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Come il Pnrr sta cambiando l’Università e la ricerca: a che punto è l’attuazione del piano

La ministra Messa ha presentato i risultati raggiunti fin qui con l’attuazione del Pnrr per quanto riguarda Università e ricerca. Quasi quattro miliardi e mezzo investiti, cinque centri nazionali, undici ecosistemi dell’innovazione e un obiettivo da raggiungere: avvicinare università e lavoro.
A cura di Tommaso Coluzzi
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Quasi quattro miliardi e mezzo assegnati in sei mei, cinque centri nazionali per la ricerca in filiera, undici "ecosistemi dell'innovazione" territoriali e 49 strutture di ricerca create o rafforzate. L'applicazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza viaggia spedita, come illustrato dalla ministra dell'Università e della ricerca, Maria Cristina Messa, durante una conferenza stampa per fare un bilancio sull'attuazione delle misure. "La ricerca e l’alta formazione in Italia in questi mesi hanno dato una grande risposta, hanno lavorato insieme presentando progetti di altissima qualità tecnico-scientifica riconosciuta dagli esperti stranieri che li hanno valutati", ha spiegato la ministra.

Il sistema italiano "si è mobilitato per dare risposte concrete ai bisogni dei cittadini ed è pronto per accogliere nuove figure e competenze, sia dall'Italia sia dall'estero, oltre che gli investimenti ulteriori per la ricerca che dovessero arrivare". Sono state gettate le basi, anche grazie alle riforme, per un "nuovo sistema di collaborazione tra atenei, enti di ricerca, imprese, istituzioni che creeranno filiere di ricerca, innovazione e trasferimento tecnologico per l’Italia del futuro", ha sottolineato Messa. Insomma, è quel collegamento di cui si parla da anni – e di cui la ministra ha parlato recentemente con Fanpage.it – per indicare uno dei problemi maggiori dell'Università italiana.

Gli investimenti del Pnrr nell'Università e nella ricerca

La ministra ha illustrato gli investimenti fatti in questi mesi, a partire dai cinque centri nazionali realizzati con un investimento da 1,6 miliardi di euro. Si tratta di aggregazioni di università, di enti e organismi pubblici e privati di ricerca, di imprese presenti e distribuite sull’intero territorio nazionale. Le cinque reti di ricerca sono dedicate a cinque aree strategiche per l'Italia: simulazioni, calcolo e analisi dei dati ad alte prestazioni; agritech; sviluppo di terapia genica e farmaci con tecnologia a Rna; mobilità sostenibile; biodiversità. In tutto, in questi progetti, sono coinvolte 55 università italiane e 24 enti di ricerca pubblici e privati, insieme a 65 imprese. Gli investimenti andranno in primis all'assunzione di ricercatori – di cui almeno il 40% donne – ma anche per realizzare e innovare le infrastrutture, sviluppare i programmi e dare il via a iniziative imprenditoriali.

Gli undici ecosistemi, che hanno visto un investimento complessivo di 1,3 miliardi di euro, sono reti di università statali e non statali, enti pubblici di ricerca, enti pubblici territoriali, altri soggetti pubblici e privati altamente qualificati e internazionalmente riconosciuti, e intervengono su aree di specializzazione tecnologica coerenti con le vocazioni industriali e di ricerca del territorio di riferimento. Anche in questo caso promuovendo e rafforzando la collaborazione tra il sistema della ricerca, il sistema produttivo e le istituzioni territoriali. Si va dal Tecnopolo di Roma al Next generation Sardinia. Sono 60 le università italiane coinvolte, 29 gli enti di ricerca e 133 le imprese. L'obiettivo è accelerare la trasforme digitale dei processi produttivi delle imprese in un’ottica di sostenibilità economica e ambientale e di impatto sociale sul territorio.

E infine le infrastrutture di ricerca, per cui sono stati investiti 1,08 miliardi di euro. Parliamo degli impianti, le risorse e i relativi servizi utilizzati dalla comunità scientifica per compiere ricerche nei rispettivi settori.

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