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Docenti pagati di più al Nord, Piccolotti: “Valditara vuole spaccare la scuola, alzi tutti gli stipendi”

Salari differenziati per Regione in base al costo della vita, la proposta di Valditara viene contestata da Sinistra italiana. “Potrebbe avere come conseguenza una fuga degli insegnanti dal Sud verso il Nord, indebolendo ulteriormente un sistema scolastico come quello delle Regioni del Sud, che ha già delle fragilità”, ha detto Elisabetta Piccolotti a Fanpage.it.
A cura di Annalisa Cangemi
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Salari differenziati per Regione in base al costo della vita. Il ministro dell'Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara è stato attaccato per la sua proposta, lanciata ieri, di pagare di più i professori che lavorano nelle zone in cui più alto è il costo della vita, senza comunque toccare il contratto nazionale.

Secondo il titolare di Viale Trastevere la scuola pubblica ha bisogno di nuove forme di finanziamento, anche per coprire gli stipendi degli insegnanti, che potrebbero appunto subire una differenziazione regionale. E per trovare questi soldi Valditara è disposto a ricorrere ai finanziamenti privati, ha spiegato ieri nella piattaforma di dialogo promossa da PwC e gruppo Gedi ‘Italia 2023: persone, lavoro, impresa'.

La proposta di differenziare gli stipendi degli insegnanti tenendo conto del caro vita ha fatto infuriare sindacati e opposizione. Tranne poche eccezioni, come i presidi, secondo cui aumentare gli stipendi al personale scolastico che vive al Nord "è una misura abbastanza sensata", come ha spiegato Mario Rusconi a capo dei presidi di Anp di Roma. Il ministro dopo le critiche ha cercato di aggiustare il tiro, dicendo di non aver mai messo in discussione il contratto nazionale del mondo della scuola, e di non aver mai parlato di compensi diversi fra Nord e Sud: "Ho solo riportato una problematica sollevata da alcune regioni riguardo il differente costo della vita nelle diverse città italiane. Insieme con sindacati e Regioni si ragionerà anche di questo aspetto, per cercare soluzioni adeguate in favore di docenti e personale scolastico".

La deputata dell'Alleanza Verdi Sinistra Elisabetta Piccolotti, che ieri ha presentato alla Camera la proposta di legge si Sinistra italiana per portare l'obbligo scolastico a 18 anni, spiega a Fanpage.it perché l'idea del ministro serve solo a peggiorare la qualità della scuola.

Perché la proposta di Valditara di prevedere una differenziazione regionale per gli stipendi degli insegnanti è sbagliata?

Noi siamo contrari perché siamo fermamente convinti che sia necessario alzare gli stipendi degli insegnanti per raggiungere i livelli della media degli stipendi europei, ma siamo certi che questo debba valere per tutti. Un insegnante fa lo stesso identico lavoro a Palermo e a Milano, e non si capisce per quale motivo per cui un governo nazionalista come quello di Giorgia Meloni dovrebbe pensare di valutare diversamente il lavoro di due insegnanti, solo perché vivono in due città diverse. Il principio fondamentale del diritto del lavoro, stesso lavoro stessa paga, deve essere tutelato e il contratto nazionale difeso. Valditara più che fare queste sparate che mirano a spaccare l'Italia dovrebbe preoccuparsi di come reperire le risorse per aumentare gli stipendi. Naturalmente questa sua proposta, le antiche gabbie salariali che tanto piacciono alla Lega, un partito che vuole scindere l'Italia, potrebbe avere come conseguenza una fuga degli insegnanti dal Sud verso il Nord, indebolendo ulteriormente un sistema scolastico come quello delle Regioni del Sud, che ha già delle fragilità, alle prese con problemi gravissimo come quelli della dispersione scolastica. Nel Meridione al contrario ci sarebbe bisogno di più personale, e anche meglio pagato.

Il ministro ha assicurato di non voler toccare il contratto nazionale del mondo della scuola, e di non aver mai parlato di compensi diversi fra Nord e Sud. Vi convince questa precisazione?

I leghisti e altre forze politiche della sua maggioranza stanno premendo affinché si facciano politiche differenziate tra il Nord e il Sud. Lo stanno facendo con l'autonomia differenziata e lo vogliono fare sulla scuola, spaccandola.

Cosa ne pensa invece della proposta di finanziare la scuola pubblica anche con risorse dei privati?

È chiaro che questa proposta è inaccettabile, perché mette a rischio l'autonomia della comunità educante e la libertà di insegnamento. La scuola è l'infrastruttura pubblica fondamentale del Paese e della sua democrazia. Deve essere pubblica, libera da interessi privati, e deve essere finanziata attraverso la fiscalità generale ed erogata gratuitamente a tutte e tutti dalla nascita fino alla conclusione del percorso di studi all'università. Esattamente il contrario di quello che vuole fare Valditara, e che si manifesta anche in alcune linee di indirizzo della ministra dell'Università: entrambi pensano che sia necessario asservire l'istruzione e al formazione alle imprese. Questo è davvero un rischio, la libertà di ricerca e la libertà di insegnamento devono essere dei pilastri che non si possono toccare.

Valditara nelle scorse settimane ha annunciato l'arrivo del docente tutor, che sarà pagato di più, sempre con fondi del ministero, e nello stesso tempo dice che le risorse vanno cercato nel privato…

Io registro una grande confusione del governo, su tutti i settori. È un continuo stop and go su tante questioni, dalle intercettazioni alle politiche del lavoro e alle accise. Lamentano sempre di non avere risorse, ma questo accade perché si rifiutano di fare una riforma del fisco equa e maggiormente progressiva, che potrebbe farci trovare le risorse per finanziare l'istruzione gratuita, l'aumento degli stipendi degli insegnanti e tanti altri servizi. È paradossale che Valditara dica che non ci sono risorse per la scuola il giorno in cui il ministro della Difesa annuncia nuove spese in armamenti per dieci miliardi. Una vera vergogna. Stanno dicendo al Paese che per le armi le risorse si trovano e per i nostri studenti e per gli insegnanti non si trovano mai.

Pensa possa essere utile la figura del docente tutor?

No, noi pensiamo che non sia la strada giusta quella diversificare i percorsi dei docenti e che invece sia necessario ridurre il numero di alunni per classe e innalzare l'obbligo scolastico. Abbiamo presentato ieri la nostra proposta di legge alla Camera, non è una riforma complessiva della scuola, ma ci sono alcuni punti fondamentali: basta con le classi pollaio, non è più ammissibile che un insegnante debba lavorare in classi con più di 30 ragazzi, perché questo nuoce alla qualità dell'istruzione e della docenza. Chiediamo che ci sia un massimo di 18 alunni in ogni classe. Questo vorrebbe dire che non ci sarebbe più bisogno di docenti tutor, i docenti potrebbero sviluppare una didattica personalizzata e prendersi cura di ogni studente, a seconda delle sue necessità e del suo livello di competenza.

Questo tetto come è stato calcolato?

L'abbiamo calcolato guardando alle esperienze didattiche ed educative. Una classe sopra i 20, in base a molti studi, è una classe difficilmente gestibile da un professore.

Perché l'obbligo scolastico innalzato a 18 anni, ritardando l'ingresso nel mondo del lavoro?

Noi puntiamo a spostare in avanti il momento in cui i ragazzi devono scegliere il percorso della scuola superiore di secondo grado. Perché ci sembra che a 13 anni un ragazzo non sia pronto a capire se vuole avere una formazione di tipo professionale o se vuole iscriversi a un liceo. In quest'ottica pensiamo che sia necessario alzare l'obbligo scolastico perché in questo modo ci prendiamo cura dei giovani per un tempo più lungo, combattiamo la dispersione scolastica ed evitiamo che fuggano verso il lavoro a 16 anni quando ancora non sono maggiorenni, magari per essere gettati in un mercato che è iperprecarizzante e che vede delle vere e proprie paghe da fame. Siamo convinti che la possibilità che lo Stato dà di interrompere il percorso di studi a 16 anni sia sbagliata.

Nella vostra proposta di legge si parla anche di "Zone di educazione prioritaria e solidale". Cosa sono?

È una proposta che si ispira a un modello francese. È un intervento speciale per quei territori in cui la dispersione scolastica è particolarmente alta, e serve a fare in modo che l'abbandono scolastico possa essere combattuto attraverso un rapporto più stretto tra insegnanti e studenti – infatti abbassiamo ulteriormente a 15 il numero massimo di alunni per classe – e poi prevediamo che si possano fare una serie di progetti speciali orientati ad accompagnare i ragazzi verso una scuola dell'inclusione. Inoltre, non solo in queste zone, ma anche in tutta Italia, prevediamo l'ampliamento del tempo scuola, attraverso un tempo pieno e un tempo prolungato, in tutto il ciclo scolastico, perché è bene non lasciare i ragazzi per troppo tempo da soli a casa, soprattutto nelle zone in cui ci sono grandi problemi sociali, ed è bene che la comunità educante si prenda carico di questi ragazzi a tutto tondo, con attività pomeridiane e progetti innovativi.

In più dedicate un articolo della proposta alla fascia 0-6 anni. In che modo intendete occuparvene?

Chiediamo che gli asili nido e le scuole materne non siano più un servizio a domanda individuale, ma che facciano a pieno titolo parte del sistema di istruzione, e che quindi sia garantito il posto a tutti coloro che vogliono iscrivere il proprio bambino, e che le rette siano completamente gratuite. Purtroppo siamo lontani da una situazione di questo tipo. È uscito ieri uno studio di Openpolis, che dimostra come in tanti Comuni d'Italia si sia lontanissimi dall'obiettivo di coprire almeno il 45% dei bambini con un posto all'asilo nido. Non abbiamo raggiunto nemmeno l'obiettivo europeo del 33%, che era il traguardo precedente. Ci sono intere Regioni del Sud dove si arriva più o meno al 15%. Siamo in una situazione gravissima, bisogna costruire un ruolo più forte dello Stato, perché è chiaro a tutti che i Comuni non stanno riuscendo a svolgere questa funzione.

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