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Conflitto Israele-Palestina e in Medio Oriente

Chi è Francesca Albanese, la relatrice Onu colpita dalle sanzioni Usa e nel mirino di Israele

Francesca Albanese è la relatrice speciale dell’Onu sui territori palestinesi occupati dal 2022, ha 48 anni, e da tempo è al centro di attacchi soprattutto da ambienti politici vicini agli Stati Uniti e Israele. Il 9 luglio l’amministrazione Trump ha imposto delle sanzioni nei suoi confronti per il suo ultimo rapporto su Israele e Gaza.
A cura di Luca Pons
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Francesca Albanese è una giurista e docente italiana di 48 anni. Nata il 30 marzo 1977 ad Ariano Irpino, in Campania, dal 2022 è la relatrice speciale delle Nazioni unite sui territori palestinesi occupati. Negli ultimi anni è stata tra le voci più critiche dell'occupazione israeliana in Palestina e del massacro di civili in corso a Gaza.

Il 9 luglio gli Stati Uniti hanno annunciato delle sanzioni nei suoi confronti, per la sua "guerra economica e politica contro gli Usa e Israele", dopo che un rapporto di Albanese ha menzionato diverse aziende statunitensi che finanziano le operazioni militari israeliane. Anche se non è ancora noto con precisione quali siano le sanzioni, è probabile che la giurista non potrà entrare negli Stati Uniti e che, se ha delle proprietà lì, saranno sequestrate.

Chi è Francesca Albanese, la carriera della giurista italiana colpita dalle sanzioni Usa

Francesca Albanese si è laureata in Giurisprudenza all'Università di Pisa e si è specializzata in Sviluppo internazionale al Sissa di Trieste. Dopo aver lavorato in Marocco per circa due anni insieme al Programma di sviluppo dell'Onu, è tornata a studiare ottenendo un master in Diritto umanitario internazionale all'Università di Londra.

Negli anni successivi, la sua carriera si è svolta in gran parte all'interno delle agenzie dell'Onu. Prima a Ginevra, sempre lavorando su progetti legati al Medio Oriente, poi a Gerusalemme con il dipartimento legale dell'Unrwa per quasi tre anni. Ha ottenuto una borsa di studio all'Istituto per lo studio delle migrazioni internazionali di Georgetown, nello Stato di Washington. In Giordania con l'associazione Legal Aid ha guidato un gruppo di ricerca sulle migrazioni e le deportazioni forzate nel mondo arabo, focalizzandosi anche sulla Palestina.

Albanese parla inglese, francese, spagnolo e indonesiano. Negli anni ha collaborato a numerosi libri, articoli e saggi. Nel 2020 è uscita la seconda edizione di "Rifugiati palestinesi nel diritto internazionale", manuale scritto con Alex Takkenberg. Un'altra opera, meno accademica, sulla Palestina risale al 2023 (dopo gli attacchi del 7 ottobre) e si intitola "J'accuse", mentre quest'anno ha pubblicato "Quando il mondo dorme".

Francesca Albanese dal 2022 è relatrice speciale Onu sui territori palestinesi occupati

Il 1° maggio 2022 Albanese ha ricevuto la nomina come relatrice speciale dell'Onu sulla situazione dei diritti umani nei territori palestinesi occupati. È stata la prima donna a ricoprire l'incarico, e la seconda italiana dopo il diplomatico Giorgio Giacomelli (tra il 1999 e il 2001). I suoi rapporti sono stati duri e netti fin dall'inizio, come d'altra parte lo erano stati quelli del suo predecessore, il canadese Michael Lynk.

Nel suo primo rapporto, la giurista ha scritto che "molti studiosi rispettabili e organizzazioni hanno concluso che le politiche e le pratiche discriminatorie di Israele nei confronti dei palestinesi, sistematiche e diffuse, costituiscono il reato di apartheid secondo il diritto internazionale"; e ha sottolineato che l'intenzione di Israele era "occupare i territori soggiogando e deportando gli abitanti indigeni, sostituendoli con i propri cittadini". Albanese ha attirato accuse di antisemismo soprattutto da ambienti politicamente vicini a Israele, mentre è stata elogiata specialmente da organizzazioni internazionali e associazioni che operano per i diritti umani.

Dopo gli attacchi del 7 ottobre 2023 e con l'inizio degli attacchi israeliana a Gaza, Albanese è diventata una figura sempre più in vista. Il 14 ottobre, una settimana dopo gli attacchi, quando Israele ha annunciato un'iniziativa militare, la giurista ha affermato che "sia palestinesi, sia israeliani meritano di vivere in pace, uguaglianza di diritti, dignità e libertà", aggiungendo che Israele stava "compiendo una pulizia etnica di massa nei confronti dei palestinesi". In più occasioni, l'esperta ha dovuto difendere i suoi rapporti e le denunce contenute al loro interno. E una di queste l'ha portata a subire sanzioni dagli Stati Uniti di Donald Trump.

Perché Francesca Albanese è stata colpita dalle sanzioni Usa e cosa significa

Il 9 luglio, una settimana dopo la pubblicazione dell'ultimo rapporto di Abanese, il segretario di Stato degli Usa Marco Rubio ha annunciato sui social: "Oggi impongo sanzioni sulla relatrice speciale dell'Onu Francesca Albanese per i suoi tentativi illegittimi e vergognosi di spingere la Corte penale internazionale ad agire contro ufficiali e aziende statunitensi e israeliane".

Il motivo è che, nel rapporto, si parla anche di quelle aziende e quei soggetti che sostengono economicamente l'occupazione della Palestina, e anche l'operazione militare in corso a Gaza. Da Airbnb a Microsoft e Amazon, molte di queste sono statunitensi. Non a caso, Rubio ha attaccato la "campagna di guerra politica ed economica" della giurista "contro gli Stati Uniti e Israele". Non è ancora noto in cosa consistano esattamente le sanzioni, ma con tutta probabilità si parla del divieto di ingresso negli Usa e del sequestro di (eventuali) beni di Albanese che si trovano nel Paese.

Il governo Meloni, da parte sua, non ha preso posizione sulla questione. Nonostante le opposizioni abbiano criticato la mossa dell'amministrazione Trump, e il Pd abbia anche presentato un'interrogazione parlamentare per chiedere al governo di chiarire cosa pensa delle sanzioni, l'esecutivo finora è rimasto in silenzio.

D'altra parte già ad aprile 2023 il senatore di Fratelli d'Italia Giulio Terzi (già ambasciatore italiano in Israele, negli Usa e ministro degli Esteri durante il governo Monti) aveva scritto al ministro Tajani chiedendo di promuovere la nomina di un nuovo relatore per sostituire Albanese, dopo alcuni tweet su Israele. Considerando anche la vicinanza del governo Meloni alla linea di Donald Trump, è facile pensare che le sanzioni nei confronti della relatrice non porteranno a una levata di scudi da parte della destra.

Il caso della campagna israeliana contro Albanese nell'inchiesta di Fanpage.it

Gli attacchi all'immagine di Albanese non sono arrivati solamente dagli Stati Uniti, ma anche da Israele. Il governo israeliano, oltre a prendere pubblicamente posizione contro l'Onu e il lavoro della giurista in moltissime occasioni, ha in particolare cercato di screditare la relatrice speciale promuovendo una campagna di comunicazione apposita.

Dopo aver creato, su un sito governativo, una pagina dedicata ad Albanese intitolata "una revisione complessiva della cattiva condotta da relatrice speciale dell'Onu", il governo israeliano ha investito nelle sponsorizzazioni di Google per far emergere questa pagina tra i risultati legati alla giurista su Internet. Tanto che, in alcuni casi, la pagina del dominio govextra.gov.il emerge anche prima della pagina Wikipedia.

Nel testo pubblicizzato dal governo israeliano si legge che Albanese è "fondamentalmente incompatibile con le responsabilità e gli standard etici del suo incarico", che ha "ripetutamente violato le norme di imparzialità, universalità e integrità professionale" e che tra le sue dichiarazioni ci sono state "distorsioni dell'Olocausto, negazione del diritto di Israele a esistere, e retorica che minimizza o giustifica la violenza terrorista".

Seguono poi decine di accuse nei confronti di Albanese, che si concludono con la considerazione che il suo caso è "parte di un fenomeno più ampio", per cui "le agenzie e gli ufficiali delle Nazioni unite applicano dei doppi standard e un pregiudizio sistematico nei confronti di Israele". A conferma che l'obiettivo della campagna è di screditare tanto la giurista quanto l'organizzazione internazionale.

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