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Coronavirus, la proposta: a medici e chirurghi non servirà abilitazione, basterà la laurea

Una nuova proposta taglia i tempi di abilitazione alla professione di medico chirurgo per far fronte all’emergenza coronavirus: una proposta che “è finalizzata a superare il meccanismo dell’abilitazione all’esercizio professionale per i laureati in medicina e chirurgia attraverso l’esame di Stato”. Basterebbe quindi la laurea magistrale in Medicina e Chirurgia e l’acquisizione del giudizio di idoneità.
A cura di Annalisa Girardi
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Dopo il decreto legge sull'assunzione di medici specializzandi entrato in vigore lo scorso 9 marzo 2020, insieme al decreto "Io resto a casa" contro la diffusione del coronavirus, arrivano nuove proposte per quanto riguarda l'abilitazione alla professione di medico-chirurgo dal dipartimento per i rapporti con il Parlamento. "La norma proposta costituisce una misura necessaria e urgente dettata dalle particolari condizioni di sofferenza del Servizio Sanitario Nazionale e, dunque, dalla necessità di poter disporre quanto prima di medici abilitati, nonché dalle oggettive condizioni di difficoltà con le quali verrebbe svolta la prova di esame di abilitazione – da tenersi in data unica su tutto il territorio nazionale – la quale, non a caso, è già stata oggetto di un rinvio in considerazione dello stato emergenziale in cui versa il Paese", si legge nel testo della proposta targata Federico D'Incà.

Secondo il testo presentato il conseguimento della laurea magistrale in Medicina e Chirurgia "abilita all’esercizio della professione di medico-chirurgo, previa acquisizione del giudizio di idoneità". Si legge inoltre che per gli studenti che all'entrata in vigore del decreto risultino iscritti al corso di laurea, "resta ferma la facoltà di concludere gli studi, secondo l’ordinamento didattico previgente, con il conseguimento del solo titolo accademico. In tal caso resta ferma, altresì, la possibilità di conseguire successivamente l’abilitazione all’esercizio della professione di medico-chirurgo". Invece, i candidati della seconda sessione per gli esami di Stato di abilitazione del 2019, che hanno già conseguito l'idoneità, sono abilitati all'esercizio della professione.

La proposta, si legge ancora, "è finalizzata a superare, a regime, il meccanismo dell’abilitazione all’esercizio professionale per i laureati in medicina e chirurgia attraverso l’esame di Stato […] disponendo  che il conseguimento della laurea magistrale a ciclo unico in Medicina e Chirurgia – Classe LM/41 abiliti all’esercizio della professione di Medico Chirurgo previo giudizio di idoneità sui risultati relativi alle competenze dimostrate nel corso del tirocinio pratico-valutativo svolto all’interno del Corso di studi". Secondo quanto si legge nel documento, si tratterebbe di una scelta già oggetto di riflessione da tempo, da quando il tirocinio pratico è stato inserito nel corso di laurea: ancora di più in questa situazione di emergenza si pensa che "l’esame finale di laurea possa ricomprendere già quella valutazione circa la capacità all’esercizio della professione di medico, come peraltro è testimoniato dalla bassissima percentuale di bocciati all’esame d'abilitazione".

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