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Elezioni comunali a Torino, quanto pesano gli attriti tra 5 Stelle e PD in vista di un ballottaggio

A Torino le tensioni locali tra PD e Movimento 5 Stelle sembrano escludere possibili apparentamenti in caso di ballottaggio alle elezioni comunali. Il leader pentastellato Giuseppe Conte confida che il Movimento possa accedere al secondo turno e dice che a quel punto “il problema sarà del Pd che dovrà decidere se appoggiarci o meno”.
A cura di Giuseppe Pastore
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Non sarà la capitale, ma Torino proprio come Roma nel 2016 ha conosciuto un exploit del Movimento 5 Stelle con la vittoria di Chiara Appendino e di Virginia Raggi. Sono passati 5 anni da allora e oggi, tanto sotto la Mole quanto al Campidoglio, i pentastellati scontano un calo di consenso che al massimo potrà restituire loro il ruolo di ago della bilancia in caso di ballottaggio alle elezioni comunali 2021. Il punto però è proprio capire quante possibilità ci siano per il Movimento 5 Stelle di fare apparentamenti nelle grandi città. "Confidiamo di andare noi al ballottaggio", ha detto il leader del Movimento Giuseppe Conte presentando ai torinesi, insieme alla sindaca uscente Chiara Appendino, la candidatura di Valentina Sganga. Torino è senza dubbio un caso interessante di come gli attriti a livello locale possano avere la meglio anche su ciò che a livello nazionale sembrerebbe scontato. "Il problema si porrà per il Pd: andremo noi al ballottaggio e il Pd deciderà se appoggiarci o meno", ha aggiunto Conte da piazza Solferino. Una previsione che appare difficile a guardare gli ultimi sondaggi che davano Sganga sotto il 10% e proiettavano verso un testa a testa al primo turno tra Paolo Damilano (centrodestra) e Stefano Lo Russo (centrosinistra).

L'accordo mancato a Torino per le amministrative

Il problema, quindi, non sarà solo del PD, come ha asserito Giuseppe Conte, ma anche del Movimento 5 Stelle che, stando alle percentuali, avrebbe ben poche speranze di arrivare al secondo turno del 17 e 18 ottobre. Le amministrative sono un giro di boa importante tanto per la leadership nella coalizione di centrodestra, quanto per saldare l'intesa nazionale tra PD e M5S. E il banco di prova saranno proprio i ballottaggi nelle grandi città in cui le due forze di governo corrono divise, come a Torino. Qui, però, è stato lo stesso leader pentastellato ad escludere apparentamenti con i dem: "I cittadini non sono dei pacchi postali che spostiamo da una parte all'altra in fase di ballottaggio", ha dichiarato Conte sbarrando la strada al PD. Eppure, con la mediazione dell'ex sindaco Sergio Chiamparino, un'interlocuzione preliminare tra il Movimento e il Partito Democratico c'era stata, individuando nel rettore del Politecnico di Torino Guido Saracco un possibile candidato comune. Giuseppe Conte lo ha ricordato, parlando in piazza: "Avevamo la possibilità di fare un'alleanza – ha detto – Noi, con grande disponibilità, ci siamo seduti a un tavolo avendo trovato un candidato autorevolissimo". Quel tavolo però non ha prodotto il risultato sperato perché "il PD locale ha fatto un'altra scelta e se ne assume tutte le responsabilità". Il leader pentastellato ha sottolineato la parola "locale", quasi a precisare che a livello nazionale le intenzioni fossero altre, ma gli attriti sul territorio hanno avuto la meglio. Il centrosinistra ha scelto la strada delle primarie e il nome di Lo Russo è stato da subito indigesto al Movimento.

Gli attriti tra M5S e PD pesano alle comunali di Torino

Per comprendere le ragioni di questo attrito bisogna risalire al 2016 e a quell'exploit del Movimento 5 Stelle. La vittoria della pentastellata Chiara Appendino contro il suo principale sfidante Piero Fassino, non fu digerita così bene dal Partito Democratico. Da allora il Pd ha portato avanti strenuamente il suo ruolo all'opposizione, guidato proprio dal capogruppo in Consiglio Stefano Lo Russo che oggi, dopo la vittoria alle primarie di giugno, è il candidato sindaco del centrosinistra. Un nome, più che un partito, che non avrebbe potuto ottenere il consenso del Movimento 5 Stelle torinese per i troppi contrasti che hanno caratterizzato i cinque anni del mandato di Appendino. Così, neanche l'intesa nazionale, nata con il secondo governo Conte e proseguita con Draghi, è riuscita a mettere da parte i dissidi in vista delle elezioni comunali e, probabilmente, la presenza della sindaca uscente in questa campagna elettorale a sostegno di Valentina Sganga non ha fatto altro che irrigidire le possibilità di convergenza che pure sembravano probabili.

Quanto è disponibile il M5S a favorire il centrodestra?

Una faida tutta locale, quindi, che Conte esclude possa essere appianata con un apparentamento in un ipotetico ballottaggio tra Lo Russo e Damilano. Eppure, Torino avrebbe da difendere una storia politica di centrosinistra che il candidato di centrodestra Paolo Damilano potrebbe interrompere bruscamente. L'imprenditore torinese è conosciuto in città per essere stato presidente del Museo del Cinema (dal 2013 al 2018) e per l'attuale guida della Film Commission Torino. Una candidatura nata come civica e poi condivisa da tutto il centrodestra e in particolar modo dalla Lega di Matteo Salvini a cui Damilano è molto vicino. A Torino, probabilmente, il suo è forse il primo nome capace di concedere al centrodestra serie chances di vittoria. La domanda è se davvero, in caso di ballottaggio tra Damilano e Lo Russo, il Movimento 5 Stelle lascerà la partita, aumentando le probabilità che il centrodestra governi la città.

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