D’Alema, “Se me lo chiedono i cittadini mi candido. Ma ora non possiamo allearci col Pd”

L'alleanza con il Pd non la vede possibile in questo momento Massimo D'Alema, ma precisa che non si tratta di una presa di posizione in assoluto: "Non ci sono, oggi, le condizioni politiche e programmatiche per presentarci insieme alle elezioni. Gli elettori non ci capirebbero e l'esito potrebbe essere disastroso. Tuttavia non credo affatto che si debba rinunciare in prospettiva ad un dialogo con il PD per dar vita, in futuro, a un centrosinistra radicalmente innovativo". Questo il contenuto di una lettera che D'Alema ha inviato al direttore del Corriere della Sera in merito all'intervista rilasciata ad Aldo Cazzullo, in cui l'ex premier si è lamentato della semplificazione del suo pensiero, a suo avviso travisato: sul Corriere il titolo del pezzo recitava "Mai con il Pd".
D'Alema le primarie le vuole. È un dato incontrovertibile, ma si aspetta il 19 novembre per sapere qualcosa di più del nuovo partito: "Verranno eletti i delegati per l'assemblea nazionale che sceglierà programma, nome e simbolo, con cui ci presenteremo alle elezioni". Ma sulla decisione di cedere il posto di candidato premier all'ex sindaco di Milano Giuliano Pisapia, così come è stato deciso dopo il primo incontro tra Mdp e Campo Progressista, D'Alema non è convinto, e pensa piuttosto che la scelta debba toccare ai cittadini. La necessità politica lo richiama nell'agone, e per questo si sarebbe dimesso da presidente della fondazione dei socialisti europei, lui che dal Parlamento è andato via di sua iniziativa. Ma se gli elettori lo vorranno, se lo corteggiano, D'Alema potrebbe cedere e presentare la sua candidatura. È un D'Alema pacato, che non si sbilancia neanche contro il suo avversario numero uno, Matteo Renzi, verso cui comunque non risparmia la stoccata: "Renzi è in difficoltà e a me piace prendermela con i potenti non con chi è in difficoltà". E paragona il suo rapporto con Renzi alla posizione che assunse con Craxi, quando negoziò per lui con la Procura di Milano perché non lo arrestassero, affinché tornasse in Italia per curarsi.
Ma su Pisapia l'ex premier spende parole incoraggianti, lo vede come un buon leader, ma pensa che dovrebbe "esporsi di più", per agevolare il processo unitario della sinistra. Quella stessa sinistra che la scissione di Mdp dal Pd ha contribuito a smembrare, gli fa notare Cazzullo. Ma l'ex premier ribatte che la sconfitta del Pd era cominciata già prima della scissione, con la debacle elettorale alle amministrative a Roma e a Torino, dove il M5S ha piazzato Raggi e Appendino.
In Sicilia D'Alema appoggia Claudio Fava per il 5 novembre, il vicepresidente dell'Antimafia, quindi non un'emanazione di un partito, ma più un'espressione dei movimenti. "Non sono diventato movimentista – spiega – Vorrei che nascesse un nuovo, moderno partito a sinistra. Non c'è dubbio che la forma del partito tradizionale sia in crisi e si debbano trovare nuovi modi di partecipazione. Claudio Fava non ha una storia gruppettara. Era il segretario regionale dei Ds con Veltroni. L'hanno candidato i siciliani, e prenderà più voti delle sue liste".
Sulla legge elettorale, il Rosatellum bis, D'Alema dice che danneggerebbe non solo Mdp e M5S, ma nuocerebbe anche al Pd, favorendo un centrodestra guidato dalla Lega Nord. E per questo D'Alema trova irresponsabile che a Mdp si chiedano i voto per farla passare. lui preferirebbe un sistema proporzionale, "che restituisca il quadro reale del Paese", perché trova intollerabile una legge elettorale che preveda la nomina dei parlamentari da parte dei partiti.
Sulle politiche in Libia adottate dal ministro Minniti, D'Alema è inflessibile, il suo giudizio è critico: parla di "respingimenti collettivi", anche di persone che avrebbero avuto il diritto di essere accolti, lasciandolo nelle mani di criminali libici, in campi di detenzione in cui subiscono stupri e violenze.
Sulla crisi della sinistra in Europa D'Alema minimizza l'esperienza tedesca: lì a suo avviso si è consumato un divorzio dovuto a stanchezza per la grande coalizione. Ma osserva che in altri Paesi europei si afferma una sinistra più radicale, e cita Mélenchon in Francia, Podemos in Spagnam Corbyn in Inghilterra, segno che il punto debole sono stati proprio i socialisti, "che non sono stati in grado di presentarsi come una forza alternativa alla visione liberista dominante".