È vero che Schlein sulla sanità “mente per fare propaganda” come dice Meloni?

Durante il premier time alla Camera, Elly Schlein ha chiesto a Giorgia Meloni “perché state smantellando la sanità pubblica italiana?”, citando una serie di dati. La presidente del Consiglio ha risposto: “È complesso confrontarsi con chi per fare propaganda è costretto a mentire”. Ma è vero che la segretaria del Pd ha mentito?
A cura di Luca Pons
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L'intervento di Elly Schlein durante il premier time alla Camera è sembrato essere uno di quelli che ha irritato maggiormente Giorgia Meloni, che prendendo la parola dopo la domanda della segretaria del Pd ha subito commentato: "Collega Schlein, penso che sia sempre un po' complesso confrontarsi con qualcuno che per fare propaganda è costretto a mentire, però in fondo è anche per certi versi una buona notizia. Vi rispondo con dei dati".

L'accusa evidentemente è che Schlein abbia mentito nel corso del suo discorso, in cui ha elencato una serie di dati sulla sanità pubblica prima di chiedere a Meloni perché il governo la stia "smantellando". Ma è davvero così? Abbiamo verificato ciò che la leader dem ha detto.

Il numero di infermieri e medici che mancano

"La sanità pubblica è al collasso, liste d'attesa infinite, mancano 65mila infermieri, mancano 30mila medici", ha iniziato Schlein. Due i numeri da controllare: quelli degli infermieri e dei medici che "mancano". Per quanto riguarda i primi, che da poco hanno raccontato a Fanpage.it le difficoltà che la categoria affronta, il dato è una stima fatta dalla fondazione Gimbe. Si tratta del numero di assunzioni che servirebbe per portare l'Italia ad essere in linea con la media europea, per quanto riguarda il numero di infermieri ogni mille abitanti.

Sui medici invece la stima circola da un paio d'anni, l'ha fatta nel maggio 2023 il Forum delle Società scientifiche dei clinici ospedalieri e universitari italiani. Tiene insieme i medici andati all'estero o nel privato, gli specializzandi che servirebbero per sostituire coloro che andranno in pensione nei prossimi anni, e la carenza di medici di famiglia e del Pronto soccorso per raggiungere un buon livello nel rapporto medici/cittadini. Va detto quindi che il dato citato non è molto aggiornato, ma non si può affermare che sia una bugia.

I medici "fuggiti all'estero" e i pazienti costretti a spostarsi

Schlein ha proseguito dicendo che "il personale è stremato, con turni massacranti", cosa che molte associazioni di categoria lamentano da anni. "Molti sono già fuggiti verso il privato, 40mila medici sono già fuggiti all'estero". Questo dato viene direttamente dall'Ordine dei medici, la Fnomceo: si stima che 39mila medici abbiano lasciato il Paese per andare a lavorare altrove tra il 2019 e il 2023, quasi 11mila solo dal 2022 al 2023. Va detto che, come per il numero di medici mancanti, in parte questo risale a prima che il governo Meloni entrasse in carica. Ma le associazioni professionali hanno continuato a lamentare lo stesso problema, e non risulta che la situazione sia migliorata negli ultimi due anni.

"La migrazione sanitaria da Sud a Nord è aumentata", ha detto Schlein, altro dato confermato più volte dalla fondazione Gimbe. La migrazione sanitaria avviene quando una persona deve andare in un'altra Regione per curarsi, e spesso gli spostamenti sono proprio dal Sud al Nord. "L'Istat dice che nel 2023 quattro milioni e mezzo di persone in Italia hanno rinunciato a curarsi, di cui oltre la metà per motivi economici. E sono 600mila in più dell'anno precedente". I numeri, in questo caso, sono corretti e risalgono al 2024.

Lo scontro sulla spesa sanitaria

Poi è arrivato uno dei punto più contestato: la spesa sanitaria. "L'avete portata al minimo storico degli ultimi quindici anni", ha accusato Schlein. Il punto qui è sempre lo stesso su cui la segretaria del Pd e la presidente del Consiglio si sono scontrate più volte: come calcolare la spesa pubblica in sanità.

Schlein considera la spesa in percentuale del Pil. Cioè non quanti miliardi in assoluto l'Italia mette nel Fondo sanitario nazionale, ma quale percentuale del Pil questa spesa rappresenta. Questo è anche il metodo usato dalla gran parte degli economisti. Meloni invece dice che ha portato un aumento record della spesa sanitaria perché ha aumentato i miliardi investiti (136,5), anche se la percentuale del Pil è scesa al 6,4%, che è effettivamente il minimo da anni.

"L'ho sentita rivendicare un record, ma ogni presidente prima di lei poteva dire la stessa cosa", ha detto Schlein mostrando un grafico. È vero che negli ultimi anni, con pochissime eccezioni, la spesa sanitaria è sempre aumentata in termini assoluti. Ma "la spesa sanitaria in tutto il mondo si calcola sul Pil, e con il suo governo è scesa fino al minimo storico", ha insistito Schlein.

Nella sua risposta Meloni ha risposto su questo punto (mentre ha ignorato i precedenti) dicendo: "Il Pd quando è stato al governo non si è mai sognato di fare aumenti come quello che abbiamo fatto noi in questi due anni". E poi ribadendo: "Continuo a ritenere che non ci sia alcun nesso logico tra la crescita economica e la qualità del sistema sanitario. Non è che se l'economia va meglio e quelle risorse incidono in modo diverso rispetto alla ricchezza, cambia lo stato del sistema sanitario".

In questo caso però c'è una falla logica. Il ragionamento di Meloni è: se il Pil aumenta di molto, e la spesa sanitaria resta identica, allora risulterà più bassa in percentuale sul Pil, ma questo non vuol dire che la sanità vada peggio. Peccato che si tratti di parole che non hanno a che fare con la realtà: il Pil italiano non cresce molto in questi, anzi, è tornato ben al di sotto dell'1% di aumento all'anno.

In più, gli economisti guardano alla percentuale del Pil investita in qualcosa perché è un buon modo di capire quanto quella cosa sia importante per il governo. Se il Pil sale, a maggior ragione vuol dire che un governo ha l'opportunità di spendere di più sulla sanità. Se non lo fa per scelta politica, allora la percentuale del Pil resta la stessa o si abbassa. Come è avvenuto, appunto, durante il governo Meloni.

Il "decreto fuffa" sulle liste d'attesa

Infine, Schlein ha attaccato il "decreto fuffa" sulle liste d'attesa, lanciato "a pochi giorni dal voto europeo" lo scorso anno, "senza risorse aggiuntive". Qui Meloni si è difesa dicendo che "oltre alle risorse che sono nel decreto a cui lei faceva riferimento", ce ne sono state anche altre. La presidente del Consiglio ha elencato una serie di altre misure portate avanti dal governo, sulla cui efficacia si può discutere, ma qui il punto è solo capire se Schelin stesse effettivamente mentendo per fare propaganda o se l'accusa di Meloni fosse infondata.

Il decreto liste d'attesa è stato annunciato a giugno 2024. Da allora la sua messa in pratica è stata quasi nulla, cosa per cui Meloni ha incolpato le Regioni. Ma c'erano delle risorse aggiuntive oppure no? La presidente del Consiglio ha suggerito di sì, Schlein ha detto di no. Nel testo si parla di euro da investire solamente in un articolo, quello che riguarda un taglio dell'Irpef sugli straordinari del personale sanitario.

Sommando tutte le spese previste si arriva a circa 580 milioni di euro tra il 2024 e il 2027, e poi circa 165 milioni all'anno da quel momento in poi. Per questa misura fiscale, quindi, erano indicati dei soldi da usare, e dove andarli a prendere. Ma attenzione: la grandissima maggioranza di queste risorse (tutte quelle impiegate dal 2025 in poi) veniva da un fondo già dedicato alla sanità.

Insomma, non sono soldi in più rispetto al previsto: erano già messi da parte per questo scopo. Tutte le altre misure che il governo ha inserito nel decreto (e che Meloni ha anche rivendicato) per migliorare la situazione delle liste d'attesa, invece, non hanno a disposizione nemmeno un euro stando al testo. Anche in questo caso quindi sembra che Schlein non abbia mentito, quando ha detto che non c'erano "risorse aggiuntive".

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