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Caso (5s) a Fanpage: “Carta da 500 euro a studente costerebbe 3 mld, caro libri pesa anche su ceto medio”

In un’intervista a Fanpage.it Antonio Caso (M5s) spiega il pacchetto scuola presentato dal Movimento, per contrastare il caro libri e la dispersione scolastica: “Non voglio vivere in un Paese che pensa di spendere 15 miliardi per un ponte e non può spenderne 3 per garantire il diritto allo studio”, ha detto il deputato pentastellato.
A cura di Annalisa Cangemi
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Il M5s ha presentato ieri alla Camera un nuovo pacchetto di proposte sulla scuola, che vanno dalle misure di contrasto per il caro libri, all'introduzione dell'educazione affettiva e sessuale nelle scuole, passando per soluzioni per combattere il fenomeno delle cosiddette classi pollaio, con iniziative per limitare la dispersione scolastica ed incentivare il diritto allo studio. In particolare una delle proposte prevede l'introduzione di una "dote educativa", cioè una carta elettronica personale dell'importo di 500 euro, assegnata su richiesta all'inizio dell'anno scolastico a tutti gli studenti residenti sul territorio nazionale e appartenenti a nuclei familiari con Isee non superiore a 45mila euro.

Il deputato del M5s Antonio Caso, capogruppo pentastellato in commissione Cultura alla Camera, ha spiegato in un'intervista a Fanpage.it in cosa consistono le proposte di legge, per le quali il Movimento chiederà la calendarizzazione.

Onorevole, per l'acquisto di libri e materiale scolastico quest'anno una famiglia arriva a spendere una media di circa 1.200 euro per ciascun figlio. Cosa proponete voi?

Noi proponiamo l'introduzione di una ‘dote educativa', per contrastare quella che noi reputiamo un'emergenza. Sono sempre più le famiglie in difficoltà per l'aumento del prezzo dei libri, che è salito del 15%, e per i rincari di tutto il materiale necessario alla didattica. Era prevedibile, visti gli allarmi che erano arrivati dalle associazioni di categoria per gli aumenti che hanno riguardato i carburanti e il carrello della spesa. Allarmi che il governo ha deciso di ignorare. Per noi il diritto alla studio non può essere messo a rischio. Non si parla più soltanto delle famiglie più povere ma anche della classe media. Per questo il M5s ha pensato a un sostegno economico. Considerata l'altissima inflazione, abbiamo volutamente indicato nella proposta una soglia Isee abbastanza alta per accedere alla carta elettronica, non superiore a 45mila euro. Un contributo di massimo 500 euro a studente, che può essere erogato tramite l'app IO già esistente.

Può essere utilizzata direttamente dal singolo studente beneficiario?

Assolutamente sì, chiaramente limitatamente a prodotti che servono all'istruzione, non solo libri ma anche strumenti tecnologici. Ma pensiamo che i 500 euro potrebbero servire anche per gli ingressi nei musei. Tutto ciò che è cultura insomma, oltre che educazione.

Quanto può costare una misura del genere, per la platea che avete considerato?

Non abbiamo stime precise, ma secondo i nostri calcoli, se tutti facessero richiesta per la carta servirebbero circa 3 miliardi di euro, una cifra comunque sovrastimata. Ma quando parliamo di istruzione, visto che la percentuale di Pil investita dal nostro Paese in questo settore è al 4,1%, contro una media europea del 4,8%, capiamo tutti che bisogna investire. Non voglio vivere in un Paese che pensa di spendere 15 miliardi per un ponte e non può spenderne 3 per garantire il diritto allo studio.

Nella stessa proposta di legge si parla anche delle ‘comunità educanti'. Cosa si intende?

È un'iniziativa lanciata già nel 2021 dal governo Conte, e in via sperimentale si era già iniziato a investire in questo. Il M5s, con questa pdl a prima firma della collega Orrico, vuole sostenere le ‘comunità educanti' tramite un apposito Fondo strutturale destinato ai Comuni, per promuovere patti educativi con le istituzioni scolastiche ed educative del territorio, come associazioni del Terzo Settore. Parliamo di sport, teatro ma anche ripetizioni e assistenza allo studio. Progetti del genere sono stati messi già in campo e stanno funzionando. Non possiamo immaginare che la scuola da sola possa risolvere tutti i problemi di una società complessa, e lo dico da docente di scuola, in aspettativa da quando sono parlamentare. La scuola serve come presidio, ma dobbiamo mettere in moto tutto un ecosistema intorno. Bisogna che tutta la comunità si attivi. All'interno della nostra pdl chiediamo un ulteriore investimento in questo senso, per prevenire e recuperare fenomeni di vulnerabilità sociale, povertà culturale ed educativa. E questo può aiutare a colmare il gap che c'è tra le famiglie e la scuola.

Il caso di Bari, dove la dirigente scolastica di un istituto si è vista costretta ad anticipare l'uscita da scuola per le temperature elevate, ha acceso i riflettori sull'impatto che ha l'emergenza climatica in classe, e in particolare sulle cosiddette classi pollaio. In Italia ci sono ben 2.500 classi delle scuole superiori sovraffollate, con un numero di studenti che va dai 28 ai 32. Cosa si può fare?

Quest'anno circa il 10% delle prime superiori ha 28-32 alunni per classe. Tutto questo proviene da una norma approvata dal Parlamento nel 2008, su iniziativa dell'allora ministro dell'Economia Giulio Tremonti, che modificava il rapporto tra alunni e docenti. Noi chiediamo di modificare la vecchia norma, prevedendo che le classi iniziali delle scuole e degli istituti di ogni ordine e grado non possano essere con più di 22 alunni. In presenza di alunni con disabilità il numero dovrebbe scendere a 20.

Nella stessa pdl vogliamo intervenire sulla nuova disciplina sul ‘dimensionamento scolastico' prevista dalla scorsa legge di Bilancio. La norma del governo Meloni dice che il contingente organico dei dirigenti scolastici deve essere individuato sulla base di un coefficiente, non inferiore a 900 e non superiore a 1000 alunni. La nostra proposta prevede che il numero minimo di alunni necessario per l'assegnazione di dirigenti scolastici con incarico a tempo indeterminato alle istituzioni scolastiche debba essere pari a 500, invece di 700 come previsto prima della legge di bilancio; le unità devono essere invece 300 (non 600 come previsto prima della legge di bilancio) per le istituzioni delle piccole isole o nei comuni montani.

La vicenda di Caivano ha reso ancora più urgente l'introduzione a scuola dell’insegnamento dell’educazione affettiva e sessuale. Cosa chiedete come M5s?

In questo caso la pdl è a prima firma di Stefania Ascari. L'Italia, al contrario di Germania e Francia, è tra i pochi Paesi in Europa che non prevede l'insegnamento dell’educazione affettiva e sessuale, è tutto delegato ai singoli istituti. I dati degli Stati che prevedono già questo insegnamento ci dicono che si riduce il numero di gravidanze indesiderate in età scolare e di malattie sessualmente trasmissibili. L'educazione affettiva riduce episodi di omofobia o abusi sessuali. Noi vogliamo introdurre quest'insegnamento affidandolo non solo ai docenti, ma anche a figure specializzate, come psicologi e sessuologi. Non solo lezioni frontali, ma anche esperienze extra-scolastiche, coinvolgendo il mondo del volontariato e del Terzo settore, oltre a soggetti impegnati nel contrasto del bullismo e della violenza di genere.

Lo scorso 18 settembre è stata approvata in Cdm la riforma Valditara, che cambia le norme sul voto in condotta e sulla sospensione. Il voto in condotta farà media e senza la sufficienza in condotta si viene bocciati. È un intervento che condividete?

Immaginare che queste semplici modifiche sul voto in condotta possano bastare è demagogico, è fumo negli occhi. Non ci si occupa del problema alla radice, ma si interviene solo su un aspetto punitivo, che il ministro Valditara sta portando avanti dal principio sulla questione del bullismo. Serve piuttosto il supporto psicologico nelle scuole e nelle università, e su questo la nostra collega Pirro ha presentato anche una proposta di legge in Senato. Occorre fornire strumenti seri alle scuole, non può esserci solo il deterrente della minaccia del voto in condotta e della bocciatura, che nella maggior parte dei casi non avrebbe successo. Perché alcuni studenti purtroppo aspettano soltanto che finisca la scuola dell'obbligo. Per questo si deve agire sulle cause, per riuscire ad alimentare l'interesse degli studenti nei confronti della scuola. Anche in questo, come in altri ambiti, il governo ha lanciato uno spot, per far vedere che si sta occupando del problema. È l'equivalente del decreto Rave party, applicato alle scuole.

Una petizione, lanciata su Change.org, che ha raccolto quasi 30mila firme, chiede di modificare il calendario scolastico, tenendo aperte le scuole anche a giugno e luglio, con attività extra scolastiche e una rimodulazione delle pause durante l'anno. La stessa petizione chiede inoltre di introdurre il tempo pieno dai 3 ai 14 anni in tutte le scuole, per dare a studenti e studentesse la possibilità di scegliere tra tempo pieno e tempo parziale, in tutta Italia. Cosa ne pensate?

Le due questioni vanno separate. Sul tempo pieno sono d'accordo, e anzi fa parte di una nostra proposta, quella che contiene anche la carta da 500 euro per ogni studente e le ‘comunità educanti'. Noi ragioniamo sull'istituzione di un Fondo strutturale, vogliamo implementare il tempo prolungato pomeridiano, e di conseguenza il servizio di mensa scolastica, nella scuola primaria e nella scuola secondaria di primo grado, in tutta Italia, per eliminare le disparità che ci sono fra Nord e Sud. Temo che invece l'avanzata dell'autonomia differenziata possa inasprire le differenze.

Per quanto riguarda invece l'altra questione affrontata nella petizione, è un ragionamento complesso, ci sono molti fattori da considerare. È vero che siamo tra i pochi in Europa, insieme a Lettonia e Malta, ad avere una pausa estiva così lunga, tredici settimane, ma restiamo comunque tra i più alti in Europa come ore di lezione a scuola, 200, insieme alla Danimarca. Nelle scuole però già oggi non si riesce a rimanere in classe per l'estremo calore delle aule, è difficile dunque ipotizzare un prolungamento delle lezioni proprio nei mesi più caldi. Innanzi tutto servirebbe un investimento nelle strutture scolastiche, che anche se il calendario rimanesse lo stesso sarebbe necessario. Prima di esprimerci nel merito di questa petizione dobbiamo metterci in ascolto di tutti gli attori del mondo della scuola, perché non si tratta solo di modificare le date del calendario.

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