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Dj Fabo, giudici non decidono per Cappato: ora dovrà valutare la Consulta

La Corte d’Assise di Milano ha emesso la sentenza per Marco Cappato, rinviato a giudizio per aver aiutato Dj Fabo a porre fine alla sua vita, accompagnandolo in Svizzera. I giudici hanno deciso di trasmettere gli atti alla Consulta affinché valuti la legittimità costituzionale del reato di aiuto al suicidio.
A cura di Annalisa Cangemi
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È arrivata la decisione dei giudici della Corte d'Assise per il processo a carico di Marco Cappato, l’esponente radicale e tesoriere dell'Associazione Luca Coscioni, accusato di aiuto al suicidio per aver fornito un "aiuto concreto" a Fabiano Antoniani, il 40enne milanese noto come dj Fabo. I giudici, dopo l'udienza di questa mattina hanno deciso di trasmettere gli atti alla Consulta, affinché valuti la legittimità costituzionale del reato contestato. Quindi nessuna sentenza di condanna o assoluzione, come aveva chiesto la Procura. All'individuo va "riconosciuta la libertà" di decidere "come e quando morire" in forza di principi costituzionali, ed è questo il passaggio dell'ordinanza letta per oltre un'ora dalla Corte. Un'ordinanza che il procuratore aggiunto Tiziana Siciliano considera "di straordinaria completezza e impeccabile" dal punto di vista giuridico. Così Per i giudici, in sostanza, Marco Cappato non ha rafforzato il proposito suicidiario e hanno sottolineato che la parte della norma che punisce l'agevolazione al suicidio, senza influenza sulla volontà dell'altra persona, è costituzionalmente illegittima.

La morte di Dj Fabo è avvenuta in una clinica svizzera, la "Dignitas" col suicidio assistito il 27 febbraio dello scorso anno. Antoniani, 40 anni, cieco e paralizzato dopo un incidente stradale, secondo il procuratore aggiunto Tiziana Siciliano e il pm Sara Arduini, aveva diritto a scegliere una morte dignitosa e se avesse potuto "muoversi liberamente per trenta secondi" avrebbe messo fine alle sue sofferenze da solo. Cappato, per i pm, lo aiutò nell'esercizio di quel diritto.

I giudici (due togati e sei popolari) sono entrati in camera di consiglio. Nell'aula, oltre all'esponente dei Radicali, assistito dai legali Massimo Rossi e Francesco Di Paola, era presente, come a tutte le udienze, Valeria Imbrogno, fidanzata di Fabo, oltre a molto pubblico, tanti cronisti, operatori tv e fotografi.

Cappato, che si autodenunciò ai carabinieri di Milano il giorno dopo la morte di dj Fabo (da lì partì l'indagine), sempre secondo la Procura, lo aiutò, accompagnandolo in macchina dal capoluogo lombardo in Svizzera, nell'esercizio di quel "diritto alla dignità della morte", che non è un "diritto al suicidio". Per il tesoriere dell'Associazione Luca Coscioni, tra l'altro, i pm avevano già chiesto l'archiviazione, ma fu il gip Luigi Gargiulo, il 10 luglio scorso, a disporre l'imputazione coatta spiegando che Cappato avrebbe addirittura "rafforzato" il proposito di suicidio di Antoniani. Il processo era partito lo scorso 8 novembre. Nel corso del dibattimento ci sono stati molti momenti toccanti, come la proiezione in aula dell'intervista che Fabo rilasciò a "Le Iene" un paio di settimane prima di andare, accompagnato in auto da Cappato, nella struttura vicino a Zurigo: "Andrò via col sorriso perché vivo nel dolore", diceva Antoniani prima di essere colpito da una delle tante crisi respiratorie.

Oltre alla tesi dell'aiuto nell'esercizio di un diritto, i pm nella requisitoria dello scorso 17 gennaio avevano anche evidenziato come Cappato non avesse "avuto alcun ruolo nella fase esecutiva del suicidio assistito di Fabiano e non ha nemmeno rafforzato la sua volontà di morire". I pm hanno chiesto l'invio degli atti alla Consulta, mentre nelle ultime dichiarazioni in aula l'esponente dei Radicali aveva spiegato: "Piuttosto che essere assolto per un aiuto giudicato irrilevante, mentre è stato determinante, preferirei essere condannato". La difesa di Cappato aveva chiesto l'assoluzione "perché il fatto non costituisce reato" anche perché, come ha detto l'Associazione Luca Coscioni, avrebbe rappresentato "una sentenza storica, che andrebbe a creare un precedente giurisprudenziale perché aprirebbe la strada all'assistenza medica a una morte volontaria senza sofferenze anche nel nostro Paese, senza bisogno di dover andare in Svizzera".

Cappato commenta la sentenza

"Aiutare Fabo a morire era un mio dovere, la Corte costituzionale stabilirà se questo era anche un suo diritto oltre che un mio diritto". Così Marco Cappato ha commentato l'ordinanza con della Corte d'Assise di Milano. L'esponente dei Radicali si è detto "grato" ai giudici per avere "riconosciuto che non c'è stata alcuna alterazione della volontà di Fabiano Antoniani". "Continuerò a rivendicare questo aiuto in ogni sede". Anche la fidanzata di dj Fabo, Valeria Imbrogno, ha detto di essere molto felice: "È una vittoria non solo per Fabo, ma per tutti". La Imbrogno, dopo la lettura dell'ordinanza, ha abbracciato Cappato, e ha ringraziato quanti hanno "lavorato duramente e profondamente in questi mesi".

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