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Ministra Messa a Fanpage: “Università deve collegare meglio al lavoro, ma salari sono troppo bassi”

La ministra dell’Università e della Ricerca, Maria Cristina Messa, fa il punto in un’intervista a Fanpage.it sull’attuazione del Pnrr: “Stiamo facendo molto per i ricercatori – spiega – dobbiamo dare l’opportunità di fare ricerca in Italia, ma anche carriera”. E sul legame tra Università e mondo del lavoro sottolinea: “Bisogna migliorare il collegamento, ma c’è anche un lavoro politico da fare, perché dobbiamo riconoscere che i nostri salari sono troppo bassi, soprattutto quelli di coloro che hanno speso anni nello studio”.
A cura di Tommaso Coluzzi
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L'Università, il lavoro, i salari, le prospettive dei giovani talenti italiani e il Pnrr: una straordinaria possibilità per cambiare la storia della ricerca in Italia. Nell'intervista rilasciata a Fanpage.it la ministra dell'Università e della ricerca, Maria Cristina Messa, fa il punto su tutti questi temi, a partire proprio dall'applicazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza: "Stiamo facendo molto per i ricercatori, in modo particolare stiamo dando loro finanziamenti per fare ricerca sia attraverso i bandi grandi, le grandi filiere, sia attraverso dei bandi individuali o per piccoli gruppi". Parliamo di sei miliardi di euro, oltre ai fondi nazionali. "Stiamo cercando di dare un'opportunità di fare ricerca – spiega la ministra – Analogamente, però, dobbiamo dare anche l'opportunità di carriera". In questo senso va la riforma per mettere ordine nel pre-ruolo: "Modifichiamo l'assegno di ricerca nel contratto di ricerca, come succede all'estero, che è più dignitoso e allo stesso tempo unifichiamo le due figure di ricercatori". Insomma, in questo modo "in sei anni, più quelli ovviamente del dottorato di ricerca e del contratto di ricerca, possono diventare professori associati".

In Parlamento, però, si discute anche della riforma dei tirocini curricolari. La ministra Messa ha le idee chiare: "Se diventa una forma di sfruttamento va assolutamente definito un nuovo approccio". Poi spiega: "A livello universitario abbiamo più tipi di tirocini. Lo stesso Parlamento ha approvato la riforma delle lauree abilitanti. Il punto è che dobbiamo trasferire il tirocinio all'interno del corso di laurea. È un passaggio obbligatorio e fondamentale che dà crediti formativi". Però attenzione: "Fare il tirocinio non vuol dire lavorare né sostituire il lavoro".

Intanto, a proposito di facoltà in cui c'è il tirocinio obbligatorio, è cambiato il test di ingresso a Medicina. Ma non si tratta dell'eliminazione del numero programmato, chiarisce la ministra: "Il test d'ingresso è stato diviso in tanti piccoli test che si fanno nel corso del quarto e quinto anno delle scuole superiori, e per entrare bisogna avere un punteggio alto a questi test, che però sono ripetuti nel tempo e sono sia di apprendimento che di orientamento". C'è però un altro tema che fa sempre discutere quando si parla di medicina, ovvero la carenza di borse di specializzazione: "Se guardiamo quante borse sono state date negli ultimi tre anni vediamo che c'è stato un picco l'anno scorso in cui siamo arrivati a 17.500. Ma non sono state assegnate tutte – spiega Messa – Ne rimangono vuote soprattutto in emergenza e urgenza, ma anche in anestesia e rianimazione". Insomma, "a questo punto le borse ci sono", spiega ancora la ministra. Saranno 12mila l'anno, e considerando i circa 13mila laureati l'anno in medicina vuol dire che "siamo in linea".

Nel frattempo, però, l'Università continua ad avere un problema enorme: l'alto numero di studenti che si laureano e non riescono a trovare lavoro. "Il ruolo dell'Università deve essere quello di saper orientare meglio e collegarsi di più al mondo del lavoro – spiega la ministra – Lo si fa in parte, alcune aree più delle altre". E racconta: "Siamo partiti dalla mia generazione, in cui l'Università era completamente avulsa dal mercato del lavoro. Nel senso che doveva dare una formazione, punto. Poi sarebbe stata la società a dover decidere cosa farne". Ma oggi non è più così: "Ci deve essere un ruolo proattivo delle università nel collegarsi al mondo del lavoro, che vuol dire riuscire a stringere una relazione per aiutare i propri studenti". Poi però Messa aggiunge: "C'è poi anche un lavoro politico da fare, perché dobbiamo riconoscere che i nostri salari sono troppo bassi, soprattutto quelli di coloro che hanno speso anni nello studio, che hanno una laurea e che potrebbero esercitare una funzione di maggiore responsabilità".

Alla posta dei lettori di Fanpage.it, intanto, continuano ad arrivare testimonianze su testimonianze da parte di persone laureate in difficoltà, che hanno avuto carriere non all'altezza delle proprie ambizioni. È l'esempio di Emiliano, 42 anni e laureato in Giurisprudenza che oggi è tornato a vivere con i genitori nella cameretta in cui stava da bambino perché non trova lavoro: "Mi sento di dire che dobbiamo dare delle potenzialità maggiori – commenta la ministra Messa – Giurisprudenza, ad esempio, oggi richiede sicuramente delle modifiche che portino a un aspetto più pratico della loro attività, perché ci dicono che se non sanno scrivere le sentenze".

Il mondo dell'Università, intanto, è stato scosso dall'inchiesta pubblicata da Repubblica che riporta i virgolettati dei baroni che avrebbero truccato i bandi: si parla di concorsi pilotati, mobbing e un vero e proprio sistema che decide chi viene assunto e chi no. "Queste sono storie che fanno male a tutti – commenta la ministra Messa – fanno male all'università, fanno male al sistema e fanno male all'Italia". Ma c'è anche chi "si comporta bene" e "spero continui a essere la maggioranza". Il governo, però, deve intervenire: "Non siamo molto diversi dagli altri Paesi europei in termini di produzione scientifica – conclude la ministra – Eppure abbiamo un reclutamento che suscita molte più polemiche rispetto a quello che succede al di fuori dall'Italia". Perciò "guardiamo agli esempi stranieri e vediamo di migliorare".

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