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Fini dice che il 25 aprile Giorgia Meloni si è definita antifascista nella sostanza

Gianfranco Fini, che aveva chiesto a Giorgia Meloni di prendere una posizione chiara sul 25 aprile e sui rapporti con il fascismo, si è detto soddisfatto dalla lettera della presidente del Consiglio. “Ha accolto il mio invito nella sostanza”, ha detto al Corriere della Sera.
A cura di Luca Pons
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Non ha parlato di antifascismo, Giorgia Meloni, nella lettera che per il 25 aprile ha inviato al Corriere della Sera. Ha detto detto però, tra le altre cose, che il fascismo aveva calpestato i "valori democratici", che la destra è "incompatibile con qualunque nostalgia del fascismo" da trent'anni, facendo riferimento alla svolta di Fiuggi con cui nacque nel 1995 Alleanza nazionale. Per Gianfranco Fini, fondatore di An che aveva invitato nei giorni scorsi la presidente del Consiglio a definirsi antifascista ("non capisco la ritrosia a pronunciare questo aggettivo. La capisco ma non la giustifico"), è stato sufficiente: "Il mio invito a Meloni a definirsi antifascista non è stato accolto alla lettera: nel lessico, non cita l’antifascismo. Ma è stato accolto nella sostanza, nei valori richiamati e nei riferimenti alla destra del dopoguerra".

Intervistato dal Corriere, Fini ha difeso anche la scelta di Meloni di parlare di "festa della Libertà" citando la proposta fatta nel 2009 da Berlusconi, per "superare le lacerazioni del passato". "È ovvio che se oggi possiamo festeggiare il 25 aprile come festa della libertà è solo perché gli italiani sono tornati liberi con la fine del regime fascista", ha spiegato Fini.

L'ex presidente della Camera ha detto anche di aver apprezzato "l’auspicio che la celebrazione del 25 aprile non sia più strumentalmente utilizzata per stilare la lista ‘dei buoni e dei cattivi', non già, come è giusto, in ragione del giudizio sul fascismo e sulla Resistenza, bensì in ragione della contrapposizione politica tra destra e sinistra".

E lo stesso Fini ha ribadito che tra i partigiani "non tutti gli antifascisti credevano nella democrazia liberale. Una parte guardava all’Urss come riferimento politico e culturale. E non si tratta di mistificazione". Un punto caro agli ambienti di destra, quello dei partigiani comunisti che ‘non volevano la democrazia', e che la stessa Meloni ha ribadito nella sua lettera scrivendo che "princìpi e regole della nostra nascente democrazia liberale" erano un "esito non unanimemente auspicato da tutte le componenti della Resistenza".

Dato che però oggi "fortunatamente nessuno indica più il comunismo come modello e che a destra si è tagliato ogni legame, anche di carattere nostalgico, con il fascismo", secondo Gianfranco Fini "non si può continuare a sostenere che l’antifascismo è autentico solo quando è di sinistra, e che la destra non lo è perché non pronuncia mai nemmeno la parola". E non aver mai pronunciato il termine, per Fini, è poco importante perché oltre alle parole ci sono "i gesti simbolici", come l'incontro di Meloni con la partigiana Paola Del Din: questo è stato "la concreta, fisica dimostrazione di credere davvero nel valore supremo della libertà e di onorare coloro che rischiarono la vita per restituirla al nostro popolo".

L'invito di Fini alla presidente del Consiglio aveva scatenato reazioni a destra, con il ministro Lollobrigida che aveva detto che "ognuno dovrebbe sapere qual è il suo tempo". A questo Fini ha risposto: "Spero che si ricredano quelli che a destra hanno visto nelle mie parole la volontà di mettere in difficoltà Giorgia Meloni. Intendevo solo contribuire a fare chiarezza sul rapporto attuale della destra, Fratelli d’Italia, con la Liberazione. Meloni ha dato una risposta inequivocabile, ne sono lieto".

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