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Cos’è il Golden power e cosa c’entra con la cessione di Netco da Tim a Kkr

Tim ha approvato la vendita di Netco al fondo Kkr, operazione su cui il governo italiano aveva deciso di esercitare il Golden power: il Mef, tramite Cassa depositi e prestiti, resterà azionista di minoranza.
A cura di Tommaso Coluzzi
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Il Consiglio di amministrazione di Tim ha votato ieri nel tardo pomeriggio, approvando la vendita di Netco al fondo americano Kkr. Non è una sorpresa, o meglio lo parzialmente è nei modi e nei tempi, ma l'accordo sulla vendita era sostanzialmente chiuso da tempo nonostante la distanza nelle visioni dei vari azionisti della compagnia di telecomunicazioni italiana (a partire dalla valutazione economica). Il fondo statunitense ha messo sul piatto 20 miliardi, che potrebbero diventare 22 dopo la fusione con Open Fiber.

Tim ha deciso di vendere per via dei debiti accumulati negli anni. Nel comunicato della stessa compagnia si spiega: "L'operazione consente a Tim di ridurre il proprio indebitamento finanziario di circa 14 miliardi di euro". Il negoziato con il fondo Kkr, che era in corso da giugno, ha riguardato la cessione di Netco, una nuova compagnia che sostanzialmente contiene tutte le infrastrutture di rete di Tim. In questi casi, però, può intervenire il governo italiano, che ha deciso di farlo in estate, con il Golden power.

Introdotto nel 2012, per Golden power si intende la facoltà, da parte dello Stato, di bloccare o intervenire in una determinata trattativa che riguarda in qualche modo l'interesse nazionale. Lo è ad esempio Tim, sia in quanto asset industriale che per la delicata materia che tratta, quella delle telecomunicazioni. Intervenendo, il governo può bloccare una trattativa o porre delle condizioni affinché vada avanti. Quest'estate, l'esecutivo ha deciso di porre come condizione, a Kkr affinché si potesse continuare con l'acquisizione di Netco, che il ministero dell'Economia rimanesse socio di minoranza. Perciò il Mef, attraverso Cassa depositi e prestiti, manterrà il 20% della compagnia che conterrà le infrastrutture di telecomunicazioni italiane, garantendo così che venga tutelato l'interesse nazionale.

In tutto ciò, Vivendi non ha preso bene la decisione del cda di Tim e ha già annunciato un'azione legale: "Ha i suoi diritti e li eserciterà – ha commentato questa mattina il ministro Giorgetti – Il Mef ha partecipato, abbiamo fatto un'offerta e il Consiglio di amministrazione l'ha accettata. Adesso ovviamente gli azionisti hanno i loro diritti, li faranno valere nelle sedi opportune, però il progetto è quello". Insomma, la battaglia comincia, con l'orizzonte del closing fissato all'estate 2024.

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