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Cosa cambia per i centri migranti in Albania dopo la stretta Ue sui rimpatri

Ieri è arrivato l’ok dal Consiglio Ue Affari Interni alla stretta sui rimpatri dei migranti irregolari. Le novità sui Paesi sicuri e i return hubs sono state lette dal governo come un via libera al modello Albania, in attesa del nuovo Patto migrazione e asilo, previsto per giugno. Ma cosa cambierà nel concreto? I centri in Albania potranno finalmente funzionare?
A cura di Giulia Casula
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Ieri è arrivato l'ok dal Consiglio Ue Affari Interni alla stretta sui rimpatri dei migranti irregolari che prevede la semplificazione e l'accelerazione delle procedure e consente ai Paesi membri di istituire hub negli Stati terzi. Le nuove regole contribuiranno a definire l'impianto del Patto migrazione e asilo, che dovrebbe entrare in vigore a giugno 2026. L'approvazione del regolamento è stata letta come un via libera al modello Albania da parte del governo, che per il tramite di Matteo Piantedosi ha fatto sapere che ora i centri sono pronti a ripartire. Ma cosa cambierà nel concreto?

Le novità sull'elenco dei Paesi Sicuri

Le principali novità riguardano la lista dei Paesi di origine sicuri – Bangladesh, Colombia, Egitto, India, Kosovo, Marocco e Tunisia – che consentirà di applicare ai migranti provenienti da questi territori procedure accelerate di frontiera (che prevedono delle garanzie ridotte rispetto a quelle standard). Queste potranno essere seguite anche dai Paesi di transito dei migranti, oltre che alle frontiere Ue. Una mossa che va incontro alle richieste dell'Italia, che proprio da Bangladesh, Egitto e Tunisia, registra un altro numero di arrivi. E che fa dire al governo Meloni di aver vinto la partita contro i giudici, che fino a questo momento avevano bloccato i trattenimenti dei migranti in Albania per l'impossibilità di riconoscere alcuni territori di provenienza come Paesi sicuri.

Ad oggi infatti nessun Paese può essere considerato sicuro se non lo è per l'intera popolazione che vi abita e in ogni porzione di territorio. Recentemente la Corte di Giustizia europea ha stabilito che un governo può designare un Paese  come sicuro tramite decreto legge, ma l'ultima parola spetta ai giudici, che devono poter valutare quella scelta.

Alla lista dei Paesi di origine sicuro fissata dall'Ue si aggiunge il concetto di Paese terzo extra Ue sicuro, che permetterà agli Stati membri di rigettare una domanda d'asilo, senza nemmeno esaminarla, se quest'ultima avrebbe potuto esser presa in carico da un Paese terzo (ritenuto sicuro) in cui il migrante è transitato prima di giungere alla frontiera europea. In questo modo, ad esempio, una richiesta di chi arriva in Italia passando per la Tunisia potrà essere respinta e rimessa al governo tunisino, se quest'ultimo non l'ha esaminata in precedenza.

Le nuove regole sui "return hubs"

Ma la parte del regolamento che ha fatto esultare Palazzo Chigi riguarda soprattutto i cosiddetti return hubs, ovvero la possibilità per gli Stati membri di istituire dei centri in Paesi terzi. Una novità che il governo considera a tutti gli effetti una chance di funzionare per il modello Albania, dopo mesi di stop tra strutture vuote, personale dimezzato e polemiche sulle ingenti spese sostenute per finanziarli e tenerli aperti. "I centri d'Albania si ricandidano con forza ad essere attivi su tutte le funzioni per i quali hanno stato concepiti, quindi i luoghi di trattenimento per l'esercizio delle procedure accelerate di frontiera, ma soprattutto a candidarsi ad essere il primo esempio di quei return hubs che sono citati proprio da uno di questi regolamenti approvati", ha dichiarato ieri Piantedosi.

Quindi da giugno i centri in Albania potranno finalmente essere operativi? Non proprio. In primo luogo gli hub previsti dalle regole europee dovranno essere dei centri destinati a migranti irregolari, già ritenuti tali sul suolo europeo, e non a persone in attesa di una procedura accelerata di frontiera (come invece vorrebbe il governo Meloni). Quindi, se non rispetteranno i paletti che l'Ue si appresta a definire per il funzionamento di tali hub, non è detto che i centri in Albania possano essere riabilitati.

Oltretutto, restano alcuni nodi come quello del diritto alla difesa dei migranti, che deve essere garantito, o come l'obbligo per ogni Paese che aderisce alla Convenzione di Ginevra (Italia inclusa) di esaminare le richieste d'asilo. Aspetto che confliggerebbe con la previsione di "scaricare" la responsabilità delle procedure sui Paesi terzi di transito, anche quando ritenuti sicuri. Insomma, la maggioranza festeggia la "svolta" dell'Ue, ma resta da vedere se il nuovo Patto migrazione e asilo permetterà a Meloni di tener fede alla parola data e mantenere le sue promesse, finora rimaste irrealizzate.

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