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Chi è Al-Kikli, il torturatore libico ucciso a Tripoli e perché due mesi fa era venuto in Italia

Ieri a Tripoli è stato ucciso Abdel Ghani Al-Kikli, noto come Gheniwa, capo della milizia Apparato di Supporto alla Stabilità (Ssa) dal 2021, un influente gruppo armato libico. A marzo di quest’anno l’uomo era stato avvistato in Italia, dove aveva fatto visita al ministro libico Adel Jumaa Amer.
A cura di Giulia Casula
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Ieri a sud di Tripoli è stato ucciso Abdel Ghani Al-Kikli, noto come Gheniwa, il famigerato capo della milizia Apparato di Supporto alla Stabilità (Ssa) dal 2021, un influente gruppo armato libico. Le circostanze dell'assassinio, avvenuto nel campo militare Tekbali risultano poco chiare.

Il capo militare era ritenuto responsabile di violazioni dei diritti umani contro migranti e rifugiati, tra cui torture, corruzione e il traffico di persone dentro e fuori dalle carceri libiche. Nei suoi confronti, il Centro Europeo per i Diritti Umani e Costituzionali (Ecchr) aveva depositato un esposto in cui venivano riportati tutti i crimini di cui era accusato. Su Al-Kikli non pendeva un mandato d'arresto internazionale ma in vari rapporti l'Onu lo aveva identificato tra gli autori di crimini e abusi.

Al-Kikli sarebbe caduto in un imboscata ordinata da Mahmoud Hamza, comandante della 444° brigata da combattimento, altro gruppo armato noto nella Libia occidentale, ed eseguita sotto la supervisione del capitano Musaab Zariq, uno degli ufficiali della brigata. Secondo quanto risulta, l'uomo sarebbe stato attirato per partecipare a una riunione. Nell'operazione sarebbero state uccise anche le sue guardie del corpo.

Nelle ore successive all'uccisione, Tripoli è finita al centro di tensioni. Nella città si sono verificati una serie di scontri che hanno innalzato il livello di paura nel Paese, tanto da spingere il ministero degli Interni a invitare i residenti a non lasciare le proprie case. Al momento la situazioni sembra essersi stabilizzata e le autorità libiche hanno annunciato di star compiendo ogni sforzo per mantenere la sicurezza.

La sua morte, riferita dai media libici, tra cui The Libya Update, ha innescato un'ondata di reazioni sui sociali in quanto Al-Kikli era considerato uno dei comandanti di milizia più  temuti nella Libia occidentale. Secondo l'account X di Refugees in Libya, Al-Kikli "è stato a lungo accusato da organizzazioni locali e internazionali per i diritti umani, tra cui Amnesty International, di gravi abusi, tra cui torture, sparizioni forzate ed esecuzioni extragiudiziali". Secondo fonti concordanti, "il suo gruppo armato operava nella quasi totale impunità avvalendosi della legittimità statale garantita dal governo di Unità nazionale, in particolare sotto la guida di Abdelhamid Dabaiba".

A marzo di quest'anno l'uomo era stato avvistato in Italia, dove aveva fatto visita al ministro degli affari Interni libico Adel Jumaa Amer. La sua presenza era stata immortalata da uno foto scattata dall'European Hospital di Roma e aveva scatenato le polemiche. Secondo quanto risulta infatti, il torturiere sarebbe entrato in Europa con un visto Schengen rilasciato da Malta e sarebbe atterrato in Italia lo scorso 19 marzo, all'aeroporto di Ciampino, dove avrebbe agito indisturbato. Il fatto che "gli stati europei gli abbiano consentito la libera circolazione mentre i sopravvissuti ai suoi abusi marcivano nelle prigioni o annegavano in mare è un lampante esempio della giustizia selettiva della comunità internazionale", ha commentato Refugees Libya. Al-Kikli inoltre, sarebbe stato avvistato in Italia anche lo scorso luglio scorso, per seguire l’Al-Ahly SC di Tripoli alle finali del campionato libico ospitate in Toscana.

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