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Covid 19

Covid, governo vara l’indennità di professione per infermieri: aumento di soli 2 euro al giorno

Per la prima volta è stata riconosciuta un’indennità di specificità infermieristica, con uno stanziamento in manovra di 335 milioni di euro. Nicola Draoli, consigliere della Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche a Fanpage.it: “Buona notizia. Resta però l’enorme squilibrio esistente con gli aumenti previsti per la dirigenza”.
A cura di Annalisa Cangemi
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L’indennità di specificità infermieristica prevista dalla manovra di Bilancio 2021 è una buona notizia per i lavoratori del settore, che si sono visti riconoscere finalmente una loro peculiare professionalità, in un momento in cui il loro contributo si è dimostrato fondamentale per il sistema sanitario, sia nella prima fase dell'emergenza sanitaria, sia ora che gli ospedali sono al collasso in tutta Italia per la seconda ondata del virus.

Nella parte legge di Bilancio che riguarda appunto il comparto sanità, all'articolo dal titolo ‘Disposizioni in materia di retribuzione degli infermieri del Servizio sanitario nazionale', si legge: "Con l’obiettivo di riconoscere e valorizzare il ruolo strategico degli infermieri dipendenti dalle aziende e dagli enti del Servizio sanitario nazionale, reso ancor più evidente durante la pandemia da Covid-19, la norma prevede, nell’ambito della contrattazione collettiva nazionale del triennio 2019- 2021 relativa al comparto sanità, il riconoscimento di una indennità di specificità infermieristica, quale parte del trattamento economico fondamentale".

In pratica vengono stanziati per l'indennità infermieristica 335 milioni, da suddividere per 278mila infermieri e infermieri pediatrici che operano in Italia nel settore pubblico. Secondo i primi calcoli si parla si un aumento lordo annuo in busta paga per ogni infermiere di 1205 euro, che spalmati su 13 mensilità equivalgono a circa 90 euro mensili lordi in più (circa 62 euro di incremento netto al mese). I sindacati hanno calcolato un netto giornaliero in più di appena 2 euro. Una cifra che sembra comunque irrisoria, davanti alla fatica e all'esposizione di questi lavoratori, in prima linea nei reparti Covid.

Un aumento in busta paga basso, soprattutto se comparato all'incremento dell'indennità di esclusività, riconosciuta alla dirigenza sanitaria (psicologi chimici, fisici, biologi) e alla dirigenza medica e veterinaria, con uno stanziamento in manovra di 500 milioni: l'indennità in questo caso è stata incrementata del 27% all'anno, a partire dal 1 gennaio 2021. Un dislivello notevole tra le professioni sanitarie. Abbiamo chiesto il parere della Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche (FNOPI).

"Il fatto che ci sia adesso un'indennità che riguarda esclusivamente gli infermieri secondo noi è un bellissimo segnale da un punto di vista concettuale – ha detto il consigliere nazionale di FNOPI Nicola Draoli, contattato da Fanpage.it – perché riconosce un impegno, che questa pandemia ha messo in luce, ma che naturalmente esisteva da prima. Non bisogna aver paura di dire che la professione infermieristica ha avuto e sta avendo un ruolo che non è sostituibile. È stata la professione che ha rappresentato lo scudo principale contro il Covid, sia negli ospedali sia sul territorio, grazie alla capacità degli infermieri di mettersi in gioco, di adattarsi, di spendersi. Tutta la filiera della professione infermieristica sta dimostrando di reggere l'urto".

"Quello che ci lascia invece perplessi, e che speriamo possa essere oggetto di modifica, è però l'enorme squilibrio esistente con gli aumenti previsti per la dirigenza. Si parla in questo caso di 500 milioni legati a una percentuale del loro stipendio, invece il nostro incremento è legato al contratto. E questo secondo noi dovrebbe essere rivisto, per una questione di equità –  ha detto Draoli – Partiamo dal presupposto che gli stipendi degli infermieri italiani sono i più bassi d'Europa. Prima di questa pandemia tanti colleghi italiani sono andati all'estero, soprattutto nei paesi anglosassoni. Hanno una preparazione invidiabile, formati nelle nostre università, e vengono poi assunti poi fuori dall'Italia".

Come se non bastasse esiste una forte disparità nel trattamento economico tra gli infermieri che lavorano nel privato e quelli che lavorano nel pubblico. "Ora il contratto privato è stato rivisto, ma è indubbio che il sistema privato sia ancora oggi più debole di quello pubblico. E anche questo deve cambiare, se non vogliamo infermieri di serie A e infermieri di serie B", ha detto il consigliere di FNOPI. Non può passare inosservato il grido d'allarme delle Rsa, che lamentano la carenza di personale. "Ma è ovvio che gli infermieri in questo momento scelgono il sistema pubblico, quindi bisogna lavorare anche per rendere i servizi privati attrattivi, non solo economicamente, anche dal punto di vista delle condizioni professionali", ha concluso Draoli.

Le 8 richieste degli infermieri al governo

FNOPI ha scritto una lettera a la presidente del Consiglio Giuseppe Conte, al ministro della Salute Roberto Speranza, al presidente della Conferenza delle Regioni Stefano Bonaccini, con otto richieste che riguardano la categoria:

  • Un‘area contrattuale infermieristica che riconosca peculiarità, competenza e indispensabilità ormai evidenti di una categoria che rappresenta oltre il 41% delle forze del Servizio sanitario nazionale e oltre il 61% degli organici delle professioni sanitarie.

  • Una indennità infermieristica che, al pari di quella già riconosciuta per altre professioni sanitarie della dirigenza, sia parte del trattamento economico fondamentale, non una “una tantum” e riconosca e valorizzi sul piano economico le profonde differenze rispetto alle altre professioni, sempre esistite, ma rese evidenti proprio da COVID-19.

  • Garanzie sull’adeguamento dei fondi contrattuali e possibilità di un loro utilizzo per un’indennità specifica e dignitosa per tutti i professionisti che assistono pazienti con un rischio infettivo.

  • Garanzie di un adeguamento della normativa sul riconoscimento della malattia professionale in caso di infezione con o senza esiti temporanei o permanenti.

  • Immediato adeguamento delle dotazioni organiche con l’aggiornamento altrettanto immediato della programmazione degli accessi universitari: gli infermieri non bastano, ne mancano 53mila ma gli Atenei puntano ogni anno al ribasso.

  • Aggiornamento della normativa sull’accesso alla direzione delle aziende di servizi alla persona: siamo sul territorio, dove l’emergenza ha dimostrato che non è possibile prescindere da una competenza sanitaria di tipo assistenziale a garanzia degli ospiti. Come nelle RSA ad esempio dove da ieri si stanno destinando proprio infermieri, quelli del contingente dei 500 volontari scelti dalla Protezione civile, ma anche a domicilio con cronici, anziani, non autosufficienti e così via.

  • E per questo – è la settima richiesta – dare anche agli infermieri pubblici – superando il vincolo di esclusività, un’intramoenia infermieristica già scritta anche in alcuni Ddl fermi in Parlamento che gli consenta di prestare attività professionale a favore di strutture sociosanitarie (RSA, case di riposo, strutture residenziali, riabilitative…), per far fronte alla gravissima carenza di personale infermieristico di queste strutture. Applicando anche nel caso la legge 1 del 2002) di 18 anni fa quindi) che prevedeva prestazioni aggiuntive e possibilità che altro non sono se non il richiamo in servizio di pensionati e contratti a tempo determinato utilizzati una tantum (ma indispensabili a quanto pare) per COVID-19.

  • Tutte le novità chieste per il servizio pubblico dovranno servire anche per accreditare e autorizzare le strutture private dove dovranno essere inserite e previste a questo scopo.

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