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Cosa sta succedendo sulle concessioni balneari e perché la Commissione Ue è tornata all’attacco

Dopo la lettera della Commissione Ue si riaccende la questione balneari: il governo Meloni deve trovare una soluzione entro due mesi, altrimenti arriverà una maxi-multa.
A cura di Tommaso Coluzzi
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La Commissione europea sembra aver finito la pazienza nei confronti dell'Italia e ora chiede di risolvere la questione balneari in tempi rapidi e soprattutto certi. È stata una settimana caldissima sul fronte delle concessioni: prima il governo ha chiesto altro tempo, in sostanza, a Bruxelles per trovare una norma condivisa, poi l'Ue ha risposto con una lettera con cui si passa a una nuova fase della procedura d'infrazione aperta ormai anni fa. Il tema è sempre lo stesso: la direttiva Bolkestein prevede che le concessioni balneari siano riassegnate nel corso del tempo attraverso delle gare pubbliche a cui tutti possano partecipare. La concorrenza – nella visione di Bruxelles – favorisce l'economia e permetterebbe anche allo Stato italiano di incassare di più. D'altro canto, le concessioni sono sempre state rinnovate per periodi molto lunghi senza particolari regole, ma un'intera categoria – che ha investito su stabilimenti e strutture – non vuole perdere le proprie attività per via di una nuova messa a gara.

Una situazione molto intricata, difficile venirne a capo. Nel corso degli anni, i vari governi che si sono succeduti in Italia hanno sostanzialmente rimandato il problema. Ma la Commissione Ue ha aperto una procedura d'infrazione e ora chiede risposte, in maniera sempre più pressante. La legge sulla concorrenza dello scorso anno era sembrato un buon punto di partenza, ma poi le cose sono andate diversamente.

Torniamo a questa settimana: martedì pomeriggio si è tenuto un vertice a Palazzo Chigi sulla questione, presieduto dal ministro Fitto. Il risultato è stato chiedere a Bruxelles di mettere a punto una norma condivisa che permetta di dare certezze agli operatori e chiudere la procedura di infrazione. Partendo però da un presupposto: attualmente è assegnato il 33% delle coste italiane, dato che per il governo sta a significare che non c'è scarsità di risorse. Insomma, la soluzione suggerita è che se ne potrebbero bandire di nuove, di concessioni.

La risposta della Commissione Ue non è stata delle migliori: la trattativa prosegue, hanno fatto sapere da Bruxelles, ma intanto al governo italiano è stata recapitata la lettera con il parere motivato che formalizza l'ultima fase della procedura d'infrazione. Ora l'Italia ha due mesi di tempo per conformarsi al parere dell'esecutivo Ue, altrimenti rischia una maxi-multa.

Gli imprenditori protestano e dal governo parla Matteo Salvini: "Non sempre quello che viene chiesto e imposto da Bruxelles è la soluzione migliore. Penso ai balneari – dice il ministro dei Trasporti – Ritengo che il diritto al libero mercato vada contemperato con il rispetto del lavoro, del sacrificio e degli investimenti di migliaia di imprenditori su quelle spiagge e su quelle coste per cinquant'anni".

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