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Cosa sta succedendo alla centrale nucleare di Krško in Slovenia, a 100 km dal confine italiano

In Slovenia si sta discutendo della possibilità di prorogare l’attività della centrale nucleare di Krško per altri 20 anni. Ma gli ambientalisti chiedono di smantellarla: si trova a un centinaio di chilometri dal confine italiano.
A cura di Annalisa Girardi
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Immagine di repertorio
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A circa 100 chilometri dal nostro confine, la centrale nucleare di Krško in Slovenia è in queste settimane al centro di un dibattito che sta coinvolgendo anche gli ambientalisti italiani, che ne chiedono lo smantellamento. L'impianto è stato costruito negli anni Settanta, è in funzione dal 1983 e avrebbe dovuto chiudere i battenti il prossimo anno, nel gennaio 2023. Ma si sta invece discutendo sulla possibilità di tenerlo in funzione per altri vent'anni, cioè fino al 2043. Un tema che, per la vicinanza al nostro territorio, non lascia l'Italia completamente disinteressata: Legambiente ha infatti chiesto al governo di prendere posizioni per la chiusura della centrale, giudicata vecchia e pericolosa.

Il problema non è solo nella struttura di per sé. Bisogna anche considerare che questa è stata costruita in una zona sismica. Nel dicembre 2020 due scosse di terremoto in Croazia avevano fatto arrestare il reattore della centrale e anche se non vennero riportati danni in quell'occasione, il rischio di incidenti a causa di eventi sismici rimane comunque elevato. Ora, a meno di un anno dalla scadenza delle concessioni, gli ambientalisti (ma non solo) spingono il governo italiano a intervenire, dichiarandosi contrario alla possibilità di prolungare di vent'anni le attività della centrale. Ad oggi, però, né il governo né il ministero della Transizione ecologica si sono mai espressi sul tema.

La storia della centrale nucleare di Krško

I lavori iniziarono nel 1975 e nel 1983 la centrale di Krško entrò in funzione. Venne costruita congiuntamente da Slovenia e Croazia, all'epoca entrambe parte dell'ex Jugoslavia. Anche oggi l'impianto è gestito per il 50% dalla società slovena Nuklearna elektrarna Krško (NEK) e per la restante metà da quella croata Hrvatska elektroprivreda (HEP). Dispone di un solo reattore: si tratta di un reattore ad acqua pressurizzata Westinghouse da 696 Megawatt: secondo quanto comunicato dalle due aziende, la centrale fornirebbe circa il un quarto del fabbisogno energetico sloveno e un quinto di quello croato.

Nel momento della sua costruzione, venne prevista una vita operativa della centrale di quarant'anni. Già nel 2015 si iniziò a chiedere un prolungamento dell'attività e l'anno scorso, nel 2021, c'è stata un'ispezione dell'AIEA, l'Agenzia internazionale dell'energia atomica, nell'impianto. Nello stesso anno sono stati fatti i primi lavori di ammodernamento. Ulteriori interventi sono previsti per quest'anno. Sempre l'anno scorso, inoltre, Lubiana ha dato a GEN Energija, l'azienda pubblica energetica slovena, il via libera per costruire un nuovo reattore, da 1.110 Megawatt.

L'appello degli ambientalisti

Ad oggi, però, l'autorizzazione a un prolungamento di vent'anni delle concessioni non è ancora arrivata. E il dibattito è in corso. Secondo Legambiente, che negli ultimi mesi ha lavorato al fianco degli ambientalisti austriaci e sloveni, la centrale nucleare di Krško sarebbe una struttura "vecchia e obsoleta", costruita nei pressi di tre faglie attive, dove potrebbero anche verificarsi terremoti di magnitudo 7 (30 volte l’energia dei terremoti de L’Aquila del 2009, per capirci). Sismologi italiani, francesi e austriaci avrebbero messo nero su bianco come il sito di Krško non sia adatto a ospitare una centrale nucleare, a causa appunto dell'elevato rischio sismico.

"La vicenda della centrale slovena di Krško, ma anche la guerra in corso in Ucraina, dove si trovano quattro centrali in funzione, ci ricordano che con il nucleare non si scherza. Stiamo parlando di una tecnologia insicura dove il rischio di un incidente è sempre dietro l’angolo, soprattutto in area sismica e sistemi di sicurezza inadeguati rispetto alla potenza dei terremoti prevedibili in quell’area. Per questo è importante che anche l’Italia prenda al più presto una posizione ferma e decisa sul caso Krško", ha commentato il presidente nazionale di Legambiente, Stefano Ciafani, lanciando un appello al governo di Mario Draghi. E ricordando al presidente del Consiglio che sul tema, su cui Paesi come l'Austria si sono invece espressi, è stata anche presentata un'interrogazione parlamentare a prima firma Rossella Muroni, a cui lui non ha mai risposto.

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