illustrato dalla Guardia di Finanza in una recente audizione al Senato, punterebbe a individuare i contribuenti che accumulano debiti consistenti con il Fisco (sopra i 50mila euro) ma continuano a gestire patrimoni importanti, spesso nascosti all'estero o comunque non coerenti con quanto dichiarato. Attraverso l'incrocio tra banche dati italiane, segnalazioni finanziarie, flussi bancari e il meccanismo internazionale di scambio automatico delle informazioni fiscali, il Fisco sarà in grado di costruire veri e propri profili di rischio. L'obiettivo sarebbe duplice: prevenire l'aggravarsi di posizioni debitorie e colpire chi tenta di sottrarre risorse al sistema, spostando capitali in conti stranieri, talvolta nei paradisi fiscali; nel mirino ci sono milioni di conti correnti detenuti all'estero da cittadini italiani, e non tutti perfettamente trasparenti.

A differenza del passato, però, oggi le autorità fiscali dispongono di strumenti per seguirne le tracce quasi in tempo reale. E lo faranno in modo selettivo: niente caccia indiscriminata, ma controlli mirati su chi mostra segnali concreti di evasione.

A chi è rivolto il nuovo evasometro per i controlli del Fisco

Il nuovo evasometro non scatterà automaticamente su tutti i contribuenti, ma solo su quelli considerati ad alto rischio. Il Generale Luigi Vinciguerra, a capo del Terzo Reparto Operazioni della Guardia di Finanza, ha spiegato alla Commissione Finanze del Senato che l'obiettivo sarebbe quello di colpire chi accumula debiti col fisco ma possiede beni importanti, soprattutto oltre i confini italiani. L'approccio, dunque, sarebbe selettivo: non ci saranno controlli di massa, ma verifiche approfondite su chi presenta segnali concreti di evasione.

Come funziona: banche dati e scambi internazionali

Il cuore del sistema è l'incrocio intelligente di dati. Il Fisco userà informazioni provenienti da diverse banche dati nazionali e dallo scambio automatico internazionale di informazioni, regolato dal Common Reporting Standard (CRS). Questo permette alle autorità italiane di accedere a dati su conti correnti detenuti all'estero, incrociandoli con quelli fiscali e bancari interni. In base a questi incroci, verrà assegnato poi a ciascun contribuente un punteggio di rischio fiscale.

Occhi puntati su patrimoni nascosti all'estero

Uno dei principali bersagli del nuovo evasometro sono poi i patrimoni che si trovano fuori dall’Italia. L'evoluzione tecnologica degli ultimi anni consentirebbe ora un tracciamento molto più efficace rispetto al passato. L'obiettivo sarebbe quello di far emergere quelle situazioni in cui un contribuente, pur risultando debitore nei confronti dell'Erario, dispone in realtà di ricchezze non dichiarate, in particolare in Paesi dove il controllo fiscale è più blando o la riservatezza bancaria più forte.

Più di 3 milioni di conti correnti oltre confine

I numeri ufficiali parlano chiaro: oltre 3,4 milioni di conti correnti intestati a cittadini italiani sono depositati all'estero, con una massa complessiva che supera i 200 miliardi di dollari. Una parte di questi è perfettamente regolare, ad esempio chi ha una casa a Londra o lavora a New York e ha aperto lì un conto, ma un'altra fetta potrebbe nascondere strategie elusive. Ci sono italiani che temono una patrimoniale e preferiscono non tenere i soldi in patria. E poi ci sono quelli che scelgono paradisi fiscali come le Isole Cayman o le British Virgin Islands per occultare capitali al Fisco italiano.

Il problema non sarebbe però solo morale o legale: i soldi non dichiarati all'estero rappresentano anche una perdita per il sistema produttivo nazionale. Se fossero in Italia, potrebbero essere investiti o usati dalle banche per finanziare imprese. Alcuni esperti suggeriscono quindi di creare incentivi per far rientrare una parte di questi capitali, ad esempio vincolandoli all'acquisto di titoli di Stato.

Controlli sempre aggiornati

Per rendere il sistema efficace, la Guardia di Finanza avrebbe ora chiesto che le banche dati vengano aggiornate ogni mese. Questo permetterebbe di seguire quasi in tempo reale i movimenti sospetti e intervenire prima che i debiti si aggravino o che i soldi spariscano. L'obiettivo finale sarebbe duplice: prevenire nuove situazioni di evasione e riportare alla luce ricchezze nascoste, ovunque si trovino.

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