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Di Maio: “Fedeli ai legami euroatlantici, ma dobbiamo dialogare con la Russia”

Luigi Di Maio in audizione alle Commissioni di Camera e Senato sulle linee programmatiche della Farnesina ha annunciato il rientro dei soldati italiani feriti in Iraq e ha poi parlato dei legami euroatlantici, a cui l’Italia rimane fedele, pur guardando oltre, per esempio alla Russia: “Non vogliamo rinunciare ai legami tradizionalmente positivi che abbiamo con altri attori internazionali”.
A cura di Francesco Di Blasi
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"Oggi pomeriggio rientreranno i militari italiani feriti nell'attentato in Iraq rivendicato da Daesh", così Luigi Di Maio in audizione alle Commissioni di Camera e Senato sulle linee programmatiche della Farnesina. Ad audizione conclusa, il ministro degli Esteri ha fatto sapere che si sarebbe diretto a Ciampino, dove ad aspettare i militari feriti c'era anche il ministro della Difesa Lorenzo Guerini. La decisione del rimpatrio è stata presa dopo che i medici italiani hanno valutato le condizioni dei soldati in Iraq. I militari, alcuni dei quali hanno subito ferite gravi, saranno trasferiti successivamente presso l'ospedale del Celio di Roma. Il ministro degli Esteri prima di lasciare l'audizione ha colto l'occasione per ribadire la "vicinanza del governo per i militari italiani all'estero per rischiano la vita ogni giorno".

Di Maio ha parlato anche delle alleanze di Roma: "Non mettiamo in discussione la collocazione euroatlantica dell'Italia, ma non vogliamo rinunciare ai legami tradizionalmente positivi che abbiamo con altri attori internazionali. Ciò vale per la Federazione russa, con cui intendiamo continuare a sviluppare relazioni bilaterali tradizionalmente intense in campo economico, politico-culturale e a livello di società". Un'apertura a Mosca che, dunque, non mette in discussione i rapporti con gli Stati Uniti e l'Europa. Secondo il ministro degli Esteri, "a fronte delle complesse crisi regionali, non possiamo ignorare il ruolo di Mosca: pensiamo alla Siria, alla Libia, al Venezuela, all'Iran, per non parlare dell'Ucraina e dei conflitti protratti in Europa orientale. Ciò vale anche per le sfide globali, quali la lotta al terrorismo e alla criminalità organizzata".

Migranti, il regolamento di Dublino e il Memorandum

A Montecitorio Di Maio è anche tornato a parlare della questione migranti, facendo sapere che l'Italia si muove a più livelli per affrontare il fenomeno. Il ministro degli Esteri ha ribadito l'intenzione di voler lavorare con la nuova Commissione Ue per riformare il regolamento di Dublino. Sul tema ha però specificato che la collaborazione con l'Africa è ritenuta centrale per l'Italia, che per questo ha organizzato una riunione fissata ai primi di dicembre a cui parteciperanno i paesi vicini della Libia, come Tunisia, Algeria e Marocco. Questi paesi, ha specificato Di Maio, non sono stati invitati alla conferenza di Berlino dove si discuterà della situazione in Libia e per questo la riunione che si terrà a Roma sarà particolarmente importante per "la gestione comune e coordinata dei flussi migratori". Di Maio si è soffermato anche sul Memorandum con la Libia: "A proposito del tema migratorio, segnalo che lo scorso primo novembre l'ambasciata italiana a Tripoli, su mia istruzione, ha formalmente proposto alle autorità libiche la convocazione di una riunione della commissione congiunta italo-libica al fine di concordare un miglioramento del Memorandum d'intesa del 2017. La Libia è stata al centro anche dell'incontro che ho avuto sabato scorso con il ministro tedesco Maas".

Il caso Regeni, le parole di Luigi Di Maio

Il capo politico del Movimento Cinque Stelle durante l'interrogazione è anche tornato sul contenzioso ancora in corso con l’Egitto per il caso Regeni. "Abbiamo preso atto della lettera della procura del Cairo. Non possiamo accettare che non ci sia la massima collaborazione e quindi auspichiamo un incontro al più presto tra le due procure, che non si vedono da un anno". Il commento di Luigi Di Maio sulla questione si riferisce alla lettera inviata dalla procura del Cairo circa tre settimane fa con cui si esprimeva la volontà di fare progressi nel campo della cooperazione giudiziaria tra Roma e Il Cairo nelle indagini sul caso Regeni.

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